Prospettive svizzere in 10 lingue

Caro scheletro, che mi racconti?

Vegetariano o carnivoro? Pugile e pianista? Andreas Zimmermann

Chi crede che un teschio non abbia più nulla da dirci, dovrebbe visitare un'esposizione del Museo di storia naturale di Basilea. Presenta i moderni metodi di indagine scientifica applicati allo studio degli scheletri umani e ne racconta la storia.

Per centinaia di anni sono rimasto sottoterra, al buio, al freddo. Nella tomba è sparito il mio ricordo, cancellato dal tempo e dai microorganismi. Della mia vita, rimangono ormai solo le ossa, uniche custodi del mio passato.


Ora, mi trovo di nuovo tra la gente, in uno spazio luminoso e caldo. Con altre decine di scheletri sono l’attrazione della mostra “Knochenarbeit – Wenn Skelette erzählen” (Farsi le ossa – Quando gli scheletri raccontano) al Museo di storia naturale di Basilea.

Come tanti altri scheletri e teschi, allineati in vetrine di vetro, si racconta al visitatore dell’esposizione. Parla di sé, delle sue abitudini e della sua epoca. Un ricercatore gli ha dato una seconda vita, sottoponendo le sue ossa a analisi minuziose.

Superare l’imbarazzo iniziale

L’esposizione temporanea a Basilea è incentrata su due aspetti: i metodi di indagine scientifica e il racconto di vite risalenti a centinaia di anni fa. «Le ossa registrano molte informazioni sulle nostre abitudini e sull’ambiente in cui viviamo. La mostra presenta senza veli come lavora l’antropologo, quali metodi utilizza per svelare i segreti nascosti dagli scheletri. Inoltre, invita ad entrare nel mondo un po’ inquietante dei morti con il racconto delle loro storie», spiega Simon Kramis, sostituto responsabile scientifico della mostra.

L’incontro con questo mondo non avviene certo senza emozioni. Inizialmente, i teschi mantengono il loro freddo mutismo, soltanto in seguito, si animano e iniziano a narrare le loro vicende terrene. Illuminati da una luce intensa, circondati dai colori bianco e blu, gli scheletri diventano improvvisamente persone in carne ed ossa.

Alle pareti degli spazi espositivi sono stati appesi alcuni specchi. L’immagine riflessa del visitatore si mischia così agli scheletri, ricordandogli che tutte quelle ossa sono appartenute a qualcuno. «Dobbiamo avere il massimo rispetto di questi resti umani. Dietro ogni singolo e insignificante osso è custodita una storia intera, una persona di cui, in molti casi, conosciamo l’identità», afferma Alexandra Bunge, la responsabile della mostra.

«Per noi era importante che l’esposizione lasciasse spazio alle riflessioni e alle domande. Il visitatore è chiamato ad interrogare se stesso e colui che vede in vetrina. Quali segni lascio sul mio scheletro? Che cosa potrebbero scoprire gli scienziati sulla mia persona tra centinaia di anni? Con quali metodi d’indagine scientifica lavora l’antropologo?».

Cordone ombelicale con l’aldilà

Le ossa esposte in “Knochenarbeit. Wenn Skelette erzählen” fanno parte della collezione del Museo di storia naturale di Basilea che conta circa 10’000 scheletri umani. Provengono in larga misura da scavi nella città renana. Sono stati trovati presso la Barfüsserkirche (chiesa degli Scalzi), la Theodorskirche (chiesa di San Teodoro) e nel parco dove un tempo c’era il cimitero dell’ospedale di San Giovanni.

Tra il migliaio di scheletri rinvenuti in questo luogo di sepoltura c’era anche quello di una ragazza suicidatasi per mal d’amore con acido solforico. È possibile ascoltare la sua tragica fine, così come quella di altre nove persone, nel mezzo dell’esposizione dove da una monumentale torre di scatole di plastica contenenti vari tipi di ossa pendono come cordoni ombelicali delle cuffie.

