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Isolino Virginia, uno scrigno di memoria

Un luogo storico pressoché incontaminato, un triangolo di terra sul lago di Varese che racconta le nostre origini. L'isolino Virginia custodisce alcuni reperti di uno dei più antichi insediamenti palafitticoli europei. Dal 2011, è nella lista dei siti palafitticoli preistorici dell'arco alpino del Patrimonio mondiale riconosciuto dall'UNESCO. 

Questo verde lembo di terra di 9’200 metri quadrati -che si stacca di pochi metri dalla riva del Comune di Biandronno, da cui è facilmente raggiungibile in barca- è stato abitato dal primo Neolitico (VI millennio a.C.) fino alla fine dell’età del Bronzo (X secolo a.C.). 

Un lunghissimo periodo nel quale una comunità agli albori della civiltà, per poter far fronte ai mutamenti delle acque del lago, ha costruito abitazioni in legno innalzate dal terreno e dovuto spesso adattare o spostare le proprie dimore, occupando di volta in volta luoghi diversi dell’isolotto. Gli abitanti sopravvivevano grazie alla caccia e all’agricoltura e la loro presenza si riconosce dai resti che le acque del lago, i sedimenti e la vegetazione hanno conservato per millenni. 

Gli scavi, iniziati nella seconda metà dell’Ottocento, sono proseguiti a più riprese fino ai nostri giorni e hanno riportato alla luce reperti e stratificazioni di piattaforme lignee sulle quali venivano innalzate case a pianta rettangolare. La terra ha restituito manufatti in quarzo, lamine in selce e ossidiana, cuspidi di freccia. Le indagini più recenti hanno fatto emergere una porzione di “pavimentazione” risalente, secondo gli studi, al 4840-4710 a.C.

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Le qualità di quest’area territoriale e soprattutto le condizioni ambientali particolarmente favorevoli devono aver attirato quelle comunità preistoriche, ma, misteriosamente, la storia si interrompe attorno alla metà del X secolo a. C. L’area viene abbandonata, registrando nel corso dei secoli pochissimi segni di insediamenti. Bisogna fare un lungo viaggio in avanti nel tempo per ritrovarla in un codice del XIII secolo dedicata a S. Nazario e poi definita come Isola di S. Biagio nel XVI secolo, così chiamata per la presenza di una piccola chiesa consacrata al santo e meta di processioni. 

Alla fine del XVIII secolo è di proprietà del nobile Innocente Besozzi, che la battezza “Camilla” in omaggio alla moglie. Viene acquistata poi tra la fine del ‘700 e l’inizio dell”800 dal duca Pompeo Litta che la arricchisce di pini, frassini, abeti e pioppi. Circa cinquant’anni dopo la proprietà passa al facoltoso industriale tessile varesino Andrea Ponti. Anch’egli ribattezza il posto in onore di sua moglie chiamandolo “Virginia” e fa eseguire le prime ricerche che portano alla realizzazione del Museo preistorico che ancora oggi è visitabile sull’isola. 

Dal 1962, la proprietà dell’isola è passata definitivamente al Comune di Varese. Gli studi però non sono finiti. L’area continua a restituire nuovi reperti e nuove storie sulla vita dei suoi antichissimi abitanti. Nuove campagne di scavo, anche subacquee, sono in programma nei prossimi mesi. L’isolino e il suo museo (i cui reperti sono anche confluiti nel Museo Civico Archeologico di Varese) sono visitabili da aprile ad ottobre durante i fine settimana e nei giorni festivi.

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