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Alice Ceresa: tra neoavanguardia e femminismo

Alice Ceresa nel suo appartamento romano, anni '50. Archivio svizzero di letteratura

Ristampate le opere di Alice Ceresa, la scrittrice svizzera-italiana più sperimentale. In Italia, il suo primo romanzo è ancora un classico del femminismo.

È l’occasione per rileggere un’autrice non prolifica – due romanzi, qualche racconto – ma dallo stile inconfondibile.

«Nata già emigrata», così si definiva, non senza ironia, Alice Ceresa, una delle autrici svizzere di lingua italiana più importanti. Di origini ticinesi, era nata a Basilea per «la mania svizzera-italiana della migrazione familiare».

Un termine al suo migrare Alice Ceresa lo mette a Roma, dove arriva nel Secondo dopoguerra come corrispondente culturale di un settimanale zurighese. Nella città eterna passerà il resto dei suoi giorni.

Alice Ceresa ha lasciato qualche racconto e due romanzi: La figlia prodiga, apparso nel 1967, e Bambine, del 1990. A tre anni dalla sua morte, la Tartaruga edizioni ha deciso di ripubblicare in un unico volume i due romanzi e il racconto La morte del padre (1979).

Tra questione femminile e sperimentalismo

I tre testi sono una variazione sul tema-ossessione della Ceresa, la questione femminile, e più precisamente «quel momento particolare in cui una donna, una bambina, si rende conto di essere “diversa”». Per la Ceresa, «lo sgomento di non potersi considerare un essere umano a pieno titolo è un’esperienza tremenda che andrebbe analizzata».

Ed è proprio l’analisi minuziosa di quest’esperienza che Alice Ceresa ha perseguito in tutti i suoi scritti. Lo ha fatto adottando uno stile distante, quasi asettico. Il suo sperimentalismo l’ha portata lontano dal tradizionale lirismo italiano, eppure le sue frasi, apparentemente così neutrali, riescono ad essere dolorosamente crudeli.

Quello che per altri autori potrebbe essere un limite – la monotematicità – diventa il punto forte di un’autrice che ha saputo coniugarlo ad una ricerca stilistica originale. «Oggi», afferma Pietro De Marchi, poeta e docente di letteratura italiana alle università di Zurigo e Neuchâtel, «ci sono scrittori che, spinti dal mondo impazzito dell’editoria, inseguono il successo adeguandosi alle mode. Alice Ceresa è uno degli esempi più nobili di autore che ha sempre scritto quello che voleva scrivere».

«Ma al di là della questione femminile», continua De Marchi, «ciò che la rende interessante è la sua sperimentazione narrativa e linguistica. Penso soprattutto alla Figlia prodiga, ma anche a Bambine. Sono libri originali. Tu li apri e ti dici “questa è Alice Ceresa”. Forse è l’elogio più alto che si possa fare ad una scrittrice o ad uno scrittore, riconoscerli per quello che scrivono e per come scrivono».

Da Roma alla Svizzera

Pur vivendo a Roma, Alice Ceresa non ha mai perso i contatti con la Svizzera, in particolare con Cama, nei Grigioni, villaggio natale della nonna paterna. Il suo ultimo libro, Bambine, è stato tradotto in tedesco e francese ed ha contribuito a far conoscere l’autrice ai suoi connazionali.

Le sue carte sono depositate alla Bibliteca nazionale di Berna, più precisamente all’Archivio svizzero di letteratura (ASL), dove sono arrivate nel 2003.

«I materiali da inventariare sono complessi», spiega Annetta Ganzoni, curatrice del fondo Ceresa all’ASL, «Lei diceva di sé: “Scrivo da sempre, ho pubblicato poco”. Ci sono molti inediti, testi che ha elaborato fino ad un certo punto e che poi ha lasciato perdere, come il Piccolo dizionario dell’ineguaglianza femminile».

Arpire i cassetti con gli scritti di una vita

Anche se per stessa volontà della Ceresa, i materiali inediti dovranno rimanere tali – almeno in linea di massima – il fatto di poterli consultare e studiare è già un primo passo per contribuire a far conoscere meglio un’autrice dal profilo particolare.

«La Svizzera italiana è piccola» commenta Annetta Ganzoni, «non ci sono molti scrittori. Tra questi, Alice Ceresa è certo una di quelli di spicco e ora la si sta riscoprendo». La riscoperta passa anche per la raccolta di tutto il materiale audiovisivo che la riguarda, un compito al quale si sta dedicando la fondazione Memoriav (Associazione per la salvaguardia della memoria audiovisiva svizzera).

Si tratta di documenti che completeranno in modo ideale il fondo Ceresa, un fondo che raccoglie abbozzi, inediti, fotografie, lettere e altro ancora di una paladina dell’avanguardia in stretto contatto con autori importanti del suo tempo. «Aveva presentato le sue opere a Simone de Beauvoir e a Jean Cocteau. Nel suo carteggio ci sono nomi come Vittorini, Calvino, Morante…», conclude Annetta Ganzoni.

swissinfo, Doris Lucini

Il 27 gennaio, l’Università di Zurigo ricorda Alice Ceresa con una serata intitolata “Alice nel paese delle letterature”.
Interventi della professoressa Tatiana Crivelli, della critica letteraria Alice Vollenweider, di Patrizia Zappa Mulas (curatrice dell’ultima edizione delle opere di Alice Ceresa) e di Annetta Ganzoni (curatrice del fondo Ceresa).

Alice Ceresa nasce nel 1923 a Basilea, da una famiglia originaria della Svizzera italiana. Dopo essere stata corrispondente culturale dall’Italia per la Weltwoche, nel 1950 si trasferisce definitivamente a Roma.

Ha collaborato a varie riviste e ha aderito agli esperimenti neoavanguardisti del «Gruppo 63». È stata consulente editoriale e traduttrice dal tedesco per Longanesi (Elias Canetti, Gerold Späth, ecc.).

Ha pubblicato due romanzi, La figlia prodiga (1967) e Bambine (1990). Nella ristampa recente delle sue opere (ed. La Tartaruga, 2004) è stato incluso anche il racconto La morte del padre (1979).

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