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Poco entusiasmo ma luce verde del parlamento

Il ministro degli esteri svizzero Didier Burkhalter (a sinistra) e quello tedesco Guido Westerwelle in marzo: gli accordi fiscali sono attualmente tra le priorità nei colloqui tra la diplomazia svizzera e i partner europei Keystone

Nonostante l’opposizione della destra e della sinistra, il parlamento ha approvato gli accordi fiscali conclusi con Germania, Gran Bretagna e Austria. Serviranno ad allentare le pressioni sul segreto bancario, ma anche ad aprire una nuova strategia per la piazza finanziaria.

“Con questi accordi, la Svizzera ha dato prova di una certa fantasia per trovare delle soluzioni con gli altri paesi, quando si pensava che non ve ne fossero”, ha dichiarato Fulvio Pelli, deputato del Partito liberale radicale, nel dibattito tenuto mercoledì alla Camera del popolo.

Messo sotto pressione dal G20, dall’OCSE e dall’UE, che hanno deciso tre anni fa di dare guerra ai paradisi fiscali, il governo svizzero è infatti riuscito ad estrarre dal cilindro tre accordi fiscali “compatibili”, almeno per ora, con le esigenze formulate da questi organismi internazionali.

Le convenzioni dovranno ancora essere ratificate dai parlamenti dei tre paesi interessati, ma hanno già ricevuto il beneplacito della Commissione europea. Il governo svizzero spera così di evitare ancora per molti anni lo scambio automatico d’informazioni fiscali, che segnerebbe definitivamente la fine del segreto bancario.

Nuova strategia

Le convenzioni fiscali prevedono innanzitutto il versamento di un’imposta liberatoria a Germania, Gran Bretagna e Austria, prelevata sui capitali depositati nelle banche svizzere dai cittadini di questi paesi e non dichiarati al fisco. Questo prelievo servirà in qualche modo a regolarizzare il passato. A tale proposito, le convenzioni garantiscono anche l’impunità per i banchieri svizzeri.

Dall’entrata in vigore degli accordi, prevista per l’inizio dell’anno prossimo, le banche svizzere preleveranno inoltre un’imposta annuale alla fonte sui redditi futuri dei patrimoni custoditi. Le convenzioni contengono infine una clausola di reciprocità per la Svizzera e dovrebbero agevolare l’accesso delle banche elvetiche ai mercati dei tre paesi.

Contemporaneamente a questi accordi, il governo svizzero ha promesso di presentare entro l’autunno una nuova strategia per la piazza finanziaria svizzera. Le banche saranno costrette ad accettare in futuro soltanto denaro dichiarato al fisco. “Il governo vuole una piazza finanziaria ‘conforme’ dal profilo fiscale, in grado di distinguersi e di essere concorrenziale attraverso la qualità, la competenza, la sicurezza giuridica e la stabilità”, ha dichiarato la ministra delle finanze Eveline Widmer-Schlumpf dinnanzi ai deputati.

Nessun alternativa realistica

Seppure con molte riserve, le convenzioni fiscali hanno ottenuto, tra martedì e mercoledì, l’approvazione di entrambe le Camere del parlamento. A sostenerle sono stati in modo massiccio i partiti del centro, che fino a pochi anni fa respingevano qualsiasi concessione sul segreto bancario.

“Questi accordi sono necessari per spegnere gli incendi accesi dalle pratiche bancarie del passato”, ha dichiarato Dominique de Buman, deputato del Partito popolare democratico (PPD). A suo avviso, permetteranno di “cancellare gli errori” compiuti dalle banche elvetiche, anche se “la Svizzera sarà costretta ad aprire le sue casse per onorare i crediti fiscali dei paesi vicini”.

“L’approvazione di queste convenzioni non suscita entusiasmo, ma un rifiuto provocherebbe difficoltà per la Svizzera, ancora maggiori di quelle che abbiamo avuto finora”, ha sottolineato Freitag Pankraz, senatore del PLR. “Non abbiamo nessuna alternativa realistica. La vedono così anche le banche svizzere, dalle piccole alle grandi, benché saranno costrette ad assumersi un grande carico amministrativo per gestire le imposte”.

Secondo Hansjörg Hassler, deputato del Partito borghese democratico, la validità degli accordi è dimostrata dai dibattiti sorti in Germania. “Il fatto che le convenzioni suscitino grandi opposizioni da parte dei socialdemocratici, dimostra che il governo svizzero è riuscito a negoziare bene. Sono buoni accordi e potrebbero fare scuola per altri paesi: l’Italia, ad esempio, si è già detta interessata”.

Redenzione dei peccati

In maggioranza scontenti i parlamentari del Partito socialista, per i quali, prima di sottomettere al parlamento gli accordi, il governo avrebbe dovuto presentare la sua strategia per una piazza finanziaria basata sul denaro pulito. A detta dei socialisti, la Svizzera potrà evitare di ritrovarsi di nuovo in difficoltà solo adottando già ora lo scambio automatico d’informazioni.

“L’imposta liberatoria permette di redimere i peccati degli evasori fiscali e rischia di discriminare i contribuenti onesti. Così la pensano gli oppositori agli accordi nei paesi partner”, ha affermato Corrado Pardini. “La Svizzera deve  fare in modo di non essere più un’oasi per gli evasori fiscali stranieri:  la nostra piazza finanziaria avrà un futuro soltanto se introdurrà una strategia del denaro pulito”.

Secondo il deputato socialista, gli accordi fiscali basati sull’imposta liberatoria sono una soluzione per regolarizzare il passato, ma non per risolvere i problemi futuri. “Lo scambio automatico d’informazioni arriverà, l’OCSE e l’UE lo hanno deciso e ci stanno lavorando. Rischiamo quindi di prendere delle decisioni che non potranno essere approvate dagli altri paesi e di ritrovarci di nuovo sotto pressione tra pochi anni”.

Disonorevoli per uno svizzero libero

Le convenzioni concluse con Germania e la Gran Bretagna si spingono invece già troppo lontano per la destra conservatrice, che li respinge in blocco.

“Questi accordi sono inaccettabili e disonorevoli per uno svizzero libero. Sono un’ulteriore capitolazione nella guerra con gli Stati uniti e l’Europa, che cercano di indebolire la nostra piazza finanziaria. Sono un attacco alla sovranità della Svizzera!”, ha dichiarato Christoph Blocher, deputato dell’Unione democratica di centro (UDC).

“Dobbiamo raccogliere le imposte per gli altri paesi e ci esponiamo agli interventi delle loro autorità fiscali nella nostra piazza finanziaria. E in cambio non abbiamo nessuna garanzia di reciprocità. Tra due anni, dopo che avranno incassato i loro soldi, Germania e Gran Bretagna potranno disdire gli accordi. E la Svizzera sarà sottoposta a nuove pressioni per lo scambio automatico d’informazioni”.

Per il deputato dell’UDC, queste convenzioni servono soltanto ad assicurare l’impunità ai banchieri, che non dovranno rispondere delle loro attività passate. “È chiaro che i banchieri sostengono questi accordi, perché così potranno cavarsela senza conseguenze”.  

Nel 2009, il G20 (gruppo che riunisce le 20 principali economie mondiali) ha minacciato di porre la Svizzera e altri paesi sulla lista nera dei paradisi fiscali, nel caso in cui non si conformassero agli standard sullo scambio d’informazioni fiscali elaborati dall’OCSE (Organizzazione della cooperazione e dello sviluppo economico).
 
Per evitare di finire sulla lista nera, il governo elvetico è stato costretto a firmare convenzioni di doppia imposizione fiscale conformi alle norme dell’OCSE.
 
In base a tali accordi, la Svizzera s’impegna ora a fornire informazioni ad altri paesi anche in caso di sottrazione fiscale –  l’omissione, intenzionale o meno, di dichiarare dei redditi al fisco – e non più solo per i casi di frode fiscale – il tentativo di ingannare il fisco falsificando ad esempio dei documenti.

L’OCSE sta però elaborando ora nuove norme, in base alle quali l’assistenza amministrativa deve essere concessa anche per gruppi di contribuenti, senza che il paese richiedente debba fornire prove precise.

Il G20, l’OCSE e l’UE continuano inoltre d premere in vista dell’introduzione generalizzata dello scambio automatico d’informazioni fiscali. In base a tale sistema, le banche dovrebbero fornire automaticamente i dati di tutti i clienti alle autorità fiscali dei rispettivi paesi.

Tra il 20 marzo e il 13 aprile, la Svizzera ha firmato con Gran Bretagna, Germania e Austria tre nuove convenzioni sulla collaborazione in ambito di fiscalità e mercati finanziari, che contengono concessioni mai accordate finora a nessun paese.

In base a tali accordi, denominati Rubik, Berna si impegna a riversare a questi paesi un’imposta alla fonte con effetto liberatorio per regolarizzare il passato. L’imposta viene prelevata dagli averi depositati nelle banche svizzere dai cittadini dei tre paesi.

Per la Germania e la Gran Bretagna, l’aliquota applicata oscilla tra il 21 e il 41% del valore patrimoniale, a seconda della durata della relazione bancaria e dell’ammontare del patrimonio. Per l’Austria tra il 15 e il 38%.

A partire dall’entrata in vigore della convenzione, la Svizzera riverserà inoltre ogni anno un’imposta alla fonte pari al 26% dei redditi da capitale alla Germania, del 27 – 48% alla Gran Bretagna e del 25% all’Austria.

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