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Bir al Hummal e la storia dell’umanità

A Bir al Hummal, nella regione di El Kowm, la Missione archeologica siro-elvetica ha portato alla luce reperti risalenti a più di un milione di anni fa (immagine: fondo professor Le Tensorer). M . Cherif

Le scoperte della missione archeologica siro-elvetica di Bir al Hummal, in Siria, permettono di far luce sui movimenti di popolazione dall’Africa verso l’Asia e l’Europa e di provare che il cammello, contrariamente a quanto si era fin qui pensato, era presente fin dalla preistoria.

Il nome di Bir al Hummal non dice forse molto ai più, compresi gli stessi siriani. È invece universalmente noto agli archeologi per essere un sito ricco di testimonianze di epoche diverse risalenti fino a un milione e cinquecentomila anni fa.

Il nomade che decise di ampliare un pozzo per approvvigionare in acqua famiglia e bestiame non immaginava certo che quella località, situata nella regione di El Kowm, in piena steppa siriana, a metà strada tra Raqqa a nord e Palmira a sud, avrebbe assunto una tale importanza.

Dopo la fine del mandato francese, vi confluirono popolazioni beduine che si insediarono stabilmente nella prima metà degli anni Sessanta. L’afflusso di popolazione rese necessario lo scavo di numerosi pozzi che, alla fine degli anni Settanta, permisero di portare alle luce una quantità senza precedenti di utensili silicei. Furono questi ritrovamenti a convincere Jacques Cauvin, responsabile della prima missione archeologica francese, dell’importanza di El Kowm per lo studio di epoche anteriori al Diecimila avanti Cristo.

Gli archeologi svizzeri cominciarono a interessarsi al sito grazie a Jean-Marie Le Tensorer, specialista di preistoria e direttore dell’Istituto di archeologia preistorica dell’Università di Basilea, che nel 1982 entrò a far parte dell’équipe guidata da Jacques Cauvin.

“All’epoca”, ricorda il professor Le Tensorer, “la teoria dominante era che l’uomo primitivo fosse giunto dall’Africa passando attraverso il cosiddetto corridoio giordano, che unisce la regione Nabatea al Mar Morto, e inoltrandosi da lì verso nord. Gli storici erano convinti che una zona arida come questa non potesse servire come punto di passaggio”.

Trent’anni di scavi hanno provato il contrario.

I lavori del professor Jean- Marie Le Tensorer a al Hummal e Nadaouiyeh hanno permesso di riportare alla luce utensili silicei bifacciali, tipici della cultura acheuleana, un’età di cui non si era fino a quel momento trovata traccia in Medio Oriente. “Ma il ritrovamento più importante”, spiega Le Tensorer, “fu, nel 1996, quello di un cranio di Homo erectus risalente a 500 o 600 mila anni fa, una prima assoluta, che dimostra come in quest’area vi fosse una presenza umana già in età preistorica”.

Si tratta di scoperte molto significative per la Siria e per l’intera umanità. “La comunità scientifica preferisce però attendere la conclusione delle ricerche”, spiega l’ingegner Walid Asad, direttore del museo e delle antichità di Palmira. “Tutto sembrerebbe indicare una presenza umana ininterrotta lungo oltre un milione di anni. Ma per arrivare ad affermazioni di questa portata è meglio attendere le conclusioni definitive”.

Persuaso dell’eccezionalità del sito, nel 1997 il professor Jean-Marie Le Tensorer, insieme alla moglie, decise di proseguire le ricerche nel quadro di una missione archeologica comune svizzera e siriana. “Il dato più rilevante di Bir al Hummal”, afferma Le Tensorer, “è che vi sono stati rinvenuti reperti risalenti a pressoché tutte le epoche storiche. Fino ad allora, l’unico riferimento noto in Medio Oriente era la grotta di Tabun, presso il Monte Carmelo”.

Seguire strato per strato le spiegazioni degli esperti è come sfogliare le pagine di un volume i cui capitoli coprono un arco temporale di 50 o 100 mila anni ciascuno. “Possiamo ricostruire i vari momenti della storia dell’umanità”, spiega il professore, “seguire lo sviluppo delle tecniche agricole e della pesca, la scoperta del fuoco, gli sconvolgimenti tellurici e i mutamenti climatici avvenuti lungo l’arco di un milione di anni. Anche questi ultimi non sono una novità: abbiamo conosciuto epoche più fredde e più calde di quella attuale”.

