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Un altolà in Libia pagato a caro prezzo

Gli sbarchi di migranti in Italia sono drasticamente calati grazie agli accordi con la Libia. Ma il prezzo da pagare è altissimo, denunciano le organizzazioni umanitarie.

“Considero la Libia come il vero confine a sud dell’Europa”. Con queste parole – in occasione della tradizionale conferenza stampa di ferragosto – il ministro degli Interni Marco Minniti, ha chiarito le posizioni dell’Italia sulla questione dei flussi migratori nel Mediterraneo centrale. “Si intravede la luce in fondo al tunnel”. Così Minniti ha proseguito rassicurando gli italiani, lasciando intendere che gestire i flussi migratori è possibile. I dati sugli sbarchi danno ragione al ministro, gli accordi tra Italia e Libia stanno portando i primi frutti. Nel mese di luglio il numero dei migranti arrivati nella Penisola è inferiore rispetto alle previsioni e agosto sta confermando che la tendenza è in calo. Luglio 2016 ha registrato 23’552 arrivi, questo luglio 11’322, circa la metà.

Minniti ha sottolineato inoltre che, almeno finora, non si sono ripetuti i problemi legati alla migrazione secondaria verso l’Europa, al confine con Francia, Austria e Svizzera.

Dati positivi e rassicuranti, ma pagati a caro prezzo sostengono le Ong e le associazioni in difesa dei diritti umani. Le organizzazioni umanitarie sono fermamente contrarie a scaricare la questione dei flussi migratori sulla Libia.

La Libia è un paese instabile, con un governo che non ha il controllo dell’intero territorio e soprattutto, sottolineano le organizzazioni, il paese non ha ratificato la Convenzione di Ginevra sui rifugiati o altre convenzioni sui diritti umani. Trattati che invece vincolano l’Italia.

Medici senza frontiere, Save The Children e l’Ong tedesca Sea-Eye, hanno deciso di interrompere le attività di soccorso nel Mediterraneo, denunciando l’assenza delle condizioni minime di sicurezza.

L’associazione MeduCollegamento esterno, ‘medici per i diritti umani’, ha rincarato la dose. L’organizzazione fornisce assistenza psicologica e psichiatrica alle vittime di tortura. Negli ultimi quattro anni, Medu ha raccolto oltre duemila testimonianze di migranti provenienti dalla Libia. L’85%degli intervistati, durante i progetti di riabilitazione, ha raccontato di aver subito torture, atti inumani e degradanti. Violenze intenzionali gravissime.

Secondo Alberto Barbieri, coordinatore Medu, “l’accordo italo-libico del febbraio scorso, oltre al blocco delle rotte nel Mediterraneo, prevedeva anche la realizzazione di centri di accoglienza che avessero degli standard di dignità e di rispetto dei diritti umani in Libia. Prevedeva la costruzione di infrastrutture, la formazione del personale addetto all’assistenza dei migranti, l’invio di materiale sanitario e farmaci. Il blocco nel mediterraneo sta funzionando, ma la seconda parte dell’accordo, sull’assistenza ai migranti in Libia, è rimasto lettera morta”.

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