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Il funambolismo della Svizzera tra Occidente e Russia

Stretta di mano tra il ministro degli esteri russo Sergei Lavrov (a sinistra) e il presidente della Confederazione Didier Burkhalter. Keystone

Mentre all’orizzonte si profila un’annessione della Crimea alla Russia, la Svizzera approfitta delle sue buone relazioni con la Russia per tentare di imporre l’OSCE quale mediatrice tra Mosca e le capitali europee. Un esercizio che sa tanto di funambolismo.

Come conciliare l’eccellenza delle relazioni diplomatiche tra Russia e Svizzera e la presidenza elvetica dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE), in un momento in cui la crisi ucraina si accentua a causa di un referendum in Crimea sull’annessione della penisola ucraina alla Russia?

Quest’equazione dalle numerose incognite è sul tavolo di Didier Burkhalter, quest’anno presidente sia della Confederazione sia dell’OSCE, un’organizzazione che tenta di giocare il suo ruolo pacificatore nella più grave crisi del continente europeo dopo lo sgretolamento dell’ex Jugoslavia a inizio anni Novanta.

Le ultime prese di posizione del responsabile del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) sul referendum in Crimea illustrano l’esercizio di funambolismo in cui deve cimentarsi la diplomazia svizzera.

Interrogato sulla legittimità dello scrutinio del 16 marzo, il DFAE rimanda alla dichiarazione rilasciata a inizio settimana da Didier Burkhalter in qualità di presidente dell’OSCE: «Nella sua forma attuale, il referendum sulla Crimea non è conforme alla Costituzione ucraina e dev’essere considerato illegale».

Jacqueline Fehr, parlamentare socialista

Non dobbiamo festeggiare la nostra amicizia con dirigenti che hanno intenzioni belliche

Non si tratta quindi della posizione di Berna. In quanto presidente dell’OSCE, Didier Burkhalter non deve infatti difendere gli interessi della Svizzera, ma servire al meglio l’organizzazione.

Alla domanda se la Confederazione intende, come altri paesi occidentali, adottare sanzioni nei confronti della Russia per la crisi in Crimea, il DFAE risponde con molta prudenza. «La Svizzera segue con attenzione la situazione in Ucraina e Crimea. La competenza per l’attuazione di sanzioni incombe al Consiglio federale».

Il Cremlino ha criticato la posizione espressa da Didier Burkhalter, rammaricandosi che la presidenza svizzera abbia «passato sotto silenzio la questione della legalità del colpo di Stato in Ucraina, dell’attuale regime a Kiev e degli atti commessi da quest’ultimo».

Interrogata da swissinfo.ch, venerdì l’ambasciata russa a Berna ha definito «arbitrario» l’argomento della non conformità del referendum sulla Crimea con la Costituzione ucraina. La rappresentanza diplomatica ha sottolineato che questa tesi non è stata applica al caso del Kosovo, la cui dichiarazione unilaterale di indipendenza nei confronti della Serbia non era stata giudicata illegale dalla Corte internazionale di giustizia.

Viaggio controverso

Anche in Svizzera la relazione con Mosca suscita discussioni, in particolare dopo che Didier Burkhalter ha annunciato la sua intenzione di andare in Russia in primavera per celebrare i 200 anni di relazioni diplomatiche tra Berna e Mosca. La Svizzera affronterà, tra le varie cose, anche il tema della crisi in Ucraina e in Crimea, precisa il DFAE.

Quest’argomento dovrebbe placare le critiche suscitate dal viaggio. Per la parlamentare zurighese del Partito socialista Jacqueline Fehr, la visita è comunque fuori luogo. «Non dobbiamo festeggiare la nostra amicizia con dirigenti che hanno intenzioni belliche», ha dichiarato al settimanale NZZ am Sonntag.

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La Commissione di politica estera del Consiglio nazionale (Camera del Popolo) solleverà la questione durante la sua prossima sessione, a fine marzo. Il socialista ginevrino Carlo Sommaruga, presidente della commissione, ha detto alla Tribune de Genève che «dobbiamo riservarci il diritto di annullare questo viaggio in funzione degli eventi. È escluso che la Svizzera si rechi in visita di Stato se la Russia dovesse rendersi colpevole di soprusi in Crimea e violare i diritti umani e delle minoranze».

Profondo conoscitore della Russia, il giornalista Eric Hoesli non condivide l’opinione dei parlamentari più critici. «Cosa bisogna privilegiare in materia di politica estera? Le considerazioni interne oppure la visione globale? Didier Burkhalter ha mostrato di prendere sul serio il suo mandato alla testa dell’OSCE. Un impegno che dà fastidio ad alcune persone. Ma se l’OSCE non tenta di svolgere il suo ruolo in favore della pace e della stabilità in Europa, chi altro può farlo?», s’interroga Eric Hoesli.

Le ragioni di un’intesa cordiale

Una cosa è certa. La simpatia di cui beneficia la Svizzera presso il regime del presidente Putin rischia di essere messa a dura prova se la crisi ucraina dovesse accentuarsi. Una simpatia che non ha cessato di crescere in questi ultimi anni, come testimonia la consegna, lo scorso 3 marzo a Ginevra, dell’Ordine dell’Amicizia all’ex responsabile della diplomazia svizzera, Micheline Calmy-Rey, da parte di Sergei Lavrov, ministro russo degli affari esteri.

