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Annus horribilis 2001: i ricordi di Leuenberger

L'ex presidente della Confederazione Moritz Leuenberger Keystone

Oltre agli attentati dell'11/9, il 2001 ha riservato avvenimenti drammatici anche per la Confederazione: l'assalto al parlamento di Zugo, l'incendio nel Gottardo, la caduta di un aereo della Crossair e il "grounding" di Swissair. Swissinfo.ch ha intervistato l'allora presidente dalla Confederazione Moritz Leuenberger.

L’ex ministro socialista dell’ambiente, dei trasporti, dell’energia e delle comunicazioni ha ricoperto la carica presidenziale in due occasioni: nel 2001 e nel 2006. La prima esperienza fu caratterizzata da tanti momenti dolorosi.

swissinfo.ch: Signor Leuenberger, nel 2001 lei era il presidente della Confederazione. Come ha vissuto quegli eventi?

Moritz Leuenberger: Per me, come presidente della Confederazione, si è trattato di una grande responsabilità politica. In occasione di ognuno dei tragici avvenimenti ho potuto capire cosa ci si aspettava da me in veste di rappresentante politico.

Ogni singola tragedia – e il loro accumularsi – ha lasciato molte persone senza parole e impotenti. Di fronte a simili situazioni, anche in una democrazia diretta come quella elvetica è richiesta la presenza simbolica del presidente della Confederazione, che esprime i sentimenti di tutta la popolazione.

swissinfo.ch: Lei ha quindi dovuto assumere il ruolo di padre consolatore?

M.L.: Può sembrare paternalistico, ma è così. Le persone provano sentimenti forti, ma hanno difficoltà a esprimerli e desiderano che qualcuno lo faccia al loro posto. Per questo motivo occorre una figura rappresentativa.

swissinfo.ch: Le è capitato di pensare che tutto fosse irreale?

M.L.: Le immagini provenienti da New York hanno effettivamente suscitato dei dubbi, sembrava si trattasse di fantascienza. E in seguito, il susseguirsi degli eventi ha fatto sì che io abbia formulato pubblicamente la domanda: «Ma tutto questo non finisce mai?». Una parte dei media mi ha criticato, giudicandomi poco professionale, ma molte persone pensavano esattamente la medesima cosa e hanno apprezzato quanto ho detto.

swissinfo.ch: Tra i vari avvenimenti drammatici, ce n’è uno che l’ha toccata in modo particolare?

M.L.: La strage di Zugo mi ha colpito moltissimo a livello personale. Ero sul luogo della tragedia e per terra giacevano i corpi insanguinati dei parlamentari; ne conoscevo alcuni. Si è trattato di un vero assalto alla nostra democrazia diretta.

swissinfo.ch: I morti di Zugo l’hanno quindi colpita maggiormente rispetto alle migliaia di vittime negli Stati Uniti?

M.L.: Credo che si tratti una reazione umana. Un evento tragico accaduto vicino a noi, in cui sono coinvolti conoscenti, ci tocca di più che una tragedia dall’altra parte dell’oceano. Non si tratta quindi di una mancanza di rispetto nei confronti dei nostri amici americani.

swissinfo.ch: Quali conseguenze ha avuto l’attentato di Zugo per la Svizzera? Ha cambiato il paese?

M.L.: Il governo cantonale ha analizzato il profilo dell’omicida e il suo movente per diminuire il rischio di simili episodi. Come conseguenza, è stata per esempio istituita la figura di un ombudsman per i cittadini insoddisfatti. Anche dal profilo della sicurezza sono state introdotte delle modifiche: parecchi cantoni e la Confederazione hanno reso più severe le regole per l’accesso a Palazzo federale.

swissinfo.ch: Per quanto concerne la Confederazione, il processo è durato molto a lungo…

M.L.: A livello di Confederazione i processi sono sempre lenti. In questo caso, sono stati necessari due anni. È inoltre interessante ricordare che la decisione non è stata unanime: in seno al governo, l’inasprimento delle misure di sicurezza è stato approvato soltanto di stretta misura. Questo dimostra che più la distanza temporale da un evento è maggiore, più viene meno il comportamento consapevole in materia di sicurezza, anche ai più alti livelli politici.

swissinfo.ch: Parliamo del “grounding” di Swissair. Anche senza vittime, si è trattato di un trauma per la Svizzera.

M.L.: È vero, ma mi urta il fatto di equiparare il fallimento di Swissair ai tragici eventi dell’autunno 2001. La vicenda di Swissair ha costituito qualcosa di completamente diverso. Inizialmente mi sono occupato del problema in modo molto più distaccato: ritenevo che la Confederazione non dovesse prendere la compagnia aerea sotto la sua ala protettiva.

