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Accordi sicuri per superare le incertezze

Tre consigliere federali per i Bilaterali: Doris Leuthard (a sinistra), Micheline Calmy-Rey ed Eveline Widmer-Schlumpf Keystone

I Bilaterali con l'Unione europea sono essenziali per l'economia e il mondo del lavoro elvetico, soprattutto in un contesto di crisi come quello attuale. Ne è convinto il Consiglio federale, che ha lanciato la sua campagna in favore della libera circolazione delle persone, in votazione il prossimo 8 febbraio.

Fra poco più di due mesi la Confederazione porrà il futuro della sua politica estera e della sua economia nelle mani dei cittadini.

Chiamato ad esprimersi sulla riconduzione dell’accordo sulla libera circolazione delle persone tra Svizzera e Unione europea (UE) e sulla sua estensione a Romania e Bulgaria, il popolo svizzero dovrà in realtà decidere se proseguire sulla via bilaterale. Una bocciatura della libera circolazione comprometterebbe in effetti l’insieme del primo pacchetto di accordi sottoscritto da Berna e Bruxelles nel 1999.

Cosciente della posta in palio e del marcato euroscetticismo tra l’opinione pubblica, il Consiglio federale è entrato nel vivo della contesa presentando, martedì a Berna, le sue motivazioni in favore di una proroga dell’accordo.

Per Micheline Calmy-Rey, Doris Leuthard ed Eveline Widmer-Schlumpf, rispettivamente a capo del dipartimento degli affari esteri, dell’economia e di giustizia e polizia, il messaggio è chiaro: i Bilaterali sono essenziali per la Svizzera e vanno quindi riconfermati.

Manodopera al momento del bisogno

Gli Accordi bilaterali I, ha evidenziato Doris Leuthard, hanno consentito agli imprenditori elvetici di rafforzare e sviluppare gli scambi con l’UE, il principale partner commerciale della Svizzera.

«Grazie alla libera circolazione delle persone il prodotto interno lordo è aumentato di almeno l’1%, ciò che corrisponde a 3-4 miliardi di franchi all’anno».

Le facilitazioni previste dall’accordo sulla libera circolazione delle persone, ha aggiunto la ministra dell’economia, hanno permesso alle aziende elvetiche di beneficiare, al momento del bisogno, di una manodopera estera di qualità. Oltre la metà dei nuovi lavoratori giunti in Svizzera era infatti altamente qualificata.

Secondo il governo, questa flessibilità rafforza la competitività delle ditte svizzere sul mercato internazionale, riduce la tendenza a delocalizzare e garantisce gli impieghi nel paese. «Dal 2004 sono strati creati oltre 250mila nuovi posti di lavoro», ha rammentato Doris Leuthard, sottolineando che senza l’apertura del mercato lavorativo questo non sarebbe stato possibile.

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Timori infondati

Le preoccupazioni di chi temeva un afflusso incontrollato di stranieri, un peggioramento generalizzato delle condizioni lavorative e dei salari in Svizzera, un aumento della criminalità e degli abusi in ambito sociale, ha osservato Eveline Widmer-Schlumpf, non si sono avverate.

«L’immigrazione di cittadini europei è aumentata», ha riconosciuto la ministra di giustizia. Tuttavia, l’incremento è da ricondurre alla congiuntura e alle esigenze dell’industria elvetica, non a movimenti di massa incontrollati.

«La libera circolazione non significa che chiunque può venire in Svizzera», ha avvertito. Il permesso di lavoro e di soggiorno è concesso esclusivamente a chi possiede un contratto valido o a chi può dimostrare di avere le risorse finanziarie necessarie per vivere nel nostro paese.

I Rom non c’entrano

Per il Consiglio federale è quindi essenziale che la Confederazione proceda sulla via bilaterale anche dopo il 31 maggio 2009, data di scadenza dell’accordo sulla libera circolazione delle persone.

La decisione, come detto, spetterà al popolo, il quale dovrà pure esprimersi sull’estensione a Romania e Bulgaria, nell’UE dal 1. gennaio 2007, poiché il Parlamento ha deciso di unire i due temi in un unico decreto.