«È dovuto al ruolo che ho svolto nella mediazione tra Armenia e Turchia e alla mediazione che ho condotto tra Russia e Georgia, che bloccava l’entrata della Russia all’OMC», spiega a swissinfo.ch Micheline Calmy-Rey, nel governo elvetico dal 2003 al 2011.

Come ricorda l’ex ministra, questo lavoro di mediazione è stato facilitato dalla decisione strategica del Consiglio federale del 18 maggio 2005 di aprire le relazioni bilaterali della Svizzera sul mondo e di concludere protocolli d’intesa (Memorandum of understanding) con i principali partner della Confederazione al di fuori dell’Europa. Tra questi vi sono gli Stati Uniti e le potenze emergenti quali Russia, Sudafrica o Cina.

Eric Hoesli, giornalista

Didier Burkhalter ha mostrato di prendere sul serio il suo mandato alla testa dell’OSCE. Un impegno che dà fastidio ad alcune persone.

Eric Hoesli spiega che la scelta della Svizzera di intrattenere relazioni privilegiate con la Russia si è rivelata azzeccata anche perché altre forze occidentali – Unione europea e Stati Uniti – non hanno affatto tenuto conto degli interessi della Russia dopo la caduta dell’impero sovietico, favorendo così l’emergenza di un leader nazionalista come Vladimir Putin.

«Dopo la mediazione tra Russia e Georgia sono stati creati dei legami e sono nate relazioni personali tra diplomatici russi e svizzeri», aggiunge il giornalista, prima di rammentare che la Svizzera ha ottenuto in cambio la possibilità di partecipare ai lavori del G20, quando alla presidenza del gruppo vi era appunto la Russia. Una partecipazione capitale per difendere la piazza finanziaria elvetica.

Attenersi alla neutralità

Per mantenere questa buona intesa tra i due paesi e superare la crisi aperta dall’occupazione russa della Crimea, la Svizzera deve rispettare nel modo più assoluto la sua neutralità. È l’opinione dello scrittore francese Georges Nivat, professore all’Università di Ginevra e membro dell’Accademia delle scienze di San Pietroburgo e dell’Accademia Mohyl a Kiev, per il quale bisogna preservare questa opportunità nel caso in cui la violenza tra i due paesi fratelli dovesse aumentare.

«Quando tutti i governi condannano, bisogna che la Svizzera si allinei oppure che scelga il riserbo per poter mantenere il suo ruolo di mediatore? La Svizzera non deve seguire la posizione dell’Ue, come fa spesso, siccome non ne fa parte», insiste Georges Nivat.

Ciò non toglie che la Russia è sotto il dominio di un regime sempre più autoritario che imprigiona i suoi oppositori, uccide i giornalisti troppo curiosi e tiene sotto controllo i media, rammenta Thérèse Obrecht, presidente della sezione svizzera di Reporter senza Frontiere ed ex corrispondente da Mosca.

Politica autoritaria

Come conciliare questa innegabile realtà e il mantenimento di buone relazioni con la Russia di Putin? Georges Nivet auspica un approccio prudente. «Il governo di Putin rimane popolare siccome il livello di vita è elevato. È capace di far vibrare lo spirito patriottico, anche se un’altra Russia protesta. Invece di tentare di qualificare il regime, la Svizzera farebbe meglio ad attenersi alle violazioni effettive dei diritti umani».

Ed è proprio ciò che i responsabili svizzeri fanno, o dicono di fare, quando discutono del problema durante i loro scambi con gli omologhi russi o quando intervengono pubblicamente nel quadro del Consiglio dei diritti umani dell’ONU.

Un atteggiamento che continua a sostenere Micheline Calmy-Rey, anche se non è più in carica. Ma per qualcuno che ha difeso con molto ardore la causa dei diritti umani, il fatto di ricevere un’onorificenza da parte di un governo autoritario non rappresenta un problema?. «Non ho mai celato le mie opinioni concernenti i diritti umani, incluso con i miei interlocutori russi. È l’unica risposta che vi darò».

Arrivato in Svizzera a inizio gennaio dopo essere stato graziato da Vladimir Putin, l’ex magante e oppositore russo intende stabilirsi a Rapperswil-Jona (canton San Gallo), una località sulle rive del lago di Zurigo.

Liberato nel dicembre 2013 dopo dieci anni di prigione, Mikhail Khodorkovsky ha presentato una domanda di autorizzazione di soggiorno presso le autorità del cantone svizzero tedesco, dove intende vivere in modo permanente con la famiglia.

Mikhail Khodorkovsky, un tempo l’uomo più ricco della Russia e avversario del presidente Putin, è stato condannato nel 2005 per frode fiscale.

Un altro russo celebre, l’uomo d’affari Viktor Vekselberg, considerato il più ricco del suo paese, risiede da diversi anni nella regione zurighese.

Come sottolinea l’esperto di Russia Eric Hoesli, Mikhail Khodorkovsky potrebbe diventare un personaggio scomodo per Berna e per Mosca, nel caso dovesse riprendere la sua attività di oppositore a Putin.

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