Al momento del “grounding” ho però cambiato opinione. Ho infatti realizzato che il fallimento di Swissair avrebbe comportato la perdita di impieghi, anche in seno alle aziende fornitrici. Spesso la realtà ci apre gli occhi e spazza via le nostre convinzioni ideologiche.

swissinfo.ch: In seguito ci sono ancora verificati l’incendio nella galleria del Gottardo e la caduta dell’aereo di Crossair a Bassersdorf. Questi eventi erano inoltre nella sua sfera di competenza anche come capodipartimento. Cosa le passava per la testa in quei momenti?

M.L.: Per quanto concerne il Gottardo, si è trattato di un rischio che tutti noi ci eravamo assunti e che continuiamo ad assumerci. Dobbiamo dirlo chiaramente, senza giri di parole. D’altronde, le conseguenze di un simile evento erano state più volte simulate: le squadre di soccorso hanno agito molto efficacemente poiché erano pronte a questa eventualità.

Anche l’incidente aereo di Crossair fa parte del rischio di questo tipo di mobilità. Pure in quell’occasione furono commessi errori, nonostante le assoluzioni in tribunale. Non voglio esprimere giudizi, ma restano tuttora tali le perplessità in merito alla scelta dei piloti.

swissinfo.ch: Gli incidenti sono parte integrante di una società che si assume dei rischi. Ritiene che esistano dei collegamenti tra i diversi eventi?

M.L.: Mi sono chiesto in passato se non vi fosse una correlazione tra gli attentati dell’11 settembre e la strage di Zugo. Forse, le immagini – ritrasmesse in continuazione – delle torri e delle persone che si gettano dalle finestre hanno fatto scoccare la scintilla in persona già malata come l’attentatore di Zugo. L’uomo in questione era infatti un sostenitore frustrato dei diritti politici.

Non ho però ceduto alla tentazione di fare un collegamento con la politica aggressiva di un partito populista: sarebbe stato troppo semplicistico. Ciononostante, non dobbiamo farci scrupoli a riflettere su questo aspetto, tanto più che il recente attentato in Norvegia – dove la discussione è in corso – ha rammentato quanto successo a Zugo.

swissinfo.ch: Si ripete spesso che le tragedie rendono più unita la società. Ha potuto constatare questo fenomeno?

M.L.: Indubbiamente – specialmente nel caso di Zugo. Ho in particolare visto questa risolutezza quando ho visitato i sopravvissuti al dramma. La volontà di farsi forza a vicenda era però presente in tutta la Svizzera.

swissinfo.ch: In quell’anno lei ha dovuto tenere diverse orazioni funebri. Quanto è stato difficile trovare le parole giuste?

M.L.: I discorsi di questo genere devono essere preparati con cura. Non si può semplicemente lasciar parlare i sentimenti, dando libero sfogo alle emozioni. Per esempio, quando mi sono recato a Zugo subito dopo l’attentato ho discusso e chiesto consiglio a un amico psichiatra. L’empatia da sola non è sufficiente.

swissinfo.ch: Gli eventi tragici di vario genere continuano a segnare il mondo anche 10 anni dopo. Basti pensare allo tsnumani, alle persone uccise nel Maghreb, alla carestia in Africa. Molte persone non vogliono nemmeno più ascoltare i notiziari, oppure tentano di ignorare queste situazione. Quale è la sua opinione?

M.L.: È necessario fare una distinzione tra le persone che si posizionano rispetto a questi fatti come potenziali vittime, e chi deve agire in qualità di responsabile politico. Chi vuole vivere felicemente non può continuamente pensare a una catastrofe, altrimenti impazzisce. Capisco quindi le persone che, dopo essersi sentite toccate da tali eventi, in un secondo tempo se ne distanziano.

Il discorso è però diverso per i politici responsabili: essi devono occuparsi delle conseguenze di quanto accaduto e agire. Un esempio in tal senso è quello menzionato prima, relativo al dispositivo di sicurezza a Palazzo federale. I politici non possono minimizzare i rischi, devono invece eliminarli sistematicamente.

Moritz Leuenberger è orginario di Rohrbach (Berna). È nato a Bienne nel 1946. Suo padre era un pastore protestante.

Ha cominciato ad interessarsi di politica sull’onda del ’68, mentre studiava diritto all’università di Zurigo.

1974-1983: consigliere comunale di Zurigo.

1979-1995: consigliere nazionale.

1991-1995: membro del governo cantonale di Zurigo, responsabile del Dipartimento degli interni e della giustizia

1995-2010: consigliere federale, capo del dipartimento dell’ambiente, dei trasporti, dell’energia e delle comunicazioni (fino al 31 ottobre).

Moritz Leuenberger ha rivestito anche la carica di presidente della Confederazione nel 2001 e nel 2006.

traduzione e adattamento: Andrea Clementi

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