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Qualità svizzera ad alte quote

Le guide alpine svizzere puntano sulla qualità e la conoscenza del territorio per far fronte alla concorrenza straniera Keystone

La guida alpina è un mestiere ad alto rischio. Da sempre chi lo pratica deve portare in giro i clienti in zone soggette a valanghe e frane. Ma i professionisti svizzeri ora devono affrontare una nuova minaccia: la concorrenza straniera.

La gente si ricorda dei pericoli della montagna quando succedono incidenti letali. Come quello dello scorso luglio, quando sulle pendici del Mont Maudit – letteralmente Monte Maledetto –, nel massiccio del Monte Bianco, una valanga ha fatto nove morti e dodici feriti. Una delle vittime era svizzera.

La tragedia ha anche evidenziato la mobilità delle guide: alcune avevano percorso tutta l’Europa per condurre i propri clienti al Monte Bianco, la vetta più alta delle Alpi, a 4’810 metri di altitudine, a cavallo del confine italo-francese.

La Svizzera, con le sue numerose cime sopra i 4’000 metri, è una meta privilegiata da molti alpinisti di tutto il mondo. Considerati la forza del franco e il livello elevato dei prezzi, però, in Svizzera spesso è più conveniente assumere guide alpine estere.

L’Associazione svizzera delle guide alpine raccomanda ai propri membri di fatturare 645 franchi al giorno. Un salario medio che può essere inferiore o superiore, a seconda della stagione, del numero di partecipanti e della durata e delle difficoltà dell’escursione.

Tour guidati da società con sede in paesi dell’Unione europea possono essere molto meno costosi. Ad esempio, l’Associazione tedesca delle guide di montagna e di sci raccomanda una tariffa giornaliera di base di 300 euro, pari a circa 360 franchi. Su un’escursione di più giorni, ciò può rappresentare un grosso risparmio.

Gian Luck, responsabile della scuola di alpinismo di Pontresina, nei Grigioni, racconta a swissinfo.ch che negli ultimi anni vede sempre più stranieri che guidano clienti sulle montagne della sua regione.

A quale costo?

“È notorio che alcune società svizzere ormai lavorano solo con guide tedesche. E alcuni clienti svizzeri assumono guide alpine straniere per risparmiare. Siamo una piccola comunità, si vede tutto”, osserva.

Il lavoro di Luck e delle altre guide della stazione turistica dell’Engadina è variato. È possibile che un giorno si accompagni un novizio di alpinismo, e l’indomani si assista un alpinista provetto nella scalata della vetta dei suoi sogni.

“Non abbia paura di calpestare con forza. È sempre meglio avere più chiodi del necessario nel ghiaccio che meno”, dice Luck a un principiante che sta imparando a usare i ramponi, spiegandogli quanto sia importante il loro uso corretto per evitare incidenti mentre si cammina o ci si arrampica sul ghiaccio.

La guida rileva che certe misure di alcune agenzie per ridurre i costi possono aumentare i rischi. Ha sentito parlare di guide che conducono più clienti del massimo raccomandato sul Piz Palü, una delle cime più famose della regione.

“Se si dice che si deve andare con tre persone e non con quattro, c’è un motivo. Significa che è più sicuro per tutti. Alla fine, si è tutti in cordata e se cade una persona, si cade tutti”, sottolinea.

Sicurezza e qualità

Sulla stessa lunghezza d’onda è Hermann Biner, presidente dell’Unione internazionale delle associazioni di guida alpina (UIAGM), secondo il quale alcune agenzie, per aumentare gli introiti, accompagnano più persone del numero raccomandato nelle escursioni di alta montagna.

“Grandi scuole alpine spesso iniziano il giro del Monte Rosa con sei o sette persone per guida, sperando che i clienti siano troppo stanchi per attraversare la Punta Dufour”, in Vallese, spiega.

Una pratica potenzialmente pericolosa se si considera che il numero di clienti consigliato per il Dufour, con i suoi 4’618 metri di altitudine, è al massimo di due.

“È vero che, a causa dell’apprezzamento del franco, sentiamo la pressione delle guide provenienti da altri paesi. Ma anche molti altri settori la sentono. Credo che il vero problema sia che alcune guide non rispettano le norme di sicurezza essenziali locali, come per esempio il numero massimo di clienti su un determinato percorso”, aggiunge Biner, che ha 40 anni di esperienza.

Tuttavia, una delle missioni dell’UIAGM, fondata nel 1965, è proprio di “facilitare le possibilità per le guide alpine di lavorare all’estero, sulle montagne di tutto il mondo”, fa notare il suo presidente.

L’UIAGM rappresenta associazioni di categoria di 20 paesi, tra cui la Svizzera, per un totale di circa 6’000 guide. Hermann Biner, che è di Zermatt, in Vallese, capisce le pressioni sui prezzi che le guide svizzere devono attualmente affrontare.

Una sfida cui Gian Luck ha risposto mettendo l’accento sulle competenze locali della sua azienda, sulle escursioni di alta qualità e sulla sicurezza. Quest’estate, la Scuola di alpinismo di Pontresina all’inizio di agosto aveva già registrato più di 5’000 clienti: un primato nei primi cinque anni di attività.

Una nuova epoca

Luck ha anche saputo innovare in quella che è indicata come la più vecchia scuola di questo genere nei Grigioni. Così oggi offre di tutto: dalle escursioni sul ghiacciaio e quelle di alta montagna, alle ascensioni su ‘via ferrata’, passando per il torrentismo.

“Certamente sarei capace di fare da solo questa escursione. Ma con la mia famiglia, mi sento molto più sicuro insieme ad un professionista che è della zona”, spiega un lucernese durante una visita guidata in un ghiacciaio.

La guida è Werner Steininger. Con il suo cappello con una piuma, sembra appena uscito da un libro di storia delle guide alpine svizzere. Lavora da 20 anni alla scuola di Pontresina ed emana quell’aria di autenticità che molte persone cercano quando pagano per un tour nelle Alpi svizzere.

“Io sono probabilmente l’ultima guida su questa montagna che fuma ancora la pipa”, dice mentre la riempie di tabacco, divertendo il suo piccolo gruppo di escursionisti pronti a partire per un giro di cinque ore dalla Diavolezza alla punta del ghiacciaio del Morteratsch.

Quasi tutte le 80 guide impiegate dalla scuola di Pontresina durante l’alta stagione sono grigionesi o vivono in permanenza nel cantone. Solo due non sono svizzere. Ma comunque una di queste ultime proviene da una località a un tiro di schioppo dal confine tra Svizzera e Italia. Secondo Luck, le competenze locali sono proprio ciò che differenziano la sua scuola dalla concorrenza.

In media ogni anno 124 persone periscono in incidenti di montagna in Svizzera.

Nella maggior parte dei casi (64 persone nel 2011) si tratta di escursionisti. Seguono coloro che si avventurano in alta montagna in zone che spesso richiedono esperienza o escursionisti con gli sci.

Altre attività di svago in montagna sono costate la vita a 22 persone l’anno scorso. Tra quelle che hanno fatto più morti vi sono la caccia (8), le escursioni con racchette da neve (7) e la raccolta di funghi (3).

Quasi la metà degli incidenti mortali in montagna ogni anno avvengono sulla neve o sul ghiaccio.

I protagonisti di incidenti letali sono in netta maggioranza uomini: il quadruplo o il quintuplo delle donne.

Fonte: Club alpino svizzero

(Traduzione dall’inglese: Sonia Fenazzi)

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