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Alptransit, sarà vera rivoluzione?

Al sociologo Sandro Cattacin chiediamo un confronto con le grandi opere del passato, come Suez, Panama, Tunnel della Manica

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Spostarsi, muoversi, viaggiare. Sempre più velocemente, anche grazie a opere rivoluzionarie.

Come nell’era coloniale. Con il Canale di Suez, che dal 1870, avvicina l’Europa all’Oriente. O il Canale di Panama, che dal 1914 unisce due Oceani. Fino alla storia recente, con il Tunnel della Manica, che dal 1994 collega il Regno Unito all’Europa continentale.

Al sociologo Sandro Cattacin chiediamo se Alptransit, che avvicina il Nord e il Sud dell’Europa, costituisca una rivoluzione nella mobilità paragonabile alle opere del passato.

“Sì e no”, dice. “Sì, sicuramente per il fatto che erano costruite per il periodo coloniale per far sì che si possano vendere i prodotti europei nel resto del mondo. Prodotti del colonizzatore. Qui le merci comunicano sempre e ancora però non c’è più una direzione chiara. È tutto unito all’interno di un contesto democratico. Questo cambia fondamentalmente. Mentre nel colonialismo i passaggi, i trafori erano per meglio gestire la popolazione, anche sottometterla. Oggi trasmette democrazia, trasmette un modo di vivere nella società nella quale siamo tutti collegati.”

Alptransit diventa così parte di un piano europeo che promuove una società più connessa. L’alta velocità s’inserisce però in un’Europa che parla anche di muri e di chiusura. Mobilità sì, dunque, ma non per tutti?

“Si pensa che la mobilità non sia per tutti, ma in realtà abbiamo due globalizzazioni in atto: la globalizzazione dall’alto, dove l’élite circola nel mondo intero, dove i modi finanziari circolano, dove le merci circolano. E c’è una globalizzazione dal basso.”

Due modelli contrapposti, all’apparenza incompatibili. Eppure sono una realtà.

“Sono comprensibili. La mobilità totale dell’Europa e anche del resto del mondo, è la realtà con la quale viviamo e che ci porta ricchezza.”

Mobilità, come parte integrante della storia dell’umanità. Che, finora, non si è mai fermata, ma sempre trasformata. Con il passsaggio dei secoli. Con l’arrivo di nuove, grandi, infrastruttre.

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