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“Greta fa muovere le cose come nessuno ha mai fatto”

In Svizzera come altrove, anche dei politici che fino a poco tempo fa non volevano sentir parlare di riscaldamento climatico chiedono ora una riduzione delle emissioni. Una svolta favorita dal movimento giovanile per il clima. Ma la politica sta facendo il necessario per limitare l'aumento della temperatura? Un esperto sul clima del WWF ne dubita.

La Camera dei Cantoni (camera alta) non è nota per il suo impegno in materia di politica climatica. Nel quadro della revisione della legge sul CO2, dibattuta attualmente in parlamento, ha però adottato delle misure che vanno chiaramente oltre a quelle formulate dal governo quando il nome di Greta Thunberg non era ancora sulla bocca di tutti.

Da tempo, le questioni climatiche sono tra i dossier principali del WWFCollegamento esterno. Patrick Hofstetter, esperto sul clima dell’organizzazione ambientalista, analizza quest’evoluzione in parlamento.

swissinfo.ch: La questione del CO2 è attualmente al centro del dibattito pubblico. Le grandi associazioni ambientaliste quali il WWF e Greenpeace parlano del problema da decenni, ma è stata una sedicenne a far smuovere la politica. Non è frustrante?

Patrick Hofstetter: No, ne siamo molto contenti. Questo ci aiuta nel nostro lavoro a livello politico. È esattamente la piccola cosa che mancava.

“Con Greta stiamo facendo un nuovo balzo in avanti”

Una piccola cosa però decisiva. Finora, non sono stati fatti molti passi in avanti in materia di riduzione delle emissioni…

La storia non è lineare. Ci sono continuamente dei balzi. Nel 2007 ce n’è stato uno con il film di Al Gore e il rapporto di Sir Nicholas SternCollegamento esterno, che ha dimostrato che il danno economico del cambiamento climatico è maggiore del costo per evitarlo.

Ora stiamo facendo un nuovo balzo in avanti.

Greta Thunberg rimprovera ai politici di tutto il mondo di fare poco per fermare la catastrofe. Molti politici sembrano crederle e promettono di aiutare a spegnere l’incendio. Perché in passato non credevano al WWF e a Greenpeace?

Perlomeno ascoltano Greta Thunberg con attenzione poiché con il suo fare autentico e diretto riesce a mobilitare soprattutto i suoi coetanei. Lo fa in un modo che noi non siamo mai riusciti a fare.

A far muovere il mondo politico è però la constatazione che una gran parte della popolazione ha ora ha capito cosa ci sia veramente in gioco. È una reazione classica: si può rimanere al potere solo se si è sostenuti dalla popolazione. E con la democrazia diretta in Svizzera, questo accade immediatamente.

Altri sviluppi

Anche i politici svizzeri vogliono contribuire alla lotta contro il riscaldamento climatico. In questi giorni, la camera alta del parlamento ha affrontato la nuova legge sul CO2. Con le misure proposte, la Svizzera partecipa in modo sufficiente agli sforzi necessari a livello mondiale?

Ciò che viene proposto ora è un po’ meglio e a più lungo termine di quanto formulato dal Consiglio federale prima del movimento giovanile. Manca però coerenza nell’attuazione, a tutti i livelli.

Quanto avanzato rappresenta soltanto circa la metà delle ambizioni necessarie per rispettare l’accordo sul clima. Potremo forse ridurre le emissioni di circa il 2% all’anno, quando però è necessario un calo del 4%.

Secondo l’Ufficio federale dell’ambiente, la popolazione svizzera emette ogni anno 4,5 tonnellate di CO2 pro capite. Queste sono però solo le emissioni in Svizzera, a cui andrebbero aggiunte anche quelle molto più importanti generate all’estero. Ad esempio, attraverso i viaggi e le importazioni. Ma nel dibattito politico, questo secondo aspetto è quasi assente. Perché?

Ci sono membri della commissione che sono coscienti di questo problema. Una consapevolezza che traspare in tre punti del disegno di legge. In primo luogo, si parla chiaramente di un terzo obiettivo climatico, poco menzionato nel dibattito pubblico, che consiste nel ridurre queste emissioni grigie della Svizzera all’estero, pari a circa 70 milioni di tonnellate di CO2 all’anno. Queste riduzioni non sono contabilizzate negli obiettivi che la Svizzera si è impegnata a raggiungere.

Secondariamente, vanno adottate delle misure per ridurre le emissioni nella catena del valore delle aziende svizzere. Tali misure vanno attuate con i soldi degli importatori di carburanti, i quali sono obbligati a sostenere dei progetti per la protezione del clima. Anche questo contribuirà a ridurre le emissioni grigie.

In terzo luogo, c’è la tassa sui biglietti aerei che da un lato riduce direttamente le emissioni all’estero e dall’altro genera introiti che consentono una riduzione su vasta scala delle emissioni grigie.

È opportuno che i Paesi ricchi non siano ritenuti responsabili delle emissioni di CO2 che generano all’estero?

No, non è una soluzione efficace perché molti di questi beni sono prodotti in Paesi governati male e dai salari molto bassi. Questi Paesi non sono in grado di emanare e far rispettare le leggi ambientali più elementari.

Che cosa sarebbe più efficace?

Il modo più semplice e diretto per ridurre il ricorso alle energie fossili sarebbe di imporre degli obblighi alle multinazionali che hanno strutture all’estero. Occorre un’interazione tra la sovranità nazionale e questi attori economici.

E come convincere le imprese a farlo?

Ad esempio, prevedendo degli incentivi nella legge sul CO2 affinché le multinazionali riducano le emissioni di gas a effetto serra nella loro catena del valore.

Una misura che tiene conto del principio di causalità è la cosiddetta tassa di incentivazione. In Svizzera, una tassa di questo tipo viene applicata con successo da diversi anni ai combustibili (olio da riscaldamento e gas). Per la benzina e il diesel, invece, non esiste una tassa di incentivazione. Perché?

Gli importatori di carburanti sono riusciti a persuadere i politici con un’alternativa. Questi ultimi sono stati convinti facilmente, dato che i rincari della benzina sono alquanto malvisti.

Va tuttavia sottolineato che i prezzi dei carburanti in Svizzera sono allo stesso livello di quelli nei Paesi vicini. Ci si chiede quindi se invece del litro di benzina non si dovrebbe tassare i chilometri percorsi. Ciò sarebbe in linea con il principio di causalità.

Ma questo aspetto non viene menzionato nel dibattito in corso…

Questo problema deve essere affrontato con urgenza nella prossima legislatura, in modo che possa essere introdotto, speriamo, entro cinque anni.

Tale cambiamento di sistema è necessario anche per ragioni finanziarie. Se la mobilità elettrica continua ad aumentare, la manutenzione dell’infrastruttura non potrà più essere finanziata soltanto con le tasse applicate alla benzina e al diesel.

Una tassa sui chilometri percorsi è tra le priorità delle associazioni ambientaliste?

Se si vuole spingere la gente a riflettere sulla necessità di spostarsi da un punto A a un punto B, e con quale mezzo, allora sì, questa misura è assolutamente necessaria.

Traduzione dal tedesco di Luigi Jorio

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