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Caricature di Maometto: caso per la giustizia?

Un giornalista pachistano protesta davanti all'ambasciata danese di Islamabad Keystone

Gli esperti di diritto non sono concordi nel giudicare se le controverse caricature di Maometto costituiscano una potenziale infrazione della legge svizzera.

L’articolo 261 del codice penale svizzero (CPS) prevede multe e pene detentive fino a sei mesi per chi offende «pubblicamente ed in modo abietto» il credo altrui.

In Francia, martedì un tribunale ha respinto la richiesta inoltrata da gruppi musulmani che volevano impedire alla rivista Charlie Hebdo di ripubblicare le vignette satiriche danesi che ritraggono il profeta Maometto.

Per gli interpellanti, la pubblicazione delle vignette – inclusa quella che mostra Maometto con una bomba nel turbante – equivale ad un insulto alla religione. La causa, però, è stata respinta per vizi di forma.

Anche se in Svizzera ci sono stati degli appelli al boicottaggio contro i giornali che hanno stampato le caricature, finora nessun caso è finito davanti ad una corte.

Daniel Häusermann, del Centro di ricerca in diritto dell’informazione dell’Università di San Gallo, ritiene che se andassero in tribunale, le persone che si sentono offese dalle vignette avrebbero delle buone possibilità di vincere la causa.

«Ci sono degli argomenti piuttosto forti per affermare che alcune delle raffigurazioni di Maometto rappresentano un insulto per i musulmani», spiega Häusermann a swissinfo.

«La legge svizzera non definisce in modo chiaro quale debba essere la gravità dell’ingiuria, ma uno dei test più frequenti consiste nel prendere in considerazione l’opinione dei membri della comunità religiosa in questione e di vedere se la maggioranza si sente profondamente offesa da queste vignette».

Se la risposta è «sì», è probabile che chi ha pubblicato queste caricature sia condannato.

Precedenti legali

In pratica tuttavia, i casi di violazione dell’articolo 261 del CPS tradotti in tribunale sono relativamente rari. È quindi difficile prevedere cosa accadrà.

Secondo Häusermann, un avvenimento al quale fare riferimento potrebbe essere quello capitato nel 1971, quando il quotidiano svizzero tedesco «Blick» pubblicò una vignetta con raffigurato un maiale della Walt Disney nelle vesti di Cristo. L’editore del giornale fu per questo condannato.

Da allora, sottolinea l’esperto, l’attitudine nei confronti della religione è cambiata. Nonostante ciò, vi è stato un certo numero di condanne per violazione dei valori cristiani da parte della stampa satirica o di opere d’arte.

«Non vi è alcun dubbio che, dipingendo Maometto come un terrorista e un estremista violento, i sentimenti religiosi di molti musulmani sono stati feriti», sottolinea l’esperto.

Ma il noto avvocato ginevrino Charles Poncet, specialista del diritto dei media, vede la situazione sotto tutt’altra luce. A parer suo, gli estremi per una condanna «semplicemente non sussistono». Per incorrere in una sanzione ai sensi dell’articolo 261 del CP, si deve ad esempio essere colti in fallo mentre si è intenti a defecare in una cappella, oppure rappresentare Cristo mentre fa sesso.

«In ogni caso, la caricatura di un uomo – presumibilmente il profeta – con una bomba sulla testa, non costituisce un perturbamento della libertà di credenza e di culto», secondo Poncet.

Affrontare il problema

L’avvocato ginevrino saluterebbe tuttavia un’eventuale denuncia da parte della comunità musulmana in Svizzera, perché sarebbe una dimostrazione del fatto che si intende affrontare il problema in modo misurato. Egli si dichiara d’accordo con Häusermann quando afferma che sul tema vi è una lacuna di casi legali, ma sottolinea che per una violazione dell’articolo 261 del CPS si deve offendere «in modo abietto», le convinzioni religiose altrui.

Per Charles Poncet, la dottrina giuridica è unanime nell’affermare che tale normativa non si riferisce agli attacchi umoristici o satirici «poco importa che essi abbiano come conseguenza di provocare o meno l’ira della gente».

«Cercare di indovinare cosa deciderà la corte è sempre un atto azzardato, ma sarei decisamente molto sorpreso se queste vignette dovessero sfociare in una condanna», afferma.

Anche per Häusermann, i termini «offende in modo abietto» saranno il perno della discussione e dell’analisi da parte dei tribunali per determinare se vi è stata o meno una perturbazione della libertà di credenza e di culto. Gli avvocati difensori ne faranno il loro punto di forza.

swissinfo, Adam Beaumont a Ginevra
(traduzione, Anna Passera e Doris Lucini)

Dopo la pubblicazione in Svizzera delle controverse caricature di Maometto da parte di alcuni giornali, sono stati fatti numerosi appelli al boicotto del quotidiano «Tribune de Genève».

La professoressa universitaria ed esperta del mondo musulmano, Fawzia Al-Ashmawi, afferma che queste vignette costituiscono una grande offesa all’Islam e ha perciò chiesto a chi le ha pubblicate di scusarsi. Ma, ha detto a swissinfo, non intende denunciare i giornali in questione.

Venerdì, il Consiglio svizzero della stampa ha affermato che i giornali elvetici possono mandare in stampa le caricature di Maometto per aiutare a spiegare l’ira suscitata dalla loro pubblicazione.

I punti salienti dell’articolo 261 del codice penale elvetico:
«Chiunque pubblicamente ed in modo abietto offende o schernisce le convinzioni altrui in materia di credenza, particolarmente di credenza in Dio, ovvero profana oggetti di venerazione religiosa…è punito con la detenzione sino a sei mesi o con la multa.

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