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Caso Tinner: «L’imperizia del governo»

Il programma atomico della Libia sotto sorveglianza Keystone

All'indomani della pubblicazione del rapporto della commissione di gestione sulla distruzione di documenti nell'ambito del «caso Tinner», la stampa svizzera punta il dito sulla incapacità del governo elvetico di gestire adeguatamente una questione delicata.

Il rapporto della delegazione delle commissioni di gestione del parlamento (DCdG), pubblicato giovedì nonostante l’opposizione del governo, getta una luce piuttosto preoccupante sul comportamento dell’esecutivo in relazione alla distruzione di documenti relativi al cosiddetto «caso Tinner».

Nel novembre del 2007 il governo elvetico aveva autorizzato la distruzione di documenti legati al presunto traffico di materiale nucleare verso la Libia in cui erano implicati l’ingegnere svizzero Urs Tinner, il padre Friedrich e il fratello Marco.

«Pericolose informazioni»

All’epoca il governo aveva affermato che la distruzione era avvenuta per evitare che «pericolose informazioni» finissero in mani sbagliate, compromettendo la sicurezza nazionale e internazionale.

Secondo la DCdG, la situazione non era però tale da giustificare l’applicazione dell’articolo 185 della Costituzione federale che autorizza a prendere provvedimenti «per far fronte a gravi turbamenti, esistenti o imminenti, dell’ordine pubblico e della sicurezza interna o esterna».

«Nell’ambito del diritto internazionale, non vi era alcun motivo impellente per rinunciare a utilizzare piani di costruzione (di armi nucleari) quale corpo del reato in una procedura penale», si legge nel rapporto. Il rapporto sottolinea inoltre che l’esecutivo ha «preferito rispondere alle esigenze degli Stati Uniti, sbarazzandosi di tutte le prove, compresi i piani di costruzione di armi nucleari».

La DCdG ritiene inoltre che l’ex capo del Dipartimento federale di giustizia e polizia (DFGP) Christoph Blocher avrebbe dovuto fornire ragguagli ai parlamentari e al Consiglio federale in modo più completo e tempestivo. Tuttavia, sempre secondo il documento, anche il governo ha commesso errori, accettando che DFGP lo informasse di volta in volta, senza mai pretendere una presentazione completa e una strategia globale.

Le reazioni della stampa

All’indomani della pubblicazione del rapporto, la stampa non risparmia le critiche al governo. «Con il suo comportamento il governo ha ignorato l’indipendenza della giustizia e se n’è fregato del controllo parlamentare», scrive per esempio il Tages Anzeiger in un commento dal titolo «Il Consiglio federale nei panni del sabotatore».

Secondo il quotidiano zurighese, il caso Tinner mostra come il governo, in un situazione d’urgenza in cui occorreva affrontare un caso esplosivo sia dal punto di vista della sicurezza che da quello della politica estera, abbia agito in maniera sproporzionata e senza un concetto chiaro. «Questo è l’aspetto davvero inquietante della questione», conclude il Tages Anzeiger.

La stessa Neue Zürcher Zeitung, quotidiano generalmente moderato nei toni, nota che il rapporto della DCdG dimostra come «nei casi d’emergenza i meccanismi di controllo nell’area interna più segreta dello Stato talvolta non funzionino».

Il quotidiano ginevrino Le Temps scrive dal canto suo che il governo ha dato prova di «imperizia», riuscendo a «attentare ai principi fondamentali dello stato di diritto senza d’altro canto rispondere pienamente alle aspettative degli Stati Uniti, implicati nell’affare fin dall’inizio».

«Una repubblica delle banane»

Sul ruolo delle relazioni tra Svizzera e Stati Uniti nella vicenda, il bernese
D’altra parte però «tutto questo si adatta male alla retorica dell’ex ministro della giustizia Blocher e di altre cerchie, che non si stancano di lodare in ogni occasione la sovranità elvetica. Almeno nel caso Tinner, quest’ultima si rivela un’illusione».Sulla stessa linea il quotidiano popolare Blick, che titola il suo articolo «Blocher ha avuto paura degli americani».

«Non si tratta però solo di un errore dell’allora ministro della giustizia», precisa la Neue Zürcher Zeitung. «L’intero Consiglio federale non ha rispettato i suoi obblighi, assumendosi il rischio di una perdita di fiducia da parte dela popolazione».

Durissimo il commento della Basler Zeitung: «In questo pessimo affare il governo federale si è comportato in corpore quasi come il governo di una repubblica delle banane». Il quotidiano basilese loda d’altro canto il lavoro della DCdG, che dimostrerebbe come in alcuni casi il parlamento di milizia elvetico funzioni «meglio dei professionisti del Consiglio federale».

swissinfo, Andrea Tognina e agenzie

Nel 2004 l’Agenzia internazionale per l’energia atomica ha fornito alle autorità svizzere una lista comprendente due società e 15 individui sospettati di aver partecipato ad un traffico di materiale nucleare con l’Iran e la Libia.

L’ingegnere svizzero Urs Tinner, sospettato di aver aiutato la Libia a procurarsi la tecnologia necessaria per produrre armi atomiche, è stato arrestato in Germania nell’ottobre del 2004.

Suo padre Friedrich e il fratello Marco sono pure stati arrestati, con l’accusa di aver esportato illegalmente dell’equipaggiamento nucleare alla Libia, infrangendo così la legge federale sul materiale bellico.

Nel 2007, il governo svizzero ha autorizzato la distruzione di documenti legati al presunto traffico di materiale nucleare, per evitare che «pericolose informazioni» finissero in mani sbagliate, compromettendo la sicurezza nazionale e internazionale.

Partito socialista (PS), Partito liberale radicale (PLR) e Partito popolare democratico (PPD) si sono espressi in maniera positiva sul rapporto della delegazione delle commissioni di gestione del parlamento. L’Unione democratica di centro (UDC) ha invece difeso l’operato del governo.

Il PS si è in particolare dichiarato soddisfatto del fatto che il rapporto sia stato pubblicato nonostante l’opposizione del governo. Il rapporto «chiaro e serio» mostra profonde lacune nell’operato del governo, nota il PS.

Da parte sua il PPD constata che la responsabilità dell’accaduta ricade soprattutto sulle spalle della delegazione governativa per la sicurezza, composta all’epoca dagli UDC Christoph Blocher e Samuel Schmid e dalla socialista Micheline Calmy-Rey. I tre avrebbero preso troppo alla leggera il principio fondamentale della separazione dei poteri.

Per il PLR, il caso Tinner fa ritenere necessarie delle riforme istituzionali. Se la sorveglianza del Ministero pubblico della Confederazione rimane di esclusiva competenza del governo, c’è il rischio secondo i liberali radicali che si producano altri casi del genere.

L’UDC ritiene invece che il governo abbia «risolto in maniera corretta il caso» in collaborazione con l’Agenzia internazionale per l’energia atomica e giudica il rapporto della delegazione «inoffensivo». Le critiche sarebbero «trascurabili» se paragonate ai problemi di sicurezza nazionale sollevati dall’affare.

Il Consiglio federale dal canto suo non ha ancora voluto rilasciare dichiarazioni, in attesa di analizzare il rapporto in maniera approfondita.

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