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Ahmadinejad getta benzina sul fuoco

Keystone

Il presidente iraniano ha ancora una volta usato la tribuna della Conferenza dell'ONU sul razzismo, apertasi lunedì a Ginevra, per attaccare Israele e il suo governo, definito 'razzista'. Il suo discorso ha provocato le ire di diverse delegazioni, che hanno lasciato la sala.

L’appello alla moderazione lanciato domenica sera dal presidente della Confederazione Hans-Rudolf Merz al suo omologo iraniano Mahmud Ahmadinejad è indubbiamente caduto nel vuoto.

Nel suo intervento alla Conferenza delle Nazioni Unite sul razzismo, il capo dello Stato iraniano ha infatti nuovamente attaccato Israele: «Dopo la fine della Seconda guerra, loro (gli alleati, ndr) hanno fatto ricorso all’aggressione militare per privare una nazione intera delle sue terre, prendendo come pretesto la sofferenza ebraica», ha affermato.

«Hanno mandato degli emigranti dall’Europa e dagli Stati Uniti per creare un governo razzista nella Palestina occupata», ha sottolineato Ahmadinejad.

«Appello intollerabile»

Durante il discorso, i rappresentanti degli Stati dell’Unione Europea hanno lasciato la sala e alcuni manifestanti hanno protestato. Il presidente francese Nicolas Sarkozy – non presente a Ginevra – ha chiesto all’UE di dar prova di un’«estrema fermezza» nei confronti di Ahmadinejad e ha definito il suo discorso un «appello intollerabile all’odio razzista».

Le affermazioni di Ahmadinejad sono state condannate da numerosi Stati, tra cui anche la Svizzera.

Il segretario generale dell’ONU Ban Ki-moon, che aveva incontrato il presidente iraniano prima dell’inizio della conferenza, ha deplorato l’intervento e «l’uso di questa piattaforma (il vertice dell’ONU, ndr) per accusare, dividere e incitare; è l’opposto degli obiettivi della conferenza».

Nel suo discorso inaugurale, il segretario dell’ONU ha messo in guardia sul fatto che il razzismo non è scomparso e «può essere istituzionalizzato, come l’Olocausto. Ma può anche esprimersi in modo meno ufficiale, sotto forma di odio verso alcune classi o persone particolari come l’antisemitismo, o per esempio, la nuova islamofobia».

Messa in guardia di Ban Ki-moon

Le vittime del razzismo «ci guardano, ma cosa vedono?», si è chiesto Ban Ki-moon. «Parliamo di tolleranza e mutuo rispetto, ma puntiamo l’indice gli uni contro gli altri e ci rivolgiamo gli uni agli altri le stesse accuse» del passato.

Ban Ki-moon ha denunciato nuove minacce come il traffico di esseri umani. «La xenofobia è in aumento», ha poi ammonito. Per il segretario generale dell’Onu, «la discriminazione non sparisce da sola. Deve essere affrontata. Altrimenti può diventare causa di disordini e violenze sociali. Dobbiamo essere particolarmente vigilanti in questo periodo di difficoltà economica».

Ban Ki-moon ha evocato i lavori che hanno preparato la conferenza di Ginevra e gli sforzi per giungere a un testo di consenso. «È peccato che per alcuni non sia stato sufficiente. Ma possiamo superare le divergenze. Rivolgo un appello a tutti gli Stati a considerare questo processo come un inizio e non una fine».

Numerosi paesi, tra cui Stati Uniti, Israele, Canada, Olanda, Australia e Italia, hanno infatti deciso di boicottare la conferenza, temendo che si trasformasse in una tribuna anti-israeliana, come a Durban nel 2001. La Svizzera è dal canto suo presente con l’ambasciatore Dante Martinelli. La ministra degli esteri Micheline Calmy-Rey ha per contro rinunciato a parteciparvi.

Contrariamente ai membri delle delegazioni dei paesi dell’UE, il rappresentante svizzero è rimasto nella sala durante il discorso di Ahmadinejad. La Confederazione non condivide la posizione iraniana, ma rispetta la libertà di opinione, ha affermato un portavoce del Dipartimento federale degli affari esteri.

