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Tre nuove Terre attorno a una stella nana?

Una visione artistica di quello che potrebbe essere uno dei pianeti del sistema Trappist-1, dotato di acqua, ghiaccio e roccia. NASA/JPL-Caltech

Scoperta sensazionale: a una distanza di 39 anni luce dalla Terra, attorno alla stella battezzata Trappist-1, orbita un sistema formato da sette pianeti simili al nostro. Tre di questi potrebbero ospitare condizioni idonee per lo sviluppo della vita. 

“Ci sono più possibilità di scoprire la vita su questi pianeti che non su Marte”, ha dichiarato alla televisione svizzera di lingua francese RTS Amaury Triaud, astrofisico francese a Cambridge che ha fatto la sua tesi presso l’Osservatorio di Ginevra. 

RSI – TG del 22 febbraio 2017.

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La scoperta, pubblicata sulla rivista Nature e annunciata dal direttore delle missioni scientifiche della NASA, lo svizzero Thomas Zurbuchen, è il risultato di cinque anni di collaborazione tra l’agenzia spaziale statunitense, gli astrofisici di Cambridge e quelli dell’Università di Liegi, in Belgio. 

Sono stati proprio i ricercatori belgi a battezzare il sistema solare dotato di pianeti “gemelli” delle Terra, in riferimento ad uno dei loro telescopi, ma anche la famosa birra belga prodotta dai monaci trappisti.

Thomas Zurbuchen annuncia l’identificazione del sistema planetario, analogo al nostro, attorno alla stella Trappist-1.

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Situato a 39 anni luce dalla Terra, quasi alla periferia della galassia, il sistema Trappist-1 conta quindi sette piccoli pianeti che ruotano tutti molto velocemente e molto vicini alla loro stella nana – appena più grande di Giove. L’identificazione di questo nuovo mondo è stata agevolata dalle piccole dimensioni e dalla bassa luminosità della stessa stella. 

Un nuovo mondo che dispone di tre pianeti orbitanti nella “zona abitabile” del sistema, quella in cui le temperature permetterebbero all’acqua di esistere in forma liquida. E l’acqua, allo stato attuale delle nostre conoscenze, è il mezzo indispensabile per assemblare le complesse molecole che sono alla base della materia vivente. 

Un fenomeno che si è prodotto su uno o più di questi pianeti? Ci vorranno diversi anni per trovare degli indizi. L’anno prossimo, la NASA lancerà James Webb, il successore del telescopio spaziale Hubble, che studierà l’atmosfera dei pianeti lontani. 

E se dovessero venir rilevate concentrazioni anomale di ossigeno, gli esobiologi sono pronti a scommettere che ciò sarebbe il segno dell’esistenza sulla superficie di organismi in grado di produrre questo gas. Ossia delle piante. E quindi la vita. 

Il miglior luogo per cercare la vita 

All’identificazione del sistema Trappist-1 hanno contribuito lo svizzero Didier Quéloz, professore a Cambridge, e il collega belga Michael Gillon, entrambi ex studenti dell’Università di Ginevra. Due domande a Didier Quéloz. 

Trappist-1 è una stella appena più grande del pianeta Giove. Viene classificata come “ultra fredda”. Cosa significa? 

Che la sua temperatura in superficie è dell’ordine di 2500-2800 gradi, rispetto ai 5800 del nostro sole. Questa stella è di un genere molto diffuso nella nostra galassia: bruciano l’idrogeno così lentamente da essere praticamente eterne. Inoltre, i pianeti che ruotano attorno a loro offrono maggiori probabilità di ospitare la vita. 

Perché questa scoperta è così eccezionale, dal momento che conosciamo già numerosi sistemi dotati di piccoli pianeti?

Si tratta di una scoperta monumentale, tanto importante quanto quella del primo esopianeta, che abbiamo fatto con Michel Mayor 22 anni fa. Segna un cambiamento di paradigma nella ricerca di vita extraterrestre. 

Solo con piccole stelle fredde e poco brillanti come il Trappist-1 abbiamo la possibilità di osservare l’atmosfera dei pianeti che vi orbitano attorno. Su un pianeta simile alla Terra, l’atmosfera equivale soltanto all’1 – 2% della dimensione dello stesso pianeta. È uno strato molto sottile. Possiamo vederla solo se la stella non abbaglia eccessivamente, come nel caso di queste piccole stelle.

Vi sono tracce di vita al di fuori del nostro pianeta? Che cosa ne pensate? Partecipate al dibattito lasciando un commento qui sotto.

Traduzione di Armando Mombelli

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