La presenza di insediamenti umani in prossimità delle sorgenti d’acqua segnala epoche di siccità, mentre nei periodi umidi gli insediamenti non si concentravano necessariamente vicino alle sorgenti, ma presso boschi e fiumi.

La cultura hummaliana

Gli esperti che abbiamo incontrato concordano nell’affermare che l’eccezionalità degli oggetti ritrovati a Bir al Hummal risiede, prima ancora che nella loro varietà, nella tecnica di fabbricazione: una tecnica sviluppatasi nella regione, tanto che l’aggettivo “hummaliano” designa ormai, nel linguaggio scientifico, una tipologia particolare di utensili, di migliore fattura e più taglienti.

“L’uomo primitivo”, spiega Jean-Marie Le Tensorer, “si serviva delle selci che trovava in abbondanza a una decina di chilometri da Bir al Hummal. I primi oggetti venivano ricavati da una selce del peso di circa un chilogrammo con la quale si fabbricavano uno o due strumenti, un coltello o un’ascia, con un bordo tagliente di 10-20 centimetri. Nell’era successiva, quella yabrudiana, a partire dalla medesima selce si arrivavano a produrre tra dieci e venti oggetti, con un bordo tagliente di 50-60 centimetri. In età hummaliana, con il medesimo materiale si arrivava invece a produrre fino a venti o trenta oggetti, con una superficie affilata che poteva arrivare fino a 4 metri”.

Della tecnica hummaliana, che si sviluppò tra 250 mila e 150 mila anni avanti Cristo, si trovano tracce in numerosi altri siti archeologici in Siria, Iraq, Palestina e Giordania. “È stato il primo grande progresso dell’umanità nella fabbricazione di utensili silicei”, afferma Le Tensorer.

Il sito di Bir al Hummal è tra i rari a presentare una stratificazione pressoché completa di epoche diverse. Rimane un solo tassello lacunoso: quello dal 900 mila al 400 mila avanti Cristo, epoca cui risalgono alcuni oggetti lavorati con la tecnica yabrudiana, dal nome di una località in prossimità di Damasco. Il professor Le Tensorer non esclude che alcuni sedimenti possano essere andati distrutti o addirittura non essersi formati.

La scoperta del dromedario gigante

L’ultimo strato, il più profondo, risale a un milione o addirittura un milione e cinquecentomila anni avanti Cristo. Gli scavi proseguono e hanno permesso di ritrovare diverse ossa di cammello. “A ogni strato corrisponde una determinata specie di cammello. La maggior parte delle ossa risulta appartenere a specie fin qui ignote”, spiega Jean-Marie Le Tensorer.

Queste scoperte smentiscono la teoria di un arrivo più recente, attorno a diecimila anni fa, del cammello in Medio Oriente. Un dato smentito anche dal ritrovamento delle ossa di un dromedario gigante vissuto circa 100 mila anni fa.

Mohamed Cherif, swissinfo.ch, El Kowm, Siria
(traduzione dall’arabo di Luisa Orelli)

Agli ospiti della missione, il professor Jean-Marie Le Tensorer mostra una vetrina nella quale sono esposti diversi utensili in selce ritrovati nei due siti di Bir al Hummal e Nadaouiyeh che illustrano lo sviluppo delle tecniche di fabbricazione di questi oggetti.

Età olduvaiana (da Olduvai, Tanzania; oltre un milione di anni fa): è la tecnica più antica. Si tratta di oggetti usati per spezzare le ossa ed estrarne il midollo.

Età acheuleana (tra un milione e 400 mila anni avanti Cristo): gli utensili sono lavorati su entrambi i lati. Secondo il professor Le Tensorer, si tratta del primo progresso compiuto nella tecnica di fabbricazione.

Età yabrudiana (da Yabrud, località in prossimità di Damasco, da 400 mila a 250 mila anni avanti Cristo): segna il passaggio dalla cura della forma dell’oggetto a quella della sua funzionalità. Le selci divengono più affilate, ma sono lavorate su un solo lato. Vengono fabbricati più oggetti a partire da un unico blocco. E’ l’età in cui l’uomo impara a governare il fuoco: una rivoluzione, secondo Le Tonserer, nella storia dell’umanità.

Età hummaliana (da Bir al Hummal, regione di El Kowm, da 250 mila a 170 mila anni avanti Cristo): la parte affilata delle selci è più lunga. Si tratta ormai di utensili e armi in senso proprio.

Età musteriana (da 150 mila a 50 mila anni avanti Cristo): le selci assumono la forma di punte di frecce che, montate su bastoni, vengono usate per la caccia.

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