Israele richiama ambasciatore

L’incontro tra Ahmadinejad e il presidente della Confederazione Merz ha anche provocato una crisi diplomatica tra la Svizzera ed Israele. Il ministro degli esteri dello Stato ebraico Avigdor Liebermann ha infatti ordinato all’ambasciatore israeliano a Berna Ilan Elgar di rientrare in patria per consultazioni.

Il portavoce del ministero, Yossi Levy, ha affermato che il provvedimento rappresenta un gesto di protesta per l’incontro tra Merz e Ahmadinejad, «un negazionista dell’Olocausto che ha parlato più volte della necessità di spazzare via Israele dalla carta geografica».

«Non si tratta di una rottura – ha indicato un’altra fonte del ministero all’agenzia di stampa francese AFP – ma di una espressione di malcontento per l’atteggiamento lassista della Svizzera verso l’Iran».

I presidenti delle commissioni esteri delle due camere del parlamento svizzero hanno dal canto loro definito fuori luogo e poco costruttiva la reazione israeliana. Secondo il deputato ecologista dei Verdi Geri Müller, l’incontro andava fatto, da un lato perché la Svizzera è il paese che ospita la conferenza dell’ONU, dall’altro perché è anche il paese che rappresenta gli interessi degli Stati Uniti a Teheran.

Il suo omologo al Consiglio degli Stati, il liberale radicale Dick Marty, ha da parte sua sottolineato che ricevere il presidente di uno Stato riconosciuto non è un atto ostile verso un altro paese. Tanto più che Berna ha sempre fatto sapere a Teheran che non condivide le sue opinioni e respinge tutte le sue dichiarazioni razziste.

swissinfo e agenzie

La prima conferenza dell’ONU sul razzismo era stata organizzata nel settembre del 2001 nella città sudafricana di Durban.

Il summit era stato teatro di numerose provocazioni, in particolare contro Israele.

I partecipanti alla manifestazione avevano evitato in extremis il naufragio, adottando all’unanimità una dichiarazione finale, ‘ripulita’ dai riferimenti antisemiti, e un piano d’azione per lottare contro il razzismo. Israele e Stati Uniti avevano abbandonato il vertice.

La seconda conferenza dell’ONU sul razzismo si è aperta lunedì a Ginevra e si chiuderà il 24 aprile. Obiettivo del summit è di esaminare i passi che sono stati compiuti dal 2001 e quanto rimane ancora da fare.

I partecipanti dovranno pronunciarsi su un progetto di dichiarazione, dalla quale sono stati eliminati i toni anti-occidentali, i riferimenti antisemiti e la nozione di “diffamazione delle religioni”, difesa da paesi musulmani ma invisa all’Occidente, che vi intravede un inaccettabile limite alla libertà d’espressione.

In Svizzera non è stato allestito alcun piano d’azione per lottare contro il razzismo, come chiedeva la Dichiarazione di Durban del 2001. È la constatazione della Commissione federale contro il razzismo (CFR), secondo cui la lotta al razzismo “non è sufficientemente consolidata nelle strutture federali”.

Alcune delle richieste della Conferenza del 2001 sono tuttavia state attuate anche da Berna, rileva la CFR.

Tra queste vi sono l’istituzione del Servizio per la lotta al razzismo in seno al Dipartimento federale dell’interno, le nuove Costituzioni cantonali che contemplano il divieto di discriminazione, gli sforzi intrapresi per monitorare gli episodi di razzismo a livello svizzero, le misure di sensibilizzazione promosse nei corpi di polizia cantonali o ancora le formazioni specifiche di lotta al razzismo nel settore sanitario.

Le note negative riguardano invece la mancanza di un divieto di discriminazione generale nel diritto civile svizzero, l’insufficienza dell’offerta di consulenza alle vittime, la riluttanza a sanzionare espressioni di razzismo in politica da parte degli organi giudicanti.

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