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A Washington, Merz respinge la tassa sulle banche

Un vertice segnato da tensioni interne, ma anche da qualche sorriso. Keystone

Il Fondo monetario internazionale non ha raggiunto un accordo sulla tassazione del settore finanziario, una delle soluzioni evocate per dissuadere dall’assunzione di rischi. Anche la Svizzera ha bocciato la proposta di una tassa sulle banche, caldeggiata invece da Stati Uniti e Gran Bretagna.

Con un occhio puntato sulla crisi greca, i 186 paesi membri del Fondo monetario internazionale (FMI) hanno inviato un segnale deciso per affrontare i rischi che la crescita del debito pubblico a livello mondiale pone alla ripresa economica.

«I segni di un rafforzamento della ripresa economica sono incoraggianti, ma restano molte sfide da affrontare in modo cooperativo», ha sottolineato il Comitato monetario e finanziario, l’organo più rappresentativo dell’istituzione. A partire dai rischi connessi agli alti deficit pubblici, una conseguenza diretta dei piani di rilancio sviluppati durante l’ultima recessione.

A capo della delegazione svizzera a Washington, Hans-Rudolf Merz ha rilevato come negli ultimi tempi le divergenze tra gli stati membri dell’FMI si siano accentuate. E questo soprattutto per quanto riguarda le strategie da adottare per evitare l’insorgere di nuove crisi.

«Tre anni fa, c’era un’unità d’intenti sulla crisi e sulla sua portata. Un’unità che si ritrovava ancora fino allo scorso anno. Oggi tuttavia le opinioni divergono sulle misure concrete da mettere in atto», ha dichiarato il ministro svizzero delle finanze a swissinfo.ch, a margine delle riunioni primaverili dell’FMI a Washington.

Sono state presentate numerose proposte, ha spiegato Merz, ma la riforma del sistema finanziario internazionale continua ad accendere gli animi e al momento non è ancora stato raggiunto un accordo. Le discussioni hanno portato soprattutto su una migliore regolamentazione dei mercati, sulle politiche budgetarie e monetarie, sulle esportazioni e sulle strategie dell’FMI di fronte al rischio di nuove crisi.

A ognuno la sua soluzione

Le divergenze tra i vari paesi riguardano in particolare la cosiddetta tassa sulle banche. Si tratta di spingere le banche ad alimentare dei fondi speciali per finanziare eventuali salvataggi senza dover sollecitare nuovamente i contribuenti che, in tutto il mondo, hanno versato circa 5000 miliardi di dollari per sostenere gli istituti in difficoltà.

Se gli Stati Uniti e Gran Bretagna hanno lanciato una campagna a favore di una tassa sulle banche, la Svizzera si oppone a questa eventualità. «Il settore finanziario non deve essere sollecitato ulteriormente», ha dichiarato Hans-Rudolf Merz. «Ogni paese ha vissuto la crisi in modo diverso e deve quindi avere il coraggio o la saggezza di elaborare soluzioni regionali o nazionali».

«L’UBS ha rimborsato il denaro dei contribuenti, con un utile di un miliardo e mezzo di franchi. La situazione elvetica è dunque diversa da quella dei paesi che hanno sostenuto le loro banche con decine di miliardi, tuttora nelle mani degli istituti», ha spiegato il tesoriere della Confederazione.

Verso il rifiuto di una tassa sulle banche

«La tassa sulle banche non è che un’opzione tra le tante per raggiungere una stabilità finanziaria», ha spiegato a swissinfo.ch Philipp Hildebrand, presidente della Banca nazionale svizzera (BNS. Un consenso sembra dunque lungi dall’essere raggiunto: «I tempi non sono per niente maturi per una simile decisione in seno all’FMI o al G20».

Di fatto, il ministro canadese delle finanze Jim Flaherty si è spinto fino a dire che lin seno all’FMI a bilancia penderebbe verso un rifiuto della tassazione del settore finanziario. Come la Svizzera, anche il Canada ha respinto a più riprese a questo progetto.

