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Abraham Jimenez Enoa: "A Cuba il giornalismo si scontra con un muro di cemento"

La prigione o l'esilio: è la scelta che le autorità cubane hanno offerto nel 2021 al giornalista Abraham Jiménez Enoa. Da allora, continua a scrivere sul proprio Paese dalla Spagna, per il Washington Post.

Questo contenuto è stato pubblicato il 03 agosto 2023 - 13:51

In quanto giornalista indipendente a Cuba, Abraham Jiménez Enoa vuole mostrare a tutti i costi la verità sulla dittatura del Paese – ed è un compito arduo. "Quando si pratica il giornalismo a Cuba e si tenta di descrivere la realtà di questo Paese, ci si scontra con un muro di cemento", spiega a SWI swissinfo.ch.

Il giornalista è cofondatore di El Estornudo, una rivista online indipendente di Cuba che raggiunge un vasto pubblico con reportage indipendenti, ritratti e cronaca.

A causa del suo lavoro, Abraham Jiménez Enoa ha subito interrogatori molto duri da parte della polizia cubana, è stato messo ai domiciliari e si è visto bloccare a più riprese l'accesso a internet. Malgrado ciò, ha continuato a parlare delle violazioni dei diritti umani commessi dal regime, tra gli altri anche per il New York Times, BBC World e Al Jazeera.

Dopo aver fatto un resoconto giornalistico delle manifestazioni antigovernative del 2021, le autorità dell'isola gli hanno dato un ultimatum: l'esilio o la prigione. Si è dunque trasferito in Spagna con la famiglia.

Oggi, è cronista per il Washington Post. Nei suoi articoli, analizza la politica cubana e ipotizza i possibili scenari dopo la morte di Raul Castro, oggi 92enne. "Quando Raul morirà, non ci sarà più nessuno. Penso che sarà l'inizio della fine del regime. Potrebbero esserci delle lotte interne in seno all'élite al potere che potrebbero provocare un crollo. Potrebbe finire come è successo all'Unione sovietica dopo la Perestroika".

Nel 2022, il Comitato per la protezioni dei giornalistiLink esterno ha conferito a Abraham Jiménez Enoa il premio internazionale per la libertà di stampa.

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