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2011: l’Europa sotto il fardello del debito

I risvolti della crisi del debito: manifestazioni di protesta a Torino contro il piano d'austerità del governo. Keystone

Piani di salvataggio, tagli alla spesa, sommosse, governi che cadono in Grecia, Spagna, Portogallo e Italia: la crisi del debito fa tremare l’Europa, con contraccolpi anche in Svizzera. Per uscirne, bisogna ristabilire la competitività dei paesi mediterranei, ritiene l’economista Mauro Baranzini.

Annunciando le misure di rigore finanziario del nuovo governo italiano, la ministra del lavoro e della socialità Elsa Fornero si è messa a piangere lo scorso 4 dicembre. Una scena emblematica, che illustra i sacrifici imposti alla popolazione nei paesi più colpiti dalla crisi del debito. I membri dell’UE moltiplicano gli incontri e i vertici, ma non è ancora chiaro se riusciranno ad evitare un contagio e a salvare la zona euro.

Per valutare la situazione economica in Europa e le prospettive in Svizzera, swissinfo.ch ha intervistato Mauro Baranzini, docente di economia presso l’Università della Svizzera italiana.

swissinfo.ch: Professor Baranzini, l’Europa sta slittando verso un anno di recessione?

Mauro Baranzini: Probabilmente sì in alcuni paesi europei, in particolare quelli confrontati a drastici tagli della spesa pubblica. Per l’anno prossimo, il KOF (Centro di ricerche congiunturali del Politecnico di Zurigo) pronostica una crescita del Pil (Prodotto interno lordo) dello 0,6% per l’insieme dei membri dell’Unione europea. Questa crescita è però sorretta soprattutto dalla Germania, che dovrebbe raggiungere un più 2%. Per Francia, Italia e Gran Bretagna vi è da attendersi invece una percentuale leggermente negativa.

Già quest’anno, soltanto la Germania e qualche piccola nazione sono andate ancora abbastanza bene. La Germania è riuscita a contenere il deficit all’1% del Pil e registra un avanzo superiore al 5% delle partite correnti, ossia della bilancia commerciale e di quella dei servizi. La Francia, a titolo di paragone, ha un deficit del 6,5% rispetto al Pil e una bilancia delle partite correnti pari a meno 2,4%.

swissinfo.ch: La crisi del debito continua a gravare sulle prospettive economiche in Europa. Come valuta le misure di rigore e di controllo dei bilanci approvate il 9 dicembre da 26 paesi europei a Bruxelles?

M.B.: Le misure, che puntano su un rientro del deficit a medio termine, sono buone, almeno sulla carta. Potrebbero però risolvere solo il problema dell’indebitamento, che è attualmente insopportabile soltanto per la Grecia. Spagna e Portogallo non hanno infatti un grande debito pubblico e anche per l’Italia non è l’indebitamento a far più paura, anche se ha ormai raggiunto il 120% del Pil. A far paura è piuttosto la recessione che sta per arrivare e la perdita di competitività dell’economia italiana.

Secondo me, il problema maggiore dei paesi mediterranei è proprio legato alla loro forte perdita di competitività da quando sono entrati nell’euro. Questi paesi non riescono più ad esportare come prima e accumulano, anno dopo anno, pesanti deficit delle partite correnti. L’Italia, per fare un esempio, aveva ancora un’eccedenza del più 4% all’inizio degli anni ’90, mentre adesso è scesa a meno 4%.

swissinfo.ch: Quali soluzioni vi sono per rilanciare la competitività di questi paesi?

M.B.: Vista la situazione attuale, una soluzione potrebbe esser quella di mantenere una zona euro per i paesi con maggiori problemi di competitività, in cui resterebbe magari anche la Francia. La Germania e alcune nazioni che definirei “virtuose” – come Olanda e Austria – potrebbero invece uscire dall’euro e creare una nuova area, diciamo, marco.

In tal modo si toglierebbe il veto imposto dalla Germania alla Banca centrale europea di stampare moneta per risolvere i problemi di liquidità dei paesi mediterranei. Partendo da un euro più debole, queste nazioni potrebbero rilanciare le loro esportazioni e ritrovare le condizioni per rifiorire. Non dimentichiamo che avevano già dimostrato in passato grandi capacità di crescita.

swissinfo.ch: Questa opzione suona però come il fallimento del grande progetto euro. Secondo lei è praticabile dal profilo politico?

M.B.: Questa soluzione appare difficile, ma è forse la meno peggiore per salvare la coesione dell’Unione europea. Nei prossimi tempi i politici saranno in ogni caso confrontati a questioni fondