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Cercasi un B disperatamente

La Repubblica

di Aldo Sofia

Incandidabile e ineleggibile, l’ex cavaliere cerca un sostituto capolista, ma che si chiami ancora Berlusconi

Cercasi un “B” disperatamente. “B” inteso come Berlusconi. Il “cavaliere” (pardon, non lo è più, si è auto-sospeso dal titolo prima dell’annunciata esclusione) deve cercare al più presto un sostituto. Meglio: un capolista “azzurro” per le elezioni europee del prossimo maggio. Alle quali l’ex premier non può candidarsi dopo l’interdizione dai pubblici uffici – per due anni – confermata dalla Consulta. Ma appunto vorrebbe che, mentre lui sarà costretto a scontare la pena (domiciliari o servizi sociali, la decisione della magistratura arriverà il 10 aprile), fosse qualcuno che porta il suo nome. “Brand” di successo garantito, insistono i suoi.

Si torna dunque a scrutare la foto di famiglia. Marina, la maggiore, ha più volte escluso di voler scendere in campo in sostituzione del padre, e chissà se stavolta – di fronte all’emergenza – non ci ripensi. Ci sono le non celate ambizioni della più giovane Barbara, ambizioni che però molti, nel “cerchio magico” di Arcore e di Palazzo Grazioli, giudicano decisamente premature e inopportune: la ragazza ha temperamento, ma l’esperienza alla guida del Milan (in piena crisi) e il suo conflitto col fedelissimo Galliani segnalerebbero una forte propensione a dividere più che a compattare ( e Forza Italia ne ha invece un vitale bisogno).

Ecco allora spuntare a sorpresa il nome dell’outsider: il secondogenito, Pier Silvio Berlusconi, che da diversi anni è alla guida dell’impero Mediaset, premurosamente assistito dall’intramontabile Confalonieri. Giovane, bella presenza, aria professionale, non chiacchierato anche nella vita privata. Sembra che il padre si stia convincendo, nonostante le ritrosie dell’interessato: sarebbe Pier Silvio il perfetto anti-Renzi da gettare nella mischia. In perfetta continuità dinastica e genetica. Un “B” perfetto. E poco importa se in passato il ragazzo aveva manifestato simpatie per la radicale Emma Bonino.

L’entourage del “dottore”, come tutti in azienda chiamano il gran patron, ne è convinto: da qualche parte il “nome salvifico”, che sa ancora calamitare voti nell’elettorato di centro-destra, deve pur figurare. Perchè senza la guida di mister “B”, Forza Italia, dove serpeggiano paura malumori e divisioni, rischia di diventare un partito fuori controllo. L’incandidabilità del leader, la sua assenza sul palco e in tv, l’impossibilità di impegnarsi nell’esercizio che più gli è congeniale: lo scenario sembra terrorizzare parecchi maggiorenti del “partito azienda”, figurarsi poi i semplici peones. Come se fosse inimmaginabile una vita politica dopo del fondatore e padrone.

“Li capisco, perchè difendono la loro di vita, e senza Berlusconi sono politicamente morti”. Lo dice uno che contribuì alla nascita del partito, Giuliano Urbani, da tempo su posizioni eterodosse, e che aggiunge: “Silvio si considera eterno e non prepara il futuro. Non lo ha mai fatto”. Non diversamente la pensa addirittura Confalonieri, che così ha descritto Berlusconi sul giornale “Il Foglio”: “Il guaio è che non ha costruito un partito capace di di vivere a prescindere da lui”. E che, con Berlusconi nel “cono d’ombra”, rischia di finire nella morsa fra la novità rappresentata da Renzi e il populismo protestatario e anti-europeista di Grillo.

E chissà che il declinante protagonista di due decenni di storia italiana non abbia pensato almeno per un momento che una sorta di “figlio politico” (gran comunicatore, bravo imbonitore, e cinico quanto basta) lui lo avrebbe anche. Ma, accidenti, si chiama Matteo, e sta dall’altra parte.

Aldo Sofia

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