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Il caviale italiano amato dai russi

Il caviale, tra i prodotti di lusso che accompagnano il periodo delle Feste, è tradizionalmente associato ai paesi che si affacciano sul Mar Caspio. Ma sempre più spesso anche all’Italia, il maggior produttore di caviale da allevamento in Europa. La Lombardia, da sola, regge un quarto del consumo mondiale.

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Da quando il commercio del caviale selvaggio è stato vietato, Russia e Iran hanno perso il monopolio di un mercato miliardario.

“L’Italia è diventata negli ultimi 10 anni il più grande produttore in Europa e tra i primi al mondo, si producono 42 mila chili di caviale di storione all’anno”, precisa Lelio Mandella, direttore generale di Agroittica Lombarda Calvisano, sessanta ettari di vasche avvolte dalla nebbia. “Esportiamo il 90%. I maggiori acquirenti sono Stati Uniti, Francia e, paradossalmente, la Russia”.

Un traguardo ottenuto dall’intuito, trent’anni fa, di investire nell’allevamento di storioni. La tecnologia e la ricerca hanno poi fatto del caviale italiano un prodotto ambito, di qualità e alta gamma.

“Il beluga è il caviale più caro”, spiega Mandella, “per la semplice ragione che è un pesce che ci mette quasi 20 anni a fare le uova”.

Il ciclo di produzione dura un minimo di 8 anni, in alcune specie 14, fino ai 20 del beluga, appunto, di cui un chilo può arrivare a costare 12 mila euro.

Il caviale italiano è dunque un successo, con qualche inquietudine procurata dalla Cina: “Sta esportando nel mondo sempre più caviale, che però è prodotto secondo standard cinesi, con controlli e tecnologie produttive che non conosciamo”.

Ma come si riconosce quello buono? Risponde Tommaso Scanzio, dell’Azienda agricola Pisani Dossi: “Guardiamo prima di tutto la disposizione delle uova, che devono essere scevre da qualsiasi forma di liquido o impurità, e la lucentezza delle stesse. Quando lo assaggiamo, dobbiamo sentire una certa consistenza: schiaccando la lingua sul palato, si deve avvertire una sorta di clic dell’uovo che si rompe”.

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