Le divergenze tra i paesi membri dell’FMI non riguardano soltanto la tassa sulle banche, ma anche le strategie nazionali per far uscire dalla crisi e rafforzare l’economia. «Alcuni dicono che bisogna aumentare le imposte, altri vogliono diminuirle, mentre altri ancora puntano a delle riforme strutturali, come l’aumento dell’età di pensionamento», ha puntualizzato Merz, ricordando che prossimamente anche il governo svizzero passerà in rassegna queste proposte.

Misure in vista anche in Svizzera

Se la riforma del settore finanziario stenta a prendere piede a livello internazionale, la Svizzera ha appena fatto un passo importante verso una riforma. Il 22 aprile il governo ha infatti reso note le prime conclusioni a cui è giunta la commissione di esperti: «Per limitare i rischi di fallimenti occorre regolamentare i fondi propri, le liquidità, la ripartizione dei rischi e l’organizzazione delle banche».

Secondo gli specialisti, le regole in materia di fondi propri devono essere inasprite in funzione del peso della banca. Per quanto concerne la liquidità, gli istituti “too big to fail” (troppo grandi per fallire) – UBS e Credit Suisse – dovranno pure rispondere a esigenze accresciute. Proprio mercoledì, del resto, la Finma aveva deciso di aumentarle a partire dal 30 giugno 2010.

Nel suo rapporto annuale dedicato alla Svizzera, pubblicato a marzo, l’FMI ha lodato le misure di politica economica prese dalle autorità, che hanno permesso di contenere la crisi. Gli economisti hanno tuttavia raccomandano al governo di specificare e rafforzare il ruolo della Banca nazionale svizzera e della Finma, Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari.

Dal canto suo, Merz si è giustificato spiegando che la Svizzera sta riorganizzando la politica di sorveglianza dei mercati finanziari e che secondo una valutazione esterna, la collaborazione tra la Finma e la BNS è efficace.


Marie-Christine Bonzom, swissinfo.ch, Washington
(Traduzione e adattamento dal francese, Stefania Summermatter)

Come la Banca mondiale, il Fondo monetario internazionale (FMI) è stato fondato nel 1945.

Innanzitutto si occupa di cooperazione monetaria, di stabilità finanziaria e di prevenzione delle crisi economiche.

L’FMI conta 186 paesi membri. Ognuno contribuisce al capitale dell’istituzione proporzionalmente al peso della propria economia. Sulla base di questo peso è anche fissata la sua quota nelle votazioni interne.

Il gruppo guidato dalla Svizzera all’interno dell’FMI dispone attualmente di una quota di capitale pari all’1,59% e una quota di voti dell’1,57%.

La classifica è guidata dagli Stati Uniti con rispettivamente il 17,09% di capitale e il 16,74% di voti.

In assenza della ministra dell’economia Doris Leuthard, è toccato al direttore della Segreteria di stato all’economia (Seco), Daniel Gerber, rappresentare la Svizzera alle riunioni della Banca Mondiale a Washington.

Daniel Gerber ha sottolineato che «se i paesi in via di sviluppo hanno già registrato una robusta ripresa, la situazione differisce notevolmente secondo gli stati e le regioni», a tal punto che «potrebbero passare anni prima che questi paesi cancellino del tutto le perdite subite in seguito alla crisi».

Ricordando l’altissimo costo umano associato alla crisi economica mondiale, Daniel Gerber ha esortato i paesi donatori e le istituzioni multilaterali di sviluppo a «rafforzare gli sforzi per aumentare i loro aiuti e migliorare l’efficienza».

Il 21 aprile 2010, l’FMI ha rivisto al rialzo le stime di crescita dell’economia mondiale per il 2010.

Nell’anno in corso il PIL segnerà un tasso di espansione del 4,2%, mentre nel 2011 salirà del 4,3%.

La Svizzera registrerà un +1,5% nel 2010 per poi raggiungere un +1,8% nel 2010.

Queste previsioni piazzano la Svizzera in una posizione migliore rispetto all’insieme dei paesi della zona euro, ma indietro rispetto alla crescita media dei paesi sviluppati.

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