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Ancora insoddisfacente la situazione nel Darfur

Fuori dai campi profughi, la popolazione del Darfur si sente insicura Keystone

Nonostante i progressi nell'accesso ai campi profughi, la regione sudanese del Darfur, scossa dalla guerra civile, resta poco sicura: lo afferma una delegazione svizzera di ritorno dal Sudan.

Per la delegazione, che ha visitato i campi profughi sul confine con il Ciad e ha incontrato ministri del governo di Khartoum, rimane ancora molto da fare.

«Non si può accettare una tale situazione umanitaria», afferma Hansjürg Ambühl, capo della divisione Africa dell’Aiuto umanitario svizzero.

«È questione di responsabilità del governo sudanese, dei ribelli e della comunità internazionale, che devono trovare al più presto una soluzione politica», ha dichiarato Ambühl a swissinfo.

Scopo della visita di quattro giorni era di verificare la situazione e di portare avanti il dialogo con il governo sudanese.

Non bastano soltanto gli aiuti umanitari

Nel mese di giugno, la ministra svizzera degli esteri, Micheline Calmy-Rey, si era recata in visita nel Sudan, affermando che non bastano gli aiuti umanitari, per porre fine al conflitto tra i ribelli e le milizie appoggiate dal governo.

La delegazione svizzera ha visitato alcuni campi profughi nei pressi del centro rurale di Al Geneina, a una trentina di chilometri dal confine con il Ciad, dove sono rifugiate 40’000 persone.

La missione ha pure verificato gli interventi delle organizzazione non governative svizzere, attive nella regione da sei mesi.

«Sul piano dell’assistenza, la situazione è molto migliorata dopo la nostra ultima visita», ha detto Ambühl, «ma nei campi ci sono ancora moltissime persone che non hanno alcuna prospettiva di tornare ai loro villaggi».

Ed ha aggiunto di essere molto preoccupato per le condizioni di sicurezza all’interno dei campi, dato che in sostanza non è cambiato nulla.

Mancanza di fiducia

«Il governo ha dispiegato forze di sicurezza nei villaggi, ma i profughi non si fidano di loro e non si azzardano ad uscire dai campi», sostiene Ambühl.

«Non vogliono uscire perché hanno paura di essere attaccati dai miliziani janjawid», spiega lo specialista di aiuto umanitario, «e quindi nei campi la situazione rimane fondamentalmente invariata».

Aiuto umanitario svizzero

Attualmente una dozzina di esperti svizzeri si trovano nella regione del Darfur e nel Ciad, dove collaborano con organizzazioni dell’ONU e del CICR.

Per quest’anno, la Svizzera ha promesso una decina di milioni di franchi per l’assistenza umanitaria nella regione.

«I fondi saranno incanalati via organizzazioni internazionali e attraverso quelle organizzazioni non governative svizzere che abbiamo visitato», ha dichiarato Ambühl.

«Inoltre invieremo ancora, sia nel Darfur che nel Ciad, esperti dell’Aiuto umanitario svizzero, specialisti di idrologia e impianti sanitari, salute e logistica.»

Dal febbraio del 2003, il Darfur è devastato da una guerra civile che oppone movimenti ribelli e milizie arabe filo-governative.

Secondo fonti dell’ONU, gli scontri hanno fatto almeno 50’000 morti e oltre un milione di profughi, provocando quella che le Nazioni Unite hanno descritto come la più grande crisi umanitaria del mondo.

swissinfo, Robert Brookes
(traduzione dall’inglese: Fabio Mariani)

Una delegazione svizzera di rientro dal Sudan ha definito inaccettabile la situazione umanitaria nel Darfur.

Sebbene l’accesso ai campi profughi sia migliorato, le condizioni di sicurezza rimangono insoddisfacenti e i rifugiati non osano uscire per paura delle milizie arabe.

Per quest’anno, la Svizzera ha promesso 10 milioni di franchi di aiuti umanitari per la regione.

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