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La Quinta Svizzera passa all’attacco

Da quasi dieci anni gli svizzeri all’estero si sentono trattati come cittadini di «seconda classe» dalle banche elvetiche. L’Organizzazione degli svizzeri all’estero (OSE) lancia ora la sua offensiva, in particolare a livello politico.

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Congelamento di beni, chiusura di conti, soppressione di carte di credito e rifiuto di offrire prestazioni: per gli svizzeri che risiedono all’estero, mantenere o iniziare una relazione bancaria con un istituto svizzero è diventato sempre più difficile e oneroso. La questione preoccupa la comunità da quasi un decennio e ora la pazienza è al limite. «Troppo è troppo», ha affermato di recente Ariane Rustichelli, direttrice dell’OSECollegamento esterno.

Approfittando della presenza di numerosi espatriati svizzeri a Basilea in occasione del suo congresso annualeCollegamento esterno, l’OSE ha organizzato giovedì una conferenza stampa per rammentare quanto è stato fatto in passato e, soprattutto, per presentare le azioni politiche future.

«Dobbiamo ricordare alle banche che i circa 775’000 svizzeri all’estero sono anch’essi una parte della Svizzera» e che non meritano di essere trattati come “cittadini di seconda classe”, ha affermato Remo Gysin, presidente dell’OSE.

Svizzeri all’estero discriminati

La questione bancaria è al centro delle discussioni del Consiglio degli svizzeri all’esteroCollegamento esterno (sorta di “parlamento” della Quinta Svizzera”) dal 2008, anno in cui la crisi finanziaria e i grandi stravolgimenti del mondo bancario statunitense hanno portato a un aumento della regolamentazione nel settore. Un’evoluzione che ha toccato da vicino anche gli svizzeri all’estero che avevano un conto, un’ipoteca o una qualsiasi altra relazione bancaria con un istituto elvetico.

Il governo respinge la mozione Lombardi

Nella sua risposta alla mozione di Filippo Lombardi depositata lo scorso 15 giugno, il Consiglio federale (governo svizzero) indica che «un intervento non s’impone».

«L’introduzione di regole che obbligano le banche ad assumere rischi più elevati di quelli che avrebbero scelto di addossarsi, rappresenta una grave ingerenza nella libertà economica di quest’ultime», scriveCollegamento esterno l’esecutivo, proponendo di respingere la mozione del senatore ticinese (come aveva d’altronde fatto per la mozione di Roland Rino Büchel.

Secondo il governo, «dal punto di vista della parità concorrenziale non è giustificabile che un simile obbligo legale venga imposto solo a una parte delle banche».

«Né le richieste ripetute ai dipartimenti federali competenti, né i contatti presi con le banche svizzere, l’Associazione svizzera dei banchieri o l’ombudsman delle banche hanno permesso di trovare una soluzione di comune accordo», deplora in un comunicato l’OSE, per la quale la risoluzione del problema deve di fatto passare da una modifica legislativa.

«Un modello di affari che esclude gli svizzeri all’estero è discriminatorio, discredita la piazza finanziaria e nuoce alla Svizzera», ha detto Remo Gysin.

Accettare gli espatriati svizzeri come clienti

La strategia messa a punto dall’OSE concerne innanzitutto le banche d’importanza sistemica (o “too big too fail”). Siccome queste banche beneficiano di una garanzia implicita da parte della Confederazione in caso di difficoltà finanziarie o di fallimento, dovrebbero essere indotte, in contropartita, ad accettare gli svizzeri all’estero come clienti, scrive l’OSE.

Dal canto loro, le banche controllate dallo Stato – come PostFinance e le banche cantonali – hanno una responsabilità particolare nei confronti degli svizzeri all’estero, rammenta l’OSE, che in caso di risposte insufficienti non esiterà a rivolgersi direttamente ai governi e ai parlamenti cantonali.

Infine, l’OSE continuerà a sollecitare le banche private a trattare gli svizzeri all’estero allo stesso livello degli svizzeri che risiedono in patria.

Tre mozioni

Roland Rino Büchel, membro del comitato dell’OSE e deputato dell’Unione democratica di centro, ha da parte sua rammentato che dopo la bocciatura della sua mozioneCollegamento esterno alla Camera del Popolo, lo scorso 4 maggio, anche il “senatore” del Partito popolare democratico Filippo Lombardi, membro del Consiglio degli svizzeri all’estero, ha depositato un intervento parlamentareCollegamento esterno. Come quello di Büchel, il testo chiede che le banche d’importanza sistemica debbano garantire un conto bancario a tutti i cittadini elvetici. Entrambe le proposte sono state respinte dal governo federale (vedi riquadro).

Non è tutto. Il 3 luglio, anche la Commissione di politica estera della camera bassa ha depositato una mozioneCollegamento esterno che chiede al governo federale di modificare l’ordinanza sulle poste affinché gli svizzeri all’estero possano avere accesso ai servizi di PostFinance, a condizioni analoghe di quelle garantite nella Confederazione.

Il domicilio conta più della nazionalità

In una presa di posizione, l’Associazione svizzera dei banchieri (ASB) mostra comprensione per le rivendicazioni dell’OSE. Una portavoce interpellata dall’Agenzia telegrafica svizzera rileva tuttavia che che gli svizzeri espatriati sono trattati come i clienti esteri nei paesi in cui essi risiedono. Per le relazioni bancarie è infatti il luogo di domicilio che conta e non la nazionalità.

Secondo l’ASB, la richiesta dell’OSE di privilegiare i cittadini svizzeri rispetto agli altri clienti non è dunque accettabile. L’associazione dei banchieri giudica una simile costrizione una interferenza inopportuna nella libertà d’impresa. Stando alla portavoce le banche sarebbero inoltre costrette in tal modo ad esporsi a rischi legali.

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