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Napoleone: un bicentenario non proprio in sintonia con i tempi

tomba di napoleone
Situata all'interno del Dôme des Invalides a Parigi, la tomba di Napoleone è appena stata restaurata in occasione del bicentenario della sua morte. Keystone / Christophe Petit Tesson

La Francia si prepara a commemorare il bicentenario della morte di Napoleone Bonaparte (5 maggio), ma l'idea di celebrare uno dei personaggi più famosi del mondo non piace a tutti. Come per altre figure storiche recentemente criticate e rimosse dai loro piedistalli, alcune delle sue azioni sono controverse. Le considerazioni di uno storico specializzato nella Rivoluzione francese e nelle relazioni franco-svizzere.

La critica forse più feroce nei confronti delle commemorazioni viene dagli Stati Uniti. In un articolo di opinioneCollegamento esterno pubblicato sul New York Times, una professoressa universitaria americana di origine haitiana sostiene che “Napoleone non è un eroe da celebrare”.

Marlene L. Daut descrive Napoleone come “il più grande tiranno di Francia”, un “architetto dei genocidi moderni”, “un guerrafondaio razzista e genocida” e una “icona della supremazia bianca”. Gli rimprovera in particolare di aver ristabilito la schiavitù nelle Antille francesi.

“Mi piace molto il Primo console Bonaparte, ma molto meno l’imperatore Napoleone.”

Anche in Francia si discute sull’opportunità di commemorare il bicentenario. Diverse associazioni e personalità politiche contestano il fatto che si celebri un personaggio storico percepito come dispotico, misogino e sanguinario…

Napoleone è una figura ambivalente pure in Svizzera: il suo Atto di mediazione ha permesso di pacificare un Paese sull’orlo della guerra civile, ma le guerre napoleoniche sono state un pesante fardello per la Svizzera.

Come dovremmo quindi considerare questo personaggio a 200 anni dalla sua morte? L’abbiamo chiesto allo storico Alain-Jacques Tornare. Profondo conoscitore della storia delle relazioni franco-svizzere e del periodo rivoluzionario e napoleonico, ha collaborato alla stesura di un libro di recente pubblicazione dedicato a Jean-Abram Noverraz, il fedele cameriere che è stato al capezzale di Napoleone fino alla sua morte sull’isola di Sant’Elena.

SWI swissinfo.ch: In generale, che cosa ne pensa della polemica intorno alla figura di Napoleone?

Alain-Jacques Tornare: I grandi personaggi e i grandi eventi sono tutti rimessi in discussione; è qualcosa di ricorrente in questo periodo. Passeremo presto dal politicamente corretto allo storicamente corretto.

È vero che si tratta di una figura storica che divide e che non ha lasciato solo buoni ricordi. Già all’epoca era soprannominato l’Orco o l’Usurpatore. Tuttavia, è necessario fare una distinzione. Personalmente, mi piace molto il Primo console Bonaparte, ma molto meno l’imperatore Napoleone. Bisogna sempre sapere di chi si sta parlando.

E, come dice il proverbio, “si presta solo ai ricchi”. Gli vengono attribuite molte cose – positive o negative – che risalgono a un periodo antecedente. Prendiamo ad esempio le conquiste napoleoniche: non è stato lui a inventare il concetto di “frontiere naturali” che ha portato la Francia a espandersi fino al Reno. Tra i punti positivi, Napoleone ha finalizzato il Codice civile, sebbene non sia stato lui a crearlo. Il periodo del Consolato, quando è arrivato al potere, non ha fatto altro che concretizzare ciò che era stato concepito durante il periodo rivoluzionario.

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E cosa ne pensa delle accuse di razzismo, colonialismo e genocidio?

Il ristabilimento della schiavitù è ciò che più gli viene rimproverato. Ma quello che è stato davvero sorprendente per l’epoca non è la restaurazione della schiavitù nel 1802, ma piuttosto la sua abolizione nel 1794. Napoleone Bonaparte ha semplicemente ristabilito una situazione di fatto, visto che l’abolizione della schiavitù non si era materializzata nella realtà. Si era semplicemente passati dalla schiavitù al lavoro forzato. Quello che molti ignorano è che durante i Cento giorni, Napoleone aveva considerato nuovamente l’abolizione della schiavitù.

Per quanto riguarda le accuse di colonialismo rivolte a Napoleone, siamo di fronte a un fenomenale controsenso. Non ha contribuito alla colonizzazione. Si potrebbe addirittura affermare il contrario, visto che ha emancipato la Louisiana e l’ha venduta agli Stati Uniti. La verità è che Napoleone ha avuto l’intelligenza di capire che la Francia non aveva i mezzi per mantenere questo territorio che alla fine avrebbe perso, proprio come il Messico ha perso il Texas. Così ha preferito trarre profitto vendendo questa terra agli Stati Uniti. Volendo essere in malafede e anacronisti, si potrebbero vedere in questa vendita le premesse di una politica di decolonizzazione, così come si potrebbe vedere nel ristabilimento della schiavitù una politica colonialista e razzista.

Per quanto riguarda il genocidio, si fa sempre un paragone molto fastidioso con Hitler, soprattutto a causa della campagna di Russia e dell’idea di conquista. Ma se c’è una cosa di cui non si può incolpare Napoleone, è di essere stato in un qualche modo un genocida. E se ha trascorso il suo tempo a fare la guerra, è stato anche perché i suoi nemici volevano assolutamente rimuoverlo dal potere.

C’è una tendenza a infangare il personaggio?

Parliamo sempre di ciò che non va, ma dimentichiamo gli aspetti positivi. Ad esempio, è stato Napoleone a impedire il divieto dell’omosessualità. È grazie a lui che non è più stata considerata un reato in Francia. È un aspetto che non viene affatto evidenziato.

“Parliamo sempre di ciò che non va, ma dimentichiamo gli aspetti positivi. Ad esempio, è stato Napoleone a impedire il divieto dell’omosessualità.”

Ha anche contribuito parecchio alla pace religiosa; è stato un grande pacificatore in materia di religione. È per esempio grazie a Napoleone che gli ebrei sono stati riconosciuti in Francia.

E non parlo dei grandi classici della lunga lista di punti positivi: la creazione del Politecnico, della Borsa, del catasto, dei tribunali del lavoro, della Banca di Francia, della Legione d’Onore, dei licei, del ripristino delle università, ecc.

In Svizzera, Napoleone rimane soprattutto l’uomo dell’Atto di mediazione, che è considerato positivo. In occasione del bicentenario di questo atto, l’allora presidente della Confederazione, Pascal Couchepin, lo ha definito addirittura un “atto di saggezza”.

Si può dire quello che si vuole, ma è evidente che l’Atto di mediazione del 1803 rimane un elemento positivo che ha ridato una certa serenità a una Svizzera che all’epoca era sull’orlo della guerra civile. Napoleone aveva capito che era vitale per l’esistenza della Svizzera.

Impedendo ai federalisti di perseguitare gli unitari della Repubblica elvetica, Napoleone ha gettato le basi del consenso. Il suo Atto di mediazione ha anche stabilito il principio di uguaglianza tra i vari Cantoni. Ha concretizzato l’uguaglianza delle lingue; prima del 1798, la Confederazione era un’entità puramente germanica con delle dipendenze latine. Napoleone ha posto le basi per la creazione di uno Stato federale moderno nel 1848.

Per certi versi, è pure stato un visionario. Ad esempio, creando il Cantone di Argovia per separare i Cantoni di Berna e Zurigo, affiancando a quest’ultimo i Cantoni di Turgovia e San Gallo per indebolirlo preventivamente, anticipando il formidabile sviluppo economico di Zurigo nel XIX secolo.

busto di napoleone
Negli ultimi anni, il ricordo di Napoleone è stato celebrato più volte in Svizzera, come qui ad Aarburg, in occasione del bicentenario della creazione del Canton Argovia nel 2003. Keystone / Steffen Schmidt

Ma nemmeno in Svizzera il bilancio è soltanto positivo. La Svizzera era diventata uno Stato vassallo dell’Impero francese. Il costo umano ed economico è d’altronde stato abbastanza elevato, al punto che l’opinione pubblica si è mostrata ostile nei confronti di Napoleone alla fine del suo regno.

Il costo umano delle guerre napoleoniche è stato significativo: più di 30’000 svizzeri hanno servito Napoleone, su una popolazione di 1,5 milioni di persone. Molti sono morti, compresa la maggior parte dei 9’000 svizzeri che hanno preso parte alla Campagna di Russia del 1812.

La Svizzera era obbligata a fornire un contingente, il cui effettivo inizialmente fissato a 18’000 uomini è stato gradualmente abbassato a 12’000. Questo servizio militare era molto impopolare, ma almeno la Svizzera è sfuggita alla coscrizione.

Dal punto di vista economico, il bilancio è contrastato. Per esempio, il Blocco continentaleCollegamento esterno ha sì ostacolato il commercio svizzero, ma l’assenza di prodotti britannici ha favorito lo sviluppo della filatura meccanica nella Svizzera orientale.

>> Napoleone e la Svizzera: il servizio della RSI (3 maggio 2021)

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Traduzione dal francese: Luigi Jorio

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