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“I miei genitori mi hanno amata come una figlia biologica”

Schwangere tamilische Frau bereitet italienischen Kaffee zu. Portrait von tamilischer Frau.
Carmela Odoni a casa sua Sibilla Bondolfi

Attraverso una serie di ritratti e registrazioni audio, la fotografa bernese Carmela Harshani Odoni illustra il fenomeno dell'adozione sotto una duplice veste: fonte di fortuna o di sfortuna. Lei stessa, originaria dello Sri Lanka, è stata adottata e anche se finora non è riuscita a ritrovare i genitori biologici, afferma di essere una donna felice.

L’appartamento nel quartiere Schosshalde di Berna, la capitale della Svizzera, trasmette una sensazione di felicità e di allegria famigliare: un computer portatile giace a fianco di oggetti per bambini, un calendario ricorda di portare a spasso il cane e in una grande gabbia, dei topolini scavano rumorosamente dei tunnel attraverso la segatura. Un cane terrier salta e abbaia, poi si lascia accarezzare sul ventre, prima di stendersi comodo su un divano in terrazza.


Carmela Harshani Odoni

Carmela Harshani Odoni nasce nel 1980 a Colombo, Sri Lanka. Ad appena 3 settimane viene adottata da una coppia svizzera e portata a Lucerna. Dopo un apprendistato come assistente fotografica e uno stage presso il quotidiano Neue Luzerner Zeitung, si diploma in fotografia alla scuola di giornalismo di Lucerna (Medienausbildungszentrum, MAZ) e lavora per il St. Galler Tagblatt. Oggi è fotografa freelance. Il suo lavoro è stato oggetto di diverse esposizioni e ha vinto il primo premio fotografico della SonntagsZeitungCollegamento esterno.


Agli ultimi mesi di gravidanza, Carmela Harshani Odoni non perde la tranquilla nemmeno di fronte allo stress dell’imminente trasloco in un appartamento più grande e della mostra “Chi sono? Adozione in transizioneCollegamento esterno“, che presenta il suo lavoro fotografico alla Käfigturm di Berna. Mentre prepara un caffè, ci racconta l’origine dell’idea di un’esposizione dedicata proprio all’adozione, un tema che la tocca in prima persona.

Alla ricerca della madre biologica

Carmela Harshani Odoni è stata adottata da una coppia svizzera a Colombo, la capitale commerciale dello Sri Lanka, quando aveva appena tre settimane. Nel 2005, all’età di 25 anni, è partita in cerca della madre biologica. Un viaggio che definisce un successo, anche se non è riuscita a ritrovare la sua mamma e ancora oggi non sa chi siano i genitori biologici. “Per molto tempo, non ho saputo chi fossi davvero”, spiega Odoni. Il viaggio – che ha immortalato in una serie di scatti – l’ha però rafforzata. “Oggi so chi sono” e anche “grazie ai miei figli sono riuscita a mettere radici”.

Dopo l’esposizione “Harshani”Collegamento esterno, dedicata al viaggio alla ricerca della madre, Odoni ha messo da parte il tema dell’adozione per oltre dieci anni. Poi nel 2016 ha ripreso in mano il progetto di reportage sui bambini adottati in Svizzera, confluito nell’esposizione “Chi sono? Adozione in transizioneCollegamento esterno“. Nello stesso periodo, diversi reportage giornalistici hanno rivelato che negli anni Ottanta, in Sri Lanka,  centinaia di bambini sono stati sottratti ai genitori, venduti e dati in adozione in Svizzera. “Questo scandalo mi ha profondamente scossa”, racconta Odoni. ” Se anch’io sono stata portata via dalla mia mamma contro la sua volontà, mi piacerebbe farle sapere che oggi sto bene”.

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La ricerca della madre biologica non è tuttavia dettata dal bisogno di una nuova figura di riferimento, afferma Odoni. “I miei genitori mi hanno amata come una figlia biologica”, racconta, prima di appoggiare le mani sul ventre. Il fatto che ciò non sia scontato, Odoni lo ha scoperto parlando con altre persone adottate. “Non a tutti è andata bene”.

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Historische Fotoaufnahme eines asiatischen Babys

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Adozioni coatte: “Sono rimasta scioccata”

L’esposizione fotografica illustra la pluralità dei processi adottivi: alcuni bambini sono nati in paesi lontani, altri in Svizzera; alcuni sono stati adottati secondo le regole, altri strappati alle madri senza il loro consenso, come misura precauzionale. Un fenomeno, quest’ultimo, che ha toccato anche la Svizzera. Fino agli anni Ottanta, infatti, decine di migliaia di bambini sono stati strappati ai loro genitori per essere internati in istituti o affidati a famiglie contadine, in virtù di situazioni familiari che all’epoca erano ritenute sconvenienti. Le autorità, inoltre, hanno spesso tolto alle madri nubili i loro neonati, per poi procedere a un’adozione coatta.

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“Prima non sapevo nemmeno che esistessero simili misure precauzionali coercitive”, afferma Odoni. “E quando l’ho scoperto sono rimasta scioccata”.

La fotografa ha tuttavia cercato di mantenere un certo equilibrio nella scelta delle persone ritratte. “Per la metà, si tratta di storie in cui l’adozione è vista in modo positivo; l’altra metà invece no. Si tratta di una questione molto personale: l’adozione può essere fonte di fortuna o di sfortuna”.

Oggi, a 38 anni, Odoni si dice “felice” della sua vita. E questa felicità si vede e si sente. Dopo una lunga pausa di riflessione, la fotografa aggiunge: “A volte si dice che bisognerebbe essere contenti di aver avuto la possibilità di venire in Svizzera da un paese del terzo mondo. In parte è vero, ma a volte è anche un peso da portare”.

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Drei Frauen und ein Mann sitzen auf einer Treppe

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Lasciar parlare gli occhi

L’esposizione “Chi sono? Adozione in transizioneCollegamento esterno” presenta una serie di ritratti fotografici in bianco e nero, così come registrazioni audio e un cortometraggio. L’obiettivo di Odoni è quello di dar voce alle persone adottate, senza esprimere giudizio.

Le immagini sono state scattate con una macchina fotografica analogica e sviluppate dall’autrice in una camera oscura. “In questo modo si fotografa con maggior lentezza e concentrazione”. La pellicola in bianco e nero, invece, è stata scelta per dare maggior risalto agli occhi e all’espressione dei soggetti, spiega l’artista, che ha sempre posto l’individuo al centro del suo lavoro. “Mi piace quando dalle fotografie traspare la fiducia che le persone hanno in me”.

Fin dall’inizio del progetto si è creato un clima di grande intesa con le persone intervistate e ritratte, prosegue. “Era come se ci conoscessimo da tempo ed ora siamo diventati amici”.

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Per quanto riguarda la sua esperienza personale, dopo lo scandalo dei bambini venduti dallo Sri Lanka, Odoni ha deciso di fare un test del DNA ed oggi sta aspettando i risultati. La giovane non se la prende però col suo destino: “Un bambino adottato è costretto a seguire un altro percorso, ma anche questo fa parte della vita”.

L’esposizione “Chi sono? Adozione in transizioneCollegamento esterno” è aperta al pubblico dal 13 agosto al 21 settembre 2018 al Polit-Forum, nella Käfigturm di Berna.

Traduzione dal tedesco: Stefania Summermatter

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