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Consulta, l’aiuto al suicidio non è sempre punibile

marco cappato e Valeria imbrogno
Per ascoltare la lettura della sentenza della Corte costituzionale, Marco Cappato era accompagnato da Valeria Imbrogno, la compagna di Dj Fabo, Keystone / Riccardo Antimiani

La Corte costituzionale italiana ha decretato mercoledì che il suicidio assistito può essere lecito se una serie di condizioni sono riunite. Il tribunale era chiamato ad esprimersi nel caso che vedeva coinvolto il radicale Marco Cappato, che aveva aiutato Dj Fabo a venire a morire in Svizzera.

La sentenza della Consulta è già stata definita da molti “storica”, poiché di fatto apre al suicidio assistito, una pratica oggi punita in Italia dal Codice penale ed equiparata all’istigazione al suicidio, con pene che vanno fino a 12 anni di reclusione.

La Corte ha ritenuto non punibili chi, a determinate condizioni, “agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli”.

I giudici hanno anche precisato che questa decisione è stata presa in attesa di un “indispensabile intervento del legislatore”.

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“Da oggi siamo tutti più liberi”

La Consulta era chiamata ad esprimersi sul caso che ha coinvolto Marco Cappato. Nel febbraio 2017 l’esponente radicale aveva accompagnato Fabiano Antoniani, noto come Dj Fabo, in Svizzera, dove il suicidio assistito è legale. Dj Fabo era rimasto cieco e tetraplegico dopo un incidente stradale.

“Da oggi in Italia siamo tutti più liberi, anche quelli che non sono d’accordo”, ha commentato Marco Cappato, e che ora sarà certamente assolto nel processo a suo carico a Milano. ” Ho aiutato Fabiano perché ho considerato un mio dovere farlo. La Corte costituzionale ha chiarito che era anche un suo diritto costituzionale per non dover subire sofferenze atroci”.

Secondo l’associazione Coscioni, di cui Cappato è tesoriere, più di 800 italiani si sono registrati sul suo portale “SOS Eutanasia”, dicendosi pronti a ricorrere al suicidio assistito.

Beppino Englaro, papà di Eluana, la donna vissuta in stato vegetativo per 17 anni e diventata simbolo della lotta per il suicidio assistito, ha reso omaggio a Cappato: “Un pioniere che si è esposto, che ha avuto coraggio e che quindi merita di essere ringraziato”. Englaro ha poi espresso l’auspicio che “adesso il Parlamento legiferi secondo le indicazioni della Corte costituzionale”.

I timori del mondo cattolico

La sentenza però naturalmente divide. Parte del mondo cattolico non è per nulla soddisfatto. “Sono preoccupato, poiché con la depenalizzazione del suicidio assistito si apre un’autostrada verso l’eutanasia”, ha dichiarato a Vatican News don Roberto Colombo, membro dell’accademia pontificale e professore di neurobiologia all’Università cattolica di Milano. “La morte di un membro della società – ha proseguito – è una ferita incurabile per tutta la collettività”. 

“Con la decisione di non punire alcune situazioni di assistenza al suicidio, la Corte costituzionale italiana cede ad una visione utilitaristica della vita umana”, ha dal canto suo criticato Alberto Gambino, presidente di Scienza & Vita (Conferenza episcopale italiana).

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