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Al Taqwa: sospetti di terrorismo non confermati

La sede della società Al Taqwa a Lugano Keystone

Nonostante seri dubbi, la Procura federale ha deciso di archiviare la lunga procedura aperta contro la società ticinese, sospettata di finanziare la rete di Al Qaida.

Gli inquirenti hanno ammesso di non aver potuto raccogliere delle prove contro i due manager di Al Taqwa sotto inchiesta. I loro conti resteranno però bloccati.

«Abbiamo fatto tutto quanto era possibile per delucidare i fatti di questo dossier. Ma siamo giunti alla conclusione che gli elementi raccolti nei confronti delle due persone sotto inchiesta non potevano bastare per convincere il tribunale», ha dichiarato il vice-procuratore generale della Confederazione Claude Nicati.

Eppure, ha affermato Nicati, «seri dubbi» sussistono nei confronti di Youssef Nada, ex presidente della Al Taqwa (ribattezzata in seguito Nada Management Organization SA), e Alì Ghaleb Himmat, ex-dirigente della società con sede nel Canton Ticinio.

I due erano sospettati di aver indirettamente finanziato l’organizzazione terroristica Al Qaida, considerata responsabile dei tragici attentati che hanno insanguinato gli Stati uniti l’11 settembre 2001.

Mancanza di cooperazione delle Bahamas

Concretamente, il Ministero pubblico della Confederazione non ha potuto avere accesso agli incarti contabili della banca Al Taqwa alle Bahamas, attraverso la quale sarebbero transitati i fondi destinati alla rete terroristica.

Le autorità delle Bahamas non hanno infatti fornito una risposta utile alla domanda di assistenza giudiziaria avanzata dalla Procura federale svizzera.

«Il procedimento è stato archiviato e tutte le accuse contro il mio cliente sono state liquidate», ha dichiarato mercoledì l’avvocato di Youssef Nada, secondo il quale tale decisione è la semplice conseguenza della sentenza pronunciata lo scorso 27 aprile dal Tribunale penale federale.

Chiamati in causa da un ricorso presentato dall’avvocato di Nada, i giudici della Corte insediata a Bellinzona avevano definito ingiustificata la lentezza della procedura d’inchiesta.

Il Tribunale penale federale aveva ingiunto al Ministero pubblico di aprire un’istruzione formale in tempi brevi, formulando accuse precise, oppure di archiviare il caso.

Rimproveri del Tribunale penale

L’accusa generale di aver finanziato persone o enti vicini ad Al Qaida è sempre stata smentita da Nada.

Secondo la Corte di Bellinzona, l’ex-presidente della Al Taqwa avrebbe dovuto avere almeno il diritto di conoscere più esattamente quali erano i sospetti a suo carico.

Il Tribunale penale federale aveva inoltre rimproverato ai servizi del procuratore generale Valentin Roschacher ritardi ingiustificati nello svolgimento dell’inchiesta. Le critiche riguardavano soprattutto il comportamento della Procura nel secondo semestre 2004.

In questo periodo, il Ministero pubblico aveva lasciato intendere a più riprese a Nada che l’inchiesta preliminare era quasi finita e che mancava poco alla trasmissione del dossier ai giudici istruttori federali.

Già nel giugno 2004 la Procura federale aveva annunciato che avrebbe consegnato «nel corso delle prossime settimane» all’Ufficio dei giudici federali i risultati di tre indagini «molto complesse», tra cui quella sulla Nada Management.

Nel caso Al Taqwa – aveva rilevato allora Nicati – il Ministero pubblico ha dovuto districarsi tra non meno di 15 metri cubi di documenti, per la maggior parte scritti in arabo.

Grossa operazione di polizia

L’operazione Al Taqwa era partita col botto il 7 novembre 2001 a Lugano, lo stesso giorno in cui il Consiglio federale dichiarava fuorilegge in Svizzera l’organizzazione terroristica Al Qaida.

E lo stesso giorno in cui il presidente americano George Bush affermava che l’America aveva raccolto «prove solide e credibili» sull’attività della stessa Al Taqwa, tali da permettere alla Casa Bianca di definirla «rete di supporto finanziario ai terroristi».

A Lugano fu fermato e interrogato Youssef Mustafa Nada, cittadino italiano d’origine egiziana, presidente della ex Al Taqwa Management Organization, sospettata di finanziare l’organizzazione che fa capo a Osama Bin Laden.

Nel contempo il reparto operativo dei carabinieri di Como aveva perquisto la villa di Nada a Campione d’Italia e anche l’abitazione di Alì Ghaleb Himmat, pure cittadino italiano, vicepresidente della Al Taqwa.

Sospetti non nuovi

Già in precedenza, la Al Taqwa era finita più volte nel mirino degli inquirenti svizzeri per i suoi presunti contatti con il terrorismo arabo. Nel 2000, la Commissione federale delle banche aveva aperto un procedimento per presunte attività bancarie non autorizzate.

Non erano però state constatate in Svizzera né attività bancarie, né transazioni finanziarie: la Al Taqwa si era rivelata una società di servizi, succursale di una omonima ditta con sede nella Bahamas.

Tali affermazioni erano state ribadite dopo gli attentati dell’11 settembre negli Usa, all’inizio di ottobre, dal procuratore federale Valentin Roschacher.

Ma tre settimane più tardi vi era stato un cambiamento di rotta: il Ministero pubblico della Confederazione era infatti giunto alla conclusione di non poter escludere collegamenti tra la società luganese e il terrorista più ricercato del mondo.

L’operazione di Lugano sarebbe scattata su iniziativa degli Stati Uniti, che avevano chiesto il congelamento dei conti bancari di Al Taqwa in Svizzera, Italia, Lichtenstein, Bahamas, Svezia, Canada, Austria, Somalia ed Emirati Arabi Uniti.

Fonti del ministero del Tesoro USA affermavano di avere elementi per sostenere che Al Taqwa e la società somala Al Barakaat «spedivano ogni anno decine di milioni di dollari» nei forzieri di Al Qaida.

swissinfo e agenzie

15 settembre 2001: la Procura federale apre un’inchiesta per verificare eventuali piste svizzere in relazione agli attentati dell’11 settembre.
24 ottobre 2001: la società Al Taqwa entra nel mirino delle indagini del Ministero pubblico della Confederazione.
7 novembre 2001: la polizia perquisisce la sede di Al Taqwa e sequestra diversi documenti.
27 aprile 2005: il Tribunale penale federale chiede al Ministero pubblico di presentare prove concrete contro Al Taqwa o di archiviare la sua inchiesta.
1° giugno 2005: La Procura federale decide di abbandonare la procedura.

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