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Sospetto reclutatore Isis legato a Moutaharrik

Emerge un legame tra il presunto reclutatore svizzero-turco dell’Isis arrestato in Ticino e Abderrahim Moutaharrik, l’ex pugile marocchino che si allenava in una palestra vicino a Lugano, condannato in Italia a sei anni di reclusione per terrorismo.

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Il nome del 32enne fermato mercoledì su ordine del Ministero pubblico della Confederazione compare nelle carte dell’inchiesta che nell’aprile 2016 portò in carcere il kick-boxer.

Dipendente di un’agenzia di sicurezza privata, il giovane con doppia nazionalità è finito dietro le sbarre nell’ambito di una maxi operazione antiterrorismo condotta dalle polizie federale e cantonale.

Resta da chiarire se il presunto reclutamento di combattenti jihadisti sia legato alla sua attività professionale: era impiegato in un Centro per richiedenti asilo di Camorino, dove la Polizia federale non è intervenuta.

È assodato, invece, che le accuse a suo carico sono pesanti. L’inchiesta, ha confermato il portavoce del Ministero pubblico della Confederazione André Marty alla RSI, è in corso da qualche settimana.

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Oggetto del procedimento penale federale è anche un cittadino turco, indagato a piede libero. Entrambi frequentavano la moschea di Viganello, che mercoledì gli inquirenti hanno passato al setaccio.

Nel filone ticinese dell’inchiesta, rimane in stato d’arresto provvisorio il 36enne direttore dell’agenzia di sicurezza, che si era aggiudicata l’incarico nei due centri per richiedenti l’asilo di Camorino e Peccia. Incarico già revocato.

L’uomo non è indagato per terrorismo ma per i reati che avrebbe commesso come responsabile della società. Tra questi, i maltrattamenti inferti ad almeno un richiedente asilo minorenne a Camorino. Sotto inchiesta anche tre poliziotti. Tutti negano ogni addebito.

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