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Revoca della LIA, soddisfazione a sud e a nord del Ticino

Nessun argine ai padroncini dall Italia?
Cadranno ora gli argini contro i padroncini italiani? Keystone

La decisione del governo ticinese di abrogare la legge sulle imprese artigiane (LIA) - che nonostante il sostegno quasi unanime del parlamento cantonale al momento della sua approvazione nel marzo 2015, è stata ripetutamente picconata dalle sentenze del tribunale amministrativo (TRAM) - non è stata accolta con sorpresa fuori dai confini cantonali.


L’obbligo di iscrizione all’albo degli artigiani, voluto essenzialmente per frenare l’ingresso dei padroncini italiani, ha fin da subito trovato opposizioni anche negli altri cantoni da dove sono subito partiti vari ricorsi.

“La legge sul mercato interno prevede che un’impresa svizzera – ha precisato al Quotidiano della RSI Stefan Renfer (Commissione federale della concorrenza) – possa essere attiva anche in un altro cantone” e per questo motivo “sono molte le ditte confederate che si sono lamentate della legge ticinese”. Probabilmente, aggiunge il responsabile per il mercato interno della COMCO, “alla luce delle recenti sentenze del TRAM l’applicazione delle LIA alle aziende di altri cantoni è illegale”.

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Norme persecutorie e in contrasto col diritto superiore

Ma anche a sud non c’è sorpresa per la marcia indietro di Bellinzona. Già prima delle tre decisioni del tribunale amministrativo e del successivo intervento del Consiglio di Stato ticinese, ci dice Enrico Lironi (consigliere della Camera di commercio di Como), “abbiamo avuto modo di dire che queste norme ticinesi andavano contro il diritto superiore svizzero e internazionale” e “certi oneri burocratici erano palesemente eccessivi”. Tant’è vero che pareva insolito che in questa circostanza fosse la Svizzera a “imitare aspetti complicati dell’Italia mentre nei rapporti reciproci sarebbe meglio imitare ciò che funziona”.

Ma in definitiva per l’ex sindaco di Cernobbio e presidente di Sviluppo Como/ComoNext è “l’impianto stesso della legge ad essere complesso e persecutorio” e quindi “ci aspettiamo che ora il Dipartimento del territorio (incaricato dal governo cantonaleCollegamento esterno di intraprendere i passi necessari all’abrogazione della normativa, ndr) assolva ai compiti che gli sono stati assegnati senza aggiungere altre forme persecutorie”.

Maggiore integrazione tra Ticino e Lombardia

A dire il vero, una volta che il Gran Consiglio avrà ratificato la decisione di revocare la LIA, non verranno meno le pressioni sul mercato ticinese esercitate dalla massa di padroncini italiani che solitamente operano a prezzi inferiori. Ma anche su questo il parere di Enrico Lironi è chiaro. “Che ci siano controlli e regole che fissino livelli minimali di remunerazione può essere un discorso corretto” ma “il problema vero è il lavoro nero e gli abusivismi che non vanno in ogni modo tollerati”.

Per questo a giudizio del rappresentante della Camera di commercio di Como bisogna agire alla radice della questione e “costruire una logica diversa” che deve passare obbligatoriamente da una maggiore collaborazione tra Lombardia e Ticino.

Soprattutto ora che il corso del franco svizzero non è più troppo elevato, osserva sempre Enrico Lironi, ci sono le condizioni “per integrare le competenze e le professionalità che esistono ai due lati della frontiera” e rendere così più competitiva l’economia delle regioni insubriche. Esempi di collaborazione ce ne sono già nel tessile, nell’innovazione tecnologica e in altri rami, si tratta ora di portarli avanti. Ma questo non può avvenire se si fa la guerra al confine. 

-comunicato del governo ticinese Collegamento esterno   

-l’albo LIACollegamento esterno

-la legge sulle imprese artigianaliCollegamento esterno

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