Nel caso di una vittoria dei no, ha avvertito Micheline Calmy-Rey, la clausola che lega i singoli accordi farebbe cadere l’intero pacchetto, che comprende anche accordi relativi agli appalti pubblici, ai trasporti terrestri ed aerei, all’agricoltura, alla ricerca e all’abolizione di ostacoli tecnici al commercio.

«La Svizzera dovrebbe allora rivolgersi all’UE da una posizione decisamente indebolita per negoziare nuovi accordi», ha ammonito la ministra degli affari esteri. «È un voto di principio: la Svizzera deve decidere se vuole proseguire sulla via bilaterale».

In merito alla questione dei Rom, ha aggiunto Calmy-Rey, l’estensione ai due nuovi membri dell’UE non deve spaventare. «Il problema dei Rom in Italia non c’entra con la libera circolazione. Esisteva ben prima dell’adesione della Romania».

Nessun scenario alternativo

Le conseguenze di un rifiuto sarebbero fatali anche tenuto conto dell’attuale crisi economica, ha affermato dal canto suo Jean-Michel Cina, presidente della Conferenza dei direttori cantonali dell’economia pubblica.

A rincarare la dose ci ha poi pensato Doris Leuthard: «Per l’economia svizzera si prospetta un periodo turbolento» e gli accordi con l’UE rappresentano «una rete forte e affidabile che offre sicurezza in questi tempi incerti».

L’8 febbraio la Svizzera si troverà quindi di fronte ad un bivio. O meglio, dovrà scegliere se proseguire sulla strada finora imboccata oppure se dirigersi verso direzioni ignote. Perché come hanno ribadito le tre consigliere federali, nel caso di un rifiuto popolare «non esiste alcun piano B»…

swissinfo, Luigi Jorio

L’accordo sulla libera circolazione delle persone tra Svizzera ed Unione europea (UE) concede ai cittadini elvetici ed europei il diritto di scegliere il paese in cui soggiornare e lavorare.

Per evitare fenomeni di dumping salariale e sociale, la Confederazione ha introdotto delle misure di accompagnamento (maggiori controlli, sanzioni).

In Svizzera è giunta per lo più manodopera qualificata (settore sanitario, ricerca, ramo bancario e assicurativo, industria ed edilizia); l’aumento dell’immigrazione è stato particolarmente significativo per i cittadini tedeschi e portoghesi.

Concluso per un periodo iniziale di sette anni, l’accordo sulla libera circolazione giungerà a scadenza nel maggio 2009. L’8 febbraio il popolo elvetico sarà chiamato ad esprimersi sulla sua riconduzione e sulla sua estensione a Romania e Bulgaria.

Nel caso di un rifiuto alle urne cadrebbe l’intero pacchetto degli Accordi bilaterali I (che includono appunto il principio della libera circolazione). La cosiddetta clausola ghigliottina prevede infatti che la bocciatura di uno degli accordi comporti il decadimento di tutti gli altri.

I cittadini svizzeri si sono già espressi sul tema in due occasioni: nel 2000 hanno approvato (al 67%) l’accordo sulla libera circolazione concluso con i primi 15 membri dell’UE; nel 2005 hanno accettato (56%) la sua estensione a dieci nuovi paesi.

La libera circolazione è sostanzialmente combattuta dai partiti di destra, come l’Unione democratica di centro (UDC, primo partito della Svizzera), la Lega dei Ticinesi e i Democratici svizzeri (queste due formazioni hanno raccolto le firme per il referendum).

L’accordo è invece sostenuto da socialisti, liberali radicali, popolari democratici, Verdi e dal mondo economico. Favorevoli pure il governo federale, i Cantoni e il Consiglio degli svizzeri dell’estero.

Gli schieramenti pro o contro non sono compatti: alcuni esponenti UDC sostengono ad esempio l’accordo, mentre un comitato di sinistra ha già annunciato la sua opposizione.

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