«L’antropologia non è in grado di ricostruire nel dettaglio la vita di una persona. Può definire età, sesso, altezza e scoprire alcune malattie. La storia di questa ragazza è stata ricostruita grazie all’archivio della città e alle cartelle cliniche dell’ospedale. Per noi ricercatori, questi documenti sono come un libro delle soluzioni con il quale possiamo paragonare, controllare i dati ottenuti con i metodi d’indagine a nostra disposizione», dice Simon Kramis.

Il nostro in passato in polvere?

Per Kramis, il momento di aprire una scatola e di disporre sul tavolo le ossa è molto emozionante. «Ogni scheletro cela sempre qualche sorpresa», confida, «Si ritrovano sempre tracce della sua vita. Si scoprono informazioni che forse nemmeno la persona stessa conosceva».

E quali tracce stiamo lasciando noi sul nostro scheletro? Cosa potranno scoprire in futuro di noi? «Se abbiamo sfortuna, per la scarsità di spazio, di noi resterà soltanto qualche granello di polvere. Se invece lasceremo degli scheletri, i ricercatori troveranno raffinate correzioni alla dentatura, articolazioni artificiali in titanio o pacemaker. Noteranno anche un aumento della statura e uno squilibrio alimentare causato dal cibo dei fast-food».

In un angolo, sdraiato sotto una vetrina, c’è lo scheletro del “fumatore di pipa” di Basilea. La sua passione gli ha lasciato un incavo nella dentatura. Lui, di storie ne ha molte da narrare. Pare già di vederlo accanto al fuoco, con la pipa in bocca, mentre racconta avventure a uno stuolo di bambini.

Il Museo di storia naturale di Basilea (Naturhistorisches Museum Basel) ospita varie collezioni di zoologia, entomologia, mineralogia, antropologia, osteologia e paleontologia.

È proprietario di oltre 7,7 milioni di oggetti, tra cui circa 10’000 scheletri umani. Gli oggetti di questa collezione sono fonte di studi scientifici nazionali e internazionali o sono presentati al pubblico con mostre temporanee.

Dal 1849, il museo si trova nel cuore della città vecchia, alla Augustinergasse 2.

L’esposizione “Knochenarbeit. Wenn Skelette erzählen” presenta i moderni metodi di indagine scientifica applicati allo studio degli scheletri umani e ne racconta la storia.

La mostra rimane aperta fino al 29 aprile 2012.

«È un puro caso per noi che in questo momento siano molto in voga le serie televisive in cui si tenta di scoprire il colpevole di un delitto con la scienza forense. La nostra mostra non si occupa tuttavia di crimini, ma di vite», afferma la curatrice della mostra Alexandra Bunge.

I serial televisivi americani quali CSI, Castle, Bones, Lost si sono ritagliati da anni la prima serata nel palinsesto dei programmi TV. Dopo aver registrato un enorme successo in America, sono sbarcati anche in Europa.

Grazie a una forma narrativa a episodi, imperniata sulle vicende di un numero ristretto di personaggi fissi e caratterizzata dalla ripetizione di uno stesso schema narrativo, calamitano davanti al tubo catodico milioni di telespettatori.

Anche la televisione svizzera SF ha riconosciuto nelle serie televisive incentrate sulle indagini su un delitto un’ottima occasione per aumentare il suo share. Dal gennaio 2011 manda in onda ogni domenica sera una puntata dello storico serial “Tatort“, di cui è coproduttrice con il canale televisivo tedesco SWR e che aveva abbandonato nove anni fa.

In conformità con gli standard di JTI

Altri sviluppi: SWI swissinfo.ch certificato dalla Journalism Trust Initiative

Potete trovare una panoramica delle discussioni in corso con i nostri giornalisti Potete trovare una panoramica delle discussioni in corso con i nostri giornalisti qui.

Se volete iniziare una discussione su un argomento sollevato in questo articolo o volete segnalare errori fattuali, inviateci un'e-mail all'indirizzo italian@swissinfo.ch.

SWI swissinfo.ch - succursale della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR

SWI swissinfo.ch - succursale della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR