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Ong accusa: donna e bambino lasciati morire in mare

Resti di una barca galleggiano in mare aperto, insieme ai cadaveri di una donna e di un bambino.
Gli operatori dell'ong Open Arms recuperano i corpi della donna e del bambino. Keystone

L'organizzazione non governativa spagnola Proactiva Opern Arms accusa la Guardia costiera libica di aver lasciato morire in mare una donna e un bambino che erano a bordo di un gommone in difficoltà.

Le immagini pubblicate su Twitter mostrano i due corpi in mare, tra i resti di una barca. È il fondatore di Open Arms, Oscar Camps, a puntare il dito contro “i libici assoldati dal governo italiano”.

“Hanno detto di aver intercettato una barca con 158 persone, fornendo assistenza medica e umanitaria”, riferisce, “ma non hanno detto che hanno lasciato due donne e un bambino a bordo e hanno affondato la nave perché non volevano salire sulle motovedette”.

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Secondo quanto riporta Camps, all’arrivo di Open Arms nella zona una delle due donne era ancora viva ed è stata salvata, sebbene in grave ipotermia. Ma l’ong non ha potuto fare nulla per l’altra donna e il bambino, morti poche ore prima.

Italia chiamata in causa

A bordo dell’imbarcazione era presente il deputato italiano Erasmo Palazzotto (Liberi e Uguali), che ha chiamato in causa il ministro italiano dell’Interno.

“Matteo Salvini”, ha scritto, “questo è quello che fa la guardia costiera libica quando fa un salvataggio umanitario. Open Arms ha salvato l’unica superstite mentre i tuoi amici libici hanno ucciso una donna e un bambino. Almeno oggi abbi la decenza e il rispetto di tacere e aprire i porti.”

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“Sfido chiunque a trovare un mio tweet in cui invito a lasciar morire un essere umano in mare”, ha immediatamente reagito Salvini. Stando al Viminale, inoltre, non vi è stata nessuna omissione di soccorso.

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Una giornalista tedesca che ha documentato l’operazione libica, peraltro, ha parlato di un lavoro svolto con abnegazione e umanità, assicurando che in acqua non c’era più nessuno.

Approderà in Spagna

La nave di Open Arms sta intanto facendo rotta verso la Spagna, poiché il fatto che l’Italia non riconosca la ricostruzione dell’ong intaccherebbe la sicurezza della donna sopravvissuta e la sua piena libertà di rendere testimonianza.

Italia che aveva assegnato all’imbarcazione il porto di Catania offrendosi, come Malta, di evacuare la donna ferita. Avrebbe per contro rifiutato i due cadaveri.

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