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A scuola meno Chiese e più religione

Il crocifisso (cattolico) è sempre meno presente nelle scuole, che cercano un approccio laico alle religioni Keystone

Cos'è il natale? E il ramadan? E lo yom kippur? Sempre più scuole vogliono rispondere a queste domande con un insegnamento religioso aconfessionale.

Una tendenza confermata dal canton Obwaldo, che nel 2005 ha introdotto nei programmi scolastici «religione e etica», materia impartita non dai catechisti ma dai docenti di ruolo.

Diciamolo subito: la Costituzione elvetica garantisce la libertà di credo e di coscienza. Nessuno può essere obbligato a frequentare delle lezioni di religione. Questo almeno laddove il compito dell’educazione religiosa viene lasciato alle Chiese.

E aggiungiamo che, come in molti altri casi, il federalismo svizzero impedisce di dare un quadro generale della situazione, perché ogni cantone o semicantone – e sono 26 – ha le sue regole. «Da un punto di vista dell’orientamento e dell’insegnamento religioso la Svizzera è un patchwork», commenta Ralph Kunz, professore di teologia pratica all’Università di Zurigo.

Volendo semplificare la faccenda si può dire che la Confederazione è divisa tra est e ovest: ad est i cantoni che hanno sempre cooperato con le Chiese ufficiali del paese – Chiesa cattolica e Chiesa riformata – mettendo a disposizione le infrastrutture o integrando l’insegnamento religioso nell’orario scolastico; ad ovest i cantoni dove l’idea di laicismo “alla francese” è dominante e la separazione tra Chiese e Stato (e di conseguenza “scuola”) è molto più netta.

Un mondo che cambia

L’ora di religione è eredità di un tempo in cui la quasi totalità degli allievi apparteneva ad una delle due Chiese del paese. Ora le cose stanno cambiando. I principali motivi? Secolarizzazione e immigrazione. In questo contesto, l’ignoranza delle peculiarità culturali – non solo quelle altrui, ma anche le proprie – è dietro l’angolo.

Proprio per evitare l’ignoranza, combattere i pregiudizi e favorire la conoscenza reciproca, sempre più cantoni stanno introducendo nei programmi scolastici delle lezioni di religione obbligatorie. Obbligatorie perché non si tratta più di un insegnamento confessionale, di un “in-dottrinamento”, ma di un trasferimento di competenze “sulle” religioni.

Nel canton Berna, la strada della lezione sulla religione rivolta a tutti gli allievi è stata presa già 10 anni fa. Ma anche nella Svizzera centrale, tradizionalmente cattolica, è stato elaborato un programma scolastico per le elementari che va in questo senso. Il canton Obwaldo l’ha introdotto proprio nel 2005.

«L’obbligatorietà presuppone un atteggiamento neutro da parte dell’insegnante», commenta il professor Kunz. «Del resto questa non è una cosa che riguarda solo la religione. A scuola anche parlare del sistema politico non può significare “fare politica”».

Compito delle comunità religiose o dello Stato?

Guardando ai dati degli ultimi censimenti, che indicano una costante erosione del senso di appartenenza religiosa della popolazione svizzera, questo sforzo didattico da parte delle autorità potrebbe stupire.

«In realtà», spiega Ralph Kunz, «l’idea che qualcuno debba insegnare religione – e alla gente sembra interessare relativamente poco che sia una Chiesa o lo Stato – trova un ampio consenso. Studi sociologici mostrano che l’80% degli svizzeri ritiene importante che ci sia un insegnamento religioso, anche se personalmente non sono attivi in una comunità o hanno addirittura lasciato la Chiesa».

Un dato di fatto sottovalutato dal governo cantonale zurighese che ha deciso di stralciare i contributi cantonali all’ora di religione. C’è voluto poco tempo perché fosse inoltrata un’iniziativa popolare contro questa decisione.

Se la maggioranza sembra riconoscere che le religioni sono un bene culturale la cui conoscenza va trasmessa alle nuove generazioni, non c’è però ancora un consenso unanime su chi debba assumersi questo incarico nelle scuole. Ultimo esempio, la polemica scoppiata a Friburgo ad inizio anno scolastico. Nei programmi sono stati inseriti dei corsi di “etica e culture religiose” che possono essere scelti dagli allievi che non intendono frequentare dei corsi confessionali, impartiti cioè dalla Chiesa cattolica o da quella protestante.

L’offerta di un’opzione non è stata gradita dalle due Chiese che con una lettera hanno fatto sapere ai genitori che o i ragazzi seguono i corsi confessionali o verrà loro negata la possibilità di cresimarsi (cattolici) o confermarsi (protestanti).

Interessi diversi

Per Kunz è importante rendersi conto che tutta questa discussione parte da interessi diversi. «Come cittadini vogliamo conservare la società dei valori, fare un discorso culturale, promuovere la tolleranza. Come credenti ci interessa la dimensione della fede, vogliamo che i nostri figli facciano un’esperienza spirituale».

Il rischio dell’insegnamento universale è quello di svuotare la religione della sua dimensione di esperienza di fede. D’altro canto permette di coinvolgere le minoranze, che spesso non hanno i “numeri” o i mezzi finanziari per organizzare dei corsi confessionali, e i bambini che vengono da famiglie che non professano nessuna religione.

«La mia speranza è che il trend dell’insegnamento religioso aconfessionale riesca a trasmettere ai ragazzi il rispetto per gli altri, la gioia di scoprire che la religiosità umana ha molte facce e il piacere di conoscere cose che ancora non sanno sui loro compagni, siano essi cristiani, musulmani, ebrei…», conclude il professor Kunz.

swissinfo, Doris Lucini

Nel corso degli ultimi 20 anni, la percentuale di persone appartenenti alle due Chiese ufficiali svizzere (cattolica e protestante) è passata dal 92 al 77%.
Censimento 2000: cattolici romani 41,8%; protestanti 35,3%; musulmani 4,3%; nessuna appartenenza religiosa 11,1%.
Dal 1970 al 2000, il numero delle persone senza appartenenza religiosa è decuplicato.
Tra il 1990 e il 2000 è quasi raddoppiato il numero di musulmani e cristiani ortodossi.

La crescente secolarizzazione della società – anche chi ancora appartiene ad una Chiesa spesso non è praticante – e la diversificazione religiosa dovuta all’immigrazione hanno rilanciato la discussione sul posto della religione nelle scuole.

Visto come un bene culturale, l’insegnamento sulle religioni è sempre più affidato alla scuola pubblica che lo impartisce in modo aconfessionale e obbligatorio per tutti.

Ci sono però ancora cantoni dove questo compito è lasciato alle Chiese locali – in almeno due comuni lucernesi c’è anche un insegnamento dell’islam – e la partecipazione alle lezioni è facoltativa.

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