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27 settembre 2001: strage a Zugo

Le squadre di soccorso davanti all'edificio del Parlamento di Zugo nel giorno della strage Keystone

L'attentato dello squilibrato al Gran Consiglio di Zugo ha seminato il panico e ha lasciato il segno nel tempo.

La cronaca della tragedia.

27 settembre 2001

10:30 – Uno squilibrato con una divisa da poliziotto irrompe nella sala del parlamento cantonale di Zugo, mentre la seduta è in corso. Si mette a sparare all’impazzata e lancia nel mezzo della sala un ordigno esplosivo. Sono presenti 80 granconsiglieri e il governo cantonale al completo. In pochi minuti l’attentatore esplode decine di colpi, provocando un bagno di sangue. Subito dopo ritorna il silenzio.

10:35 – Scatta l’allarme. L’edificio viene isolato, per permettere l’intervento dei soccorritori.

10:45 – Arrivano le squadre d’intervento che si rendono conto della portata della terribile carneficina. Il comando pompieri dichiara l’allarme catastrofe. Per portare aiuto alle vittime il dispiego di forze è ingente: oltre 100 poliziotti, 240 pompieri, 14 ambulanze e due elicotteri del pronto intervento sanitario.

11:00 – Il presidente del Consiglio nazionale e deputato del canton Zugo, Peter Hess, interrompe la seduta per informare il parlamento nazionale degli eventi. Attraverso i media la notizia si diffonde. Il Consiglio federale prende atto con sgomento della furia omicida che ha sconvolto Zugo.

12:00 – La polizia cantonale fa un primo bilancio durante una conferenza stampa improvvisata: 14 le vittime tra cui tre membri del Consiglio di Stato e il presidente del Gran Consiglio; 15 persone sono ricoverate negli ospedali della regione. Si saprà dopo che l’attentatore giace suicida tra le vittime. La procura federale annuncia indagini congiunte alla giustizia locale.
Viene definito un comitato d’emergenza di cui fanno parte i due membri del governo rimasti illesi.

14:00 – La polizia scientifica ricostruisce la dinamica degli eventi, interrogando i testimoni. Si rende nota l’identità dell’autore del massacro: si tratta di un pregiudicato, Friedrich Leibacher, di 57 anni. Nei mesi precedenti aveva sporto una serie di denunce contro persone della vita pubblica del cantone. Tutte le accuse erano state ritenute infondate dalla giustizia locale. Durante il folle gesto avrebbe gridato: “Porci, adesso tocca voi”. Nell’automobile di Leibacher viene trovata una lettera di rivendicazione in cui si arroga il diritto di farsi giustizia.
Viene organizzato un servizio di assistenza psicologica per aiutare le vittime del folle atto e i parenti.

15:00 – Il presidente della Confederazione Moritz Leuenberger, il presidente del Consiglio nazionale Peter Hess e la cancelliera federale Annemarie Huber-Hotz si recano sul posto per testimoniare la loro solidarietà alla popolazione locale e alle autorità.

17:00 – Arrivano i messaggi di cordoglio da parte del parlamento italiano e francese. Nelle ore seguenti i segni di costernazione e solidarietà arrivano da tutto il mondo.

28 settembre 2001: la nazione ammutolita

La stampa nazionale del giorno dopo dedica ampio spazio agli eventi. Il bagno di sangue innesca un’introspezione sulla natura della società svizzera e sulla sua democrazia. La sicurezza dei luoghi pubblici è al cento delle riflessioni. “La Svizzera in lutto”, “Niente è più come prima” e “la fiducia dell’opinione pubblica è compromessa”: questi alcuni titoli dei giornali. Se non la dinamica dei fatti, sicuramente l’aspetto emotivo della strage si ricollega direttamente agli eventi dell’11 settembre.
Bandiere a mezz’asta in tutto il paese. Sul luogo del dramma si recano centinaia di persone a rendere omaggio alle vittime. I messaggi di cordoglio arrivano da tutto il mondo.
I servizi di sicurezza del Parlamento a Berna vengono rafforzati, così come in tutta la Svizzera si ripensano le misure per garantire l’incolumità degli esponenti della vita pubblica.

1. ottobre 2001: il momento del cordoglio

Con un minuto di silenzio e il suono delle campane, la Svizzera ricorda le vittime della strage al parlamento di Zugo. Migliaia di persone seguono la cerimonia ecumenica nella chiesa di San Michele. Attraverso la diretta televisiva, la nazione partecipa al cordoglio.

11 ottobre 2001: l’esecutivo si ricostituisce

Il governo cantonale riprende il suo lavoro. I tre membri uccisi vengono sostituiti dai subentranti. Il comitato d’emergenza viene sciolto.

23 novembre 2001: l’abbandono del luogo del dramma

Il governo cantonale decide di rinunciare all’utilizzo della sala storica in cui è avvenuto il bagno di sangue. Si prevede la costruzione di una nuova sede che ospiti il legislativo cantonale.

27 novembre 2001: le misure concrete di prevenzione

Per reagire in maniera più attenta alle richieste dei cittadini frustrati dalla burocrazia e dalla giustizia, un’iniziativa, sostenuta dall’Ufficio del parlamento cantonale, chiede l’introduzione di un mediatore fra cittadini e stato. Il servizio, già presente in molti cantoni, dovrebbe prevenire altre reazioni forsennate, come quella che ha portato alla strage del 27 settembre.

29 novembre 2001: il ritorno alla normalità

Il Gran Consiglio si riunisce per la prima volta dopo l’attentato. Il dramma aleggia ancora fra i presenti, ma sono forti gli appelli alla normalizzazione. La vita deve ritrovare un suo corso.

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