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Acqua per tutti

L'acqua dovrebbe essere gestita dalle comunità e non dalle aziende private

In occasione della Giornata Mondiale dell'Acqua dell'ONU le organizzazioni elvetiche di aiuto allo sviluppo ribadiscono il principio secondo cui l'acqua deve rimanere un bene comune accessibile a tutti.

Per garantire la sua sostenibilità a lungo termine è però necessario uno sforzo globale, al Nord come al Sud.

È stata probabilmente una delle notizie più sensazionali della ricerca spaziale degli ultimi anni: su Marte è stata rilevata la presenza di acqua. La scoperta ha aperto nuovi scenari, poiché come affermano gli scienziati «l’acqua è sinonimo di vita».

A qualche decina di milioni di chilometri di distanza, sul pianeta Terra, tale equivalenza sembra aver perduto il suo significato di base: l’acqua è infatti la causa della morte di migliaia di persone ogni giorno. Soprattutto perché è contaminata, ma anche perché è troppo cara oppure per il semplice fatto che non ce n’è abbastanza.

Una persona su sei non ha accesso all’acqua potabile ed un terzo dell’umanità non dispone di servizi sanitari di base, scrive l’organizzazione svizzera Helvetas, che in occasione della Giornata mondiale dedicata all’oro blu rivendica «acqua e servizi igienici per tutti».

«Senza queste infrastrutture e senza acqua potabile – indica il segretario generale dell’associazione Melchior Lengsfeld – è utopico parlare di sviluppo».

No alla privatizzazione

Negli ultimi 100 anni il consumo di acqua è cresciuto due volte più velocemente della popolazione mondiale. È quindi scontato che la carenza d’acqua rappresenterà una delle problematiche maggiori di questo secolo. Una penuria della quale tenteranno di trarre profitto le aziende private, sostiene la comunità di lavoro Alliance Sud.

«Non condividiamo assolutamente il principio della privatizzazione, in quanto l’acqua deve rimanere un bene comune gestito dalle comunità locali», dice a swissinfo Lavinia Sommaruga.

La posizione esposta dalla direttrice di Alliance Sud in Ticino non corrisponde alla visione dei grandi istituti economici di aiuto allo sviluppo – Banca Mondiale o Fondo monetario internazionale – che professano al contrario la liberalizzazione dei sistemi di approvvigionamento idrico. Un intervento del settore privato condiviso, almeno in parte, anche dalla Segreteria di Stato dell’economia e dalla Direzione svizzera per lo sviluppo e la cooperazione (DSC).

Esperienze condotte in diversi paesi del Sud (Argentina, Bolivia, Indonesia, Tanzania,…) mostrano tuttavia che i problemi legati all’acqua non si risolvono affidando la distribuzione idrica ai privati.

Evitare gli sprechi al Nord

Le organizzazioni umanitarie auspicano un approccio diverso. «Ci vuole una convenzione internazionale che riconosca l’accesso all’acqua potabile quale diritto fondamentale», afferma Sommaruga.

Il diritto all’acqua non è infatti esplicitamente menzionato nella Dichiarazione dei diritti umani dell’ONU e quindi non è legalmente vincolante.

Nella giornata consacrata all’acqua (che quest’anno coincide con l’Anno internazionale dell’igiene), Alliance Sud invita tutte le istanze decisionali ad uno sforzo maggiore e più concreto. «Ad iniziare dal governo elvetico, il quale ha sì manifestato interesse nella convenzione internazionale, ma poi non l’ha portata avanti quale dossier principale».

Ad essere chiamate in causa non sono soltanto le autorità. «È una questione di responsabilità globale», spiega Lavinia Sommaruga. «I paesi del Nord dovrebbero innanzitutto evitare gli sprechi, in particolare nei processi industriali e nell’agricoltura».

Una buona notizia in questo senso giunge dalla Società svizzera dell’industria del gas e dell’acqua: il consumo di acqua potabile nella Confederazione è in costante calo (dai 500 litri al giorno per abitante del 1981 agli attuali 355 litri), grazie soprattutto alla caccia agli sprechi e ad una maggiore coscienza ecologica.

Aiutare le comunità del Sud

Al Sud bisognerebbe invece essere in grado di gestire le risorse con efficacia e serietà. «Non ci vogliono investimenti colossali, ma interventi mirati nelle comunità».

Limitarsi a costruire pozzi nei villaggi, aggiunge la portavoce di Helvetas Claire Fischer, non è però sufficiente: «È fondamentale integrare la popolazione nell’elaborazione dei progetti, nella realizzazione delle infrastrutture e nella loro manutenzione».

swissinfo, Luigi Jorio

1,1 miliardi di persone non dispongono di acqua potabile (Organizzazione mondiale della sanità).
2,4 miliardi di persone vivono in condizioni sanitarie inadeguate.
7 milioni di persone muoiono ogni anno per malattie causate dall’acqua inquinata.

Il Consiglio federale ha recentemente approvato il nuovo credito quadriennale per la Direzione dello sviluppo e della cooperazione (4,5 miliardi di franchi) e la Segreteria di Stato all’economia (800 milioni).

Il governo mantiene così la percentuale del Prodotto interno lordo (Pil) dedicata all’aiuto allo sviluppo attorno allo 0,4%.

Per raggiungere gli Obiettivi del Millennio e dimezzare la povertà, la fame e il numero di persone senza acqua potabile e servizi igienici entro il 2015 è però necessario investire lo 0,7% del Pil.

In vista dei dibattiti in Parlamento (estate e autunno), Alliance Sud auspica un incremento di tale quota. Secondo la comunità di lavoro, il governo trascura infatti la volontà di gran parte della popolazione di aumentare gli aiuti allo sviluppo.

In qualche mese, 140’000 persone hanno firmato la sua petizione “0,7% – insieme contro la povertà”.

Helvetas conduce programmi di acqua e igiene in undici paesi, con lo scopo di progettare, costruire e assicurare la manutenzione di pozzi e latrine, migliorare l’igiene personale e l’evacuazione di acque luride e rifiuti.

Grazie ai suoi progetti, ogni anno 200’000 persone hanno accesso all’acqua potabile e 300’000 ad un impianto sanitario.

La comunità di lavoro Alliance Sud (che oltre ad Helvetas raggruppa Swissaid, Sacrificio Quaresimale, Pane per tutti, Caritas e Aces) è più che altro attiva sul piano politico, dove si batte per fare in modo che l’acqua non diventi un bene commerciale.

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