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I pedofili saranno perseguibili a vita

Reuters

Le vittime di abusi sessuali potranno sporgere denuncia anche diversi anni dopo i fatti. Il 1° gennaio 2013, entra infatti in vigore l'imprescrittibilità per i reati di pornografia commessi su fanciulli sotto i 12 anni. Finora le vittime avevano tempo fino ai 25 anni per intraprendere un'azione legale.

La modifica di legge è il frutto di un’iniziativa popolare lanciata nel 2004 dall’associazione Marche Blanche, che si batte per la tutela dell’infanzia e contro la pedocriminalità. Il testo, munito di 120mila firme valide, era stato sottoposto a votazione popolare nel 2008 e accolto, un po’ a sorpresa, col 51,9 per cento dei voti.

Finora, nel diritto penale elvetico soltanto il genocidio, i crimini contro l’umanità e gli atti terroristici erano imprescrittibili, ossia perseguibili e punibili a vita. Tutti gli altri reati, come negli ordinamenti giuridici della maggior parte dei paesi, dopo un determinato periodo cadevano in prescrizione.

Eccezione

«L’abuso sessuale su un bambino rientra nella categoria dei crimini contro l’umanità. È la peggiore cosa che si possa fare, perché un bambino non ha i mezzi per difendersi», spiega a swissinfo.ch Oscar Freysinger, parlamentare dell’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice) e all’epoca membro del comitato promotore dell’iniziativa. «Le vittime dovrebbero avere il diritto di portare davanti a un tribunale i responsabili di questi abusi anche 30 anni dopo i fatti, se questo può aiutarle a superare il trauma psicologico».

L’iniziativa di Marche Blanche era stata combattuta da governo e parlamento, nonché dalla maggioranza dei partiti svizzeri, perché ritenuta controproducente, disproporzionata e di difficile applicazione. Di fatto, ci sono voluti cinque anni alle autorità federali per tradurre il testo in una legge compatibile con le norme internazionali.

Inoltre, gli oppositori avevano più volte sottolineato che l’introduzione del concetto di imprescrittibilità non significava necessariamente un aumento delle condanne per i casi di pornografia e di abusi sessuali su minori. L’allora ministra di giustizia Eveline Widmer-Schlumf aveva spiegato che questa riforma rischiava di «deludere e traumatizzare nuovamente le vittime».

Diversi casi d’attualità hanno però dimostrato che le vittime possono uscire allo scoperto anche diversi decenni dopo i fatti, specialmente nei casi di abusi sessuali seriali.

In Svizzera, il caso più eclatante è scoppiato nel 2011 e vede coinvolto un operatore sociale bernese accusato di aver abusato di oltre 120 disabili (tra cui un bambino di un anno) nell’arco di trent’anni. L’uomo sarà processato soltanto per un quarto circa dei casi; gli altri sono infatti già caduti in prescrizione.

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Segnale sbagliato?

Sulla stessa linea di governo e parlamento, anche gli esperti legali dubitano che questo cambiamento di normativa si tradurrà in un aumento del numero di condanne. Anzi: secondo il procuratore pubblico di Zurigo, Markus Oertle, la soppressione del termine di prescrizione manda un segnale sbagliato alle vittime.

«È come se dicessimo loro che possono aspettare a sporre denuncia. Invece, affinché un’azione penale abbia successo, è fondamentale che trascorra il minor tempo possibile tra il momento del reato e quello della denuncia», sottolinea Markus Oertle.

C’è una certa logica dietro il concetto di prescrizione, aggiunge il procuratore. «Evita i procedimenti inutili, quelli che hanno poche chance di successo perché i fatti sono accaduti troppo in là negli anni».

Secondo Oberle, comunque, il sistema giudiziario svizzero non sarà gravato di nuovi casi nel 2013. «L’impatto si farà sentire soltanto dopo un certo tempo. Le nuove disposizioni si applicheranno infatti solo ai reati commessi prima del 30 novembre 2008 (data della votazione, ndr), ma non ancora caduti in prescrizione». L’estensione ai reati già prescritti non sarebbe invece compatibile con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo e la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo.

Passato e presente

Questo si traduce in un “non luogo a procedere” per le vittime di abusi sessuali nelle istituzioni statali ed ecclesiastiche, molte delle quali si stanno facendo avanti soltanto ora grazie a una crescente presa di coscienza collettiva.

Stando a una recente indagine condotta parallelamente dal canton Lucerna e dalla chiesa cattolica locale, tra il 1930 e il 1970 negli istituti per bambini le punizioni, i maltrattamenti e gli abusi sessuali erano all’ordine del giorno. Sui 54 alunni interrogati, oltre la metà hanno riferito casi di violenza sessuale. Nonostante il cambiamento di legge, queste vittime non potranno mai portare il loro caso in un’aula di tribunale.

In tempi più recenti, la proliferazione della pedopornografia online ha aggiunto una nuova dimensione a questi reati. Uno degli argomenti messi in evidenza dai promotori dell’iniziativa era proprio il fatto che i pubblici ministeri dovrebbero essere liberi di perseguire i criminali sulla base di prove fotografiche o video venute a galla a distanza di anni.

Condanna a vita

Nel 2011, 1403 persone sono state accusate di atti sessuali su minori in Svizzera, secondo quanto riportato dall’Ufficio federale di statistica. Gli esperti stimano tuttavia che il numero effettivo di reati sia molto più alto.

La scrittrice e terapeuta svizzera Iris Galey – autrice di un libro nel quale racconta la sua esperienza personale in quanto vittima di abusi – si era schierata a favore dell’iniziativa. Per lei, il testo di legge è un modo per «prendere le vittime più sul serio».

«Ci sono così tanti criminali che la passano liscia, mentre per le vittime è una condanna a vita. Questi traumi lasciano ferite profonde e conseguenze pesanti in particolare sulle relazioni di coppia», spiega a swissinfo.ch.

Il padre di Iris Galey si tolse la vita due giorni dopo la denuncia. La madre non ha mai creduto alle accuse di abusi, iniziati quando la figlia aveva appena nove anni.

«Sono stata cacciata di casa a 14 anni come se fossi io la causa di uno scandalo famigliare. Non sono mai riuscita a riprendermi. Nel 1951 una poliziotta ha creduto alla mia storia, ma nessuno mi ha mai parlato dell’incesto e del suicidio di mio padre, così non sono mai riuscita a elaborare la mia esperienza».

Permettere alle vittime di chiedere che giustizia sia fatta non è una questione di vendetta, secondo iris Galey. «È una questione di giustizia e di fiducia nelle vittime. Ma anche di mettere questi trasgressori davanti alla verità prima di morire».

A fine aprile del 2011, sempre Marche Blanche ha depositato un’altra iniziativa che chiede di introdurre il divieto di esercitare una professione a contatto con i bambini per tutti coloro che hanno abusato sessualmente di fanciulli o di persone dipendenti.
 
Per prevenire gli atti di pedofilia e gli abusi su persone incapaci di intendere e di volere, il governo svizzero ha posto in consultazione un controprogetto indiretto.
 
Le proposte di inasprimento del Codice penale prevedono, tra l’altro, il potenziamento del divieto di svolgere certe professioni.
 
In futuro, un giudice penale potrà inoltre proibire non soltanto l’esercizio di un’attività professionale, ma pure le attività extraprofessionali (svolte ad esempio in seno ad un’associazione).

(Traduzione dall’inglese)

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