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Batteri multiresistenti nel Lago di Ginevra

L'idilliaco golfo di Vidy nasconde nei suoi sedimenti una proporzione piuttosto elevata di batteri multiresistenti Keystone

Microinquinanti altamente resistenti agli antibiotici si accumulano nei sedimenti del Lago Lemano. Una nuova ricerca ha rivelato che il trattamento delle acque reflue nei centri di depurazione non elimina tutti i batteri.

Gli scienziati dicono che non c’è motivo di allarmarsi. Tuttavia mettono in guardia contro i potenziali rischi a lungo termine. Dopo il trattamento, circa il 15% delle acque reflue della Svizzera viene immesso direttamente nei laghi.

L’Istituto svizzero di ricerca sull’acqua (Eawag) ha effettuato uno studio, pubblicato sulla piattaforma Frontiers in Microbiology, per saperne di più sui batteri multiresistenti in ambienti acquatici naturali e su come i geni di resistenza sono trasferiti nelle acque reflue.

I ricercatori si sono concentrati sul Lemano e la città di Losanna, dove vi sono 214mila abitanti, molti piccoli centri sanitari e il Centro ospedaliero universitario vodese (CHUV).

Ogni giorno 90mila metri cubi di acque reflue della città trattate negli impianti di depurazione vengono rilasciati nel vicino golfo di Vidy, a una distanza di circa 700 metri dalla riva e una profondità di 30 metri.

I ricercatori sono rimasti sorpresi che, mentre il 75% dei batteri è eliminato nella stazione centrale di depurazione della città, “elevati livelli” di ceppi di batteri multiresistenti restano ancora nelle acque trattate e sono rilevati nei sedimenti del lago e vicino ai punti di efflusso delle acque reflue.

E non è tutto. Gli esperti dell’Eawag hanno anche scoperto che l’impianto di depurazione sembra persino fungere da ambiente ideale per la creazione di “cocktail” di microinquinanti.

Benché non vi sia alcun motivo di panico – l’acqua pompata dal lago è ulteriormente trattata, prima di essere immessa nella rete idrica di Losanna –, a lungo termine vi sono rischi potenziali, dicono gli studiosi.

“Attualmente nessuno dovrebbe aver paura di nuotare nei laghi svizzeri. I nostri risultati di certo non inducono ad alcun timore”, precisa a swissinfo.ch il ricercatore dell’Eawag Helmut Burgmann.

“Non crediamo che ci sia un rischio acuto. Non abbiamo alcun indizio in tal senso. Ma c’è un potenziale rischio se c’è un afflusso continuo di microinquinanti antibiotici negli ambienti naturali che si accumulano. A lungo termine, ciò potrebbe svolgere un ruolo nel trasferimento dei geni di resistenza a batteri patogeni”.

Non un caso unico

Il caso lemanico non è unico, puntualizzano i ricercatori dell’Eawag, che hanno avviato test analoghi in una ventina di altri laghi di pianura e alpini in tutta la Svizzera, per avere una migliore visione nazionale.

“È importante monitorare questo studio. Se nei prossimi anni rilevassimo un aumento delle concentrazioni di geni di multiresistenza, la situazione dovrebbe verosimilmente essere valutata attentamente dalle autorità competenti”, dice a swissinfo.ch Michael Schärer, della Sezione qualità delle acque superficiali presso l’Ufficio federale dell’ambiente.

“Ma non si può generalizzare, dato che il golfo di Vidy è in una posizione particolare, con correnti speciali. Sappiamo però che in altri laghi svizzeri c’è una situazione simile, con impianti di depurazione di grandi dimensioni che riversano in laghi le acque trattate”.

Procedimenti di trattamento supplementari

Le autorità svizzere stanno sviluppando strategie per ridurre i microinquinanti nelle acque. Fra queste c’è l’introduzione di processi di trattamento aggiuntivi per rimuovere microinquinanti in 100 impianti di depurazione su 700 selezionati.

Una procedura di consultazione su modifiche alla legge sulla protezione delle acque dovrebbe essere avviata prima dell’estate. Se tutto andrà secondo i piani, nuove misure potrebbero essere introdotte dal 2015.

Nello stesso anno, la stazione di depurazione losannese di Vidy, che ha effettuato test di tecnologie di trattamento per le autorità federali nel biennio 2009-2010, intende ammodernare i propri impianti.

Secondo Michael Casanova, responsabile per la protezione delle acque presso l’organizzazione ambientalista Pro Natura, questi piani sono “un passo nella giusta direzione”.

“La qualità dell’acqua in Svizzera è migliorata negli ultimi 30 anni a seguito dei progressi nel trattamento delle acque reflue”, osserva. “Ma oggi in fiumi e laghi ci sono microinquinanti non visibili. Ci sono migliaia di sostanze e nessuno sa veramente quali effetti abbiano sull’ambiente”.

Nuove tecniche e più prevenzione

L’introduzione di nuovi procedimenti di depurazione, come i trattamenti con ozono o con raggi UV per distruggere microinquinanti provenienti da prodotti farmaceutici e pesticidi, dovrebbe consentire di eliminare l’80% dei microinquinanti delle cento maggiori stazioni di depurazione, calcola Casanova.

Complessivamente, il 50% di tutti i microinquinanti potrebbe essere eliminato mediante l’applicazione di nuove tecnologie. “Ma potremmo e dovremmo fare di più se applicassimo la nuova tecnologia a tutti gli impianti di trattamento delle acque reflue. Tuttavia la grande questione è il finanziamento”, aggiunge lo specialista di acqua di Pro Natura.

Secondo Michael Schärer, l’attuazione delle nuove misure nelle cento stazioni designate potrebbe richiedere 20 anni e i costi si aggirerebbero su 1,2 miliardi di franchi.

Casanova ritiene che inoltre le acque reflue provenienti da ospedali, che potrebbero contenere microinquinanti ad alta resistenza agli antibiotici, dovrebbero essere trattate separatamente. Una necessità di cui non sono convinti Schärer e Burgmann.

“Non è chiaro se è necessario o giustificato”, dice Burgmann. “Abbiamo bisogno di ulteriori informazioni per verificare se presentano veramente un rischio supplementare”, indica il ricercatore dell’Eawag.

Oltre all’introduzione di nuove tecnologie, per Casanova ci vorrebbe molta più prevenzione negli ospedali e nelle economie domestiche. Per esempio, “la gente getta farmaci scaduti nel WC, mentre dovrebbe restituirli affinché siano trattati adeguatamente da chimici”, sottolinea.

Greenpeace International il 20 marzo 2012 ha pubblicato il rapporto Panni sporchi 3 in cui afferma che residui di sostanze chimiche pericolose usate per la produzione di capi di abbigliamento di grandi marche – quali Calvin Klein, Puma, Kappa, Lacoste, Nike, Ralph Lauren, H&M, Abercrombie & Fitch, G-star – vengono rilasciati nei corsi d’acqua pubblici in seguito al lavaggio da parte dei consumatori.

L’organizzazione ambientalista ha misurato la percentuale di nonilfenoli etossilati (NPE) rilasciata nell’acqua durante simulate condizioni di lavaggio domestico standard per 14 capi d’abbigliamento. Tale proporzione era per esempio dell’84% per un lavaggio di una maglia della nazionale svizzera di calcio della marca Puma e del 45% per un pigiama di Calvin Klein, entrambi acquistati in Svizzera.

I nonilfenoli etossilati sono sostanze chimiche utilizzate nell’industria tessile. Una volta rilasciati nell’ambiente si degradano in una forma più tossica: il nonilferolo (NP). Quest’ultimo è in grado di alterare il sistema ormonale umano, anche a concentrazioni molto basse.

L’impiego di NP e NPE nella produzione di abbigliamento è stato vietato nell’Unione europea. Restrizioni analoghe sono state introdotte negli Stati Uniti e Canada.

I microinquinanti provengono da prodotti di uso quotidiano (medicinali, detergenti, prodotti per il corpo, ecc.) nonché da prodotti fitosanitari e prodotti per la protezione dei materiali. Queste sostanze finiscono in laghi e fiumi principalmente attraverso lo smaltimento delle acque reflue, canali di scolo o dilavamento di suoli agricoli.

Per microinquinanti s’intendono elementi organici in tracce o metalli pesanti presenti nelle acque a bassissime concentrazioni (da un miliardesimo a un milionesimo di grammo al litro). Già a queste basse concentrazioni, i microinquinanti possono avere effetti negativi sugli organismi acquatici o compromettere le risorse di acqua potabile.

In Svizzera si contano oltre 30mila sostanze del genere, presenti in innumerevoli prodotti di uso quotidiano impiegati dall’industria e dall’artigianato, dalle economie domestiche e dall’agricoltura.

Sostanze particolarmente persistenti impiegate in grandi quantità possono rivelarsi problematiche per le acque. Le sostanze possono finire nelle acque in forma disciolta o legate a particelle in sospensione.

Fonte: Ufficio federale dell’ambiente

(Traduzione dall’inglese: Sonia Fenazzi)

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