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Beffa per gli italiani all’estero: “il tuo voto in cambio di niente”

Maria Elena Boschi tvsvizzera

Anche i circa quattrocentomila italiani residenti in Svizzera, e con diritto di voto in Italia, sono al centro di uno dei più stridenti paradossi politici della recente storia repubblicana. Il governo Renzi si affida anche a loro per far passare la riforma costituzionale che prevede lo scioglimento dell'attuale Senato, dove i rappresentanti degli italiani all'estero attualmente sono sei (fra essi, Claudio Micheloni, eletto nella Confederazione). E il paradosso dove sta? Sta nel fatto che, con l'eventuale vittoria del "sì", e quindi col successo di Renzi, nella futura Camera alta non ve ne sarà nemmeno uno!

Una contraddizione, quasi una beffa, che però non preoccupa il governo di Roma. Che, anzi, proprio sul voto degli italiani all’estero punta moltissimo, visto che i sondaggi prevedono un esito tiratissimo e ancora molto incerto nell’attesissimo referendum del prossimo 4 dicembre. Quello che il premier aveva addirittura definito decisivo per il suo futuro politico: “Se perdo me ne torno a casa”, aveva garantito qualche mese fa, quando la sua popolarità sembrava ancora abbastanza solida. Fu l’errore (da lui stesso ammesso) di una eccessiva personalizzazione del voto, come se si andasse a votare non su una legge ma sulla sua politica.

Ha dovuto fare marcia indietro, da tempo non ripete più quella promessa-minaccia, in sostanza si sta rimangiando la parola. Perdere non lo allontanerà da Palazzo Chigi. Ma se alla fine venisse bocciata la sua “creatura”, la “madre di tutte le riforme”, non sarebbe solo un pesante smacco politico; potrebbe anche non reggere alle successive, inevitabili pressioni del composito schieramento degli oppositori (compresa l’immancabile minoranza del Partito democratico).

Ecco allora che tornano utili anche i quasi cinque milioni di italiani all’estero con diritto di voto (per corrispondenza), a cui però verrà tolta la rappresentanza senatoriale; rimarrà invece il loro diritto di eleggere i 12 deputati nell’altra Camera, quella dei deputati, che naturalmente avrà un ruolo determinante nell’eventuale passaggio al sistema unicamerale (o quasi). Questo dovrebbe bastare, ritiene il premier, per non provocare il loro risentimento. Sembra che se ne sia convinto durante alcuni viaggi, incontrando diverse comunità di connazionali, dove il suo tasso di popolarità sarebbe ancora robusto.

E che il loro consenso gli sembri assai prezioso, lo conferma la discussa missione in America Latina (il bacino più ricco di italiani) della sua ministra e plenipotenziaria Maria Elena Boschi, in viaggio fra Argentina, Uruguay e Brasile. Missione fra molte polemiche. Protesta infatti l’opposizione: servendosi di ambasciatori e consoli impegnati nell’organizzazione della trasferta, la super-ministra avrebbe violato le regole del fair play politico-elettorale, e forse anche di più.

Tempesta in un bicchier d’acqua? Non proprio. In una contesa così incerta e così importante politicamente, anche qualche manciata di voti in più può fare la differenza. Un precedente c’è, ricordate? Nel 2006 furono proprio i voti degli italiani all’estero (al centro di una lunga diatriba su eventuali brogli e manipolazioni) a determinare l’esito di una consultazione che il centro-sinistra di Prodi vinse con uno scarto di appena 24 mila schede su 38 milioni di votanti. Repetita iuvant?

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