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Berna teme la doppia ondata Delta-Omicron

Palazzo federale.
"Non possiamo pensare di tenere Omicron fuor dai confini nazionali". Keystone / Thomas Hodel

Le autorità federali non nascondono una certa preoccupazione. "Sono necessarie nuove restrizioni a livello locale", è stato sostenuto da più fronti, compreso quello del presidente dell'associazione nazionale dei medici cantonali Rudolf Hauri.

Una doppia ondata contemporanea delle varianti Delta e Omicron in Svizzera va assolutamente evitata, in quanto porterebbe al collasso del sistema sanitario.

Lo ha detto oggi la direttrice dell’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) Anne Lévy, precisando che domani si saprà di più sul primo presunto caso di contagio nel Paese con la più recente mutazione del coronavirus. Ed è domani che – forte del supporto ricevuto alle urne alla Legge Covid – si esprimerà anche il Consiglio federale in merito a prossime eventuali restrizioni.

“Non possiamo pensare di tenere la variante Omicron fuori dalla Svizzera, ma possiamo perlomeno frenarne la diffusione”, ha detto Lévy nel corso della conferenza stampa odierna a Berna. Ieri su Twitter l’UFSP ha annunciato una probabile prima infezione in Svizzera: si tratta di una persona tornata circa una settimana fa dal Sudafrica, che si trova chiaramente in isolamento. Il sequenziamento è in corso e domani dovrebbero arrivare i risultati definitivi delle analisi.

Ad oggi sono 33 in totale i casi confermati di variante Omicron segnalati in Europa. Lo rende noto il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc).

Le segnalazioni arrivano da otto Paesi dell’Unione Europea e dello Spazio economico europeo: Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Danimarca, Germania, Italia, Paesi Bassi, Portogallo.

Tutti i casi confermati hanno una storia di viaggi in paesi africani, alcuni dei quali hanno preso voli in coincidenza in altre destinazioni tra l’Africa e l’Europa. Tutti i casi erano asintomatici o con sintomi lievi.

Finora non sono stati segnalati casi gravi e nessun decesso tra questi casi. Inoltre sono stati indicati casi in sette paesi extra-europei: Australia, Botswana, Canada, Regione amministrativa speciale di Hong Kong, Israele, Sudafrica, Regno Unito.

Nelle ultime settimane tutti i numeri legati all’epidemia, dai casi alle ospedalizzazioni fino all’occupazione delle terapie intensive, sono aumentati, una tendenza che non accenna a interrompersi, ha affermato Lévy parlando di “quinta ondata”. La nuova variante, già rintracciata anche in diverse nazioni europee, crea ulteriore incertezza, ma “ogni giorno che passa evitando un’ulteriore ondata è un giorno guadagnato”, ha sottolineato.

L’UFSP aggiorna costantemente la lista dei Paesi in cui è stata registrata la variante Omicron. È importante che le persone interessate facciano – gratuitamente – un test PCR, ha evidenziato Lévy, anche se non contattati direttamente dalle autorità. La numero uno dell’ufficio federale ha inoltre rinnovato una volta di più l’invito a vaccinarsi per chi ancora non l’ha fatto e a farsi iniettare il richiamo per chi ha ricevuto da oltre sei mesi la seconda dose.

Situazione critica

Dal canto suo, il capo della sezione Gestione delle crisi e collaborazione internazionale dell’UFSP Patrick Mathys ha illustrato la situazione attuale nella Confederazione, che continua a essere più preoccupante nella Svizzera centrale e orientale e sembra avviata verso un ulteriore peggioramento. Nelle terapie intensive ci sono 219 pazienti Covid, che occupano un quarto dei letti totali a disposizione.

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Sulla variante Omicron i dati fin qui sono molto scarsi, ha detto Mathys, specificando che per ora non si può sapere come si comporterà sulla popolazione. “In Sudafrica la mutazione si è diffusa rapidamente, resta da determinare se potrà ‘imporsi’ sulla Delta”. Certo è che il contesto al momento secondo l’esperto è già “critico” e potrebbe persino aggravarsi se le ipotesi sulla Omicron dovessero venire confermate.

Poca chiarezza

Stando alla presidente della task force Covid-19 del Consiglio federale Tanja Stadler, non c’è chiarezza sull’eventuale decorso più grave della malattia che la recente mutazione del virus comporterebbe. Tuttavia, sembra che essa implichi una maggiore trasmissibilità.

Anche le domande riguardo alla protezione garantita dal vaccino contro questa variante restano per adesso ancora in sospeso e lo saranno per giorni se non settimane. Fino a Natale, ha proseguito Stadler, “la Delta continuerà a dominare”, ma fra due o tre mesi ciò potrebbe cambiare, ha puntualizzato Mathys. Nel frattempo, si può guadagnare tempo con restrizioni d’ingresso o riduzioni dei contatti.

Contact tracing allo stremo

Il presidente dell’associazione nazionale dei medici cantonali Rudolf Hauri ha ribadito come il tracciamento dei contatti si stia facendo sempre più operazione complessa. “Lo sforzo sta aumentando a dismisura”, anche perché ora i Cantoni ricevono molte liste di passeggeri rientrati da Paesi dove è stata rilevata la Omicron.

Altri sviluppi

Sono quindi necessarie nuove restrizioni a livello locale, che i singoli Cantoni comunicheranno nei prossimi giorni, ha continuato Hauri. Per esempio, le misure riguarderanno l’obbligo di indossare la mascherina nelle scuole o negli spazi chiusi.

No comment su grandi eventi

Gli esperti della Confederazione non hanno invece voluto sbilanciarsi sulle decisioni a livello politico. Incalzata da una giornalista su un possibile nuovo divieto dei grandi eventi, Lévy si è limitata a dire che ciò “è responsabilità del Consiglio federale”. Le mascherine andrebbero comunque indossate.

Hauri ha però precisato che solo pochi casi sono da far risalire ai grandi eventi, che hanno concetti di protezione e una certa disciplina. Paradossalmente, a essere più problematici sono le manifestazioni minori. Per Stadler c’è invece da guardare con preoccupazione al Natale: le cene in famiglia, spesso prive di qualsiasi strumento di protezione, saranno fonte certa di trasmissione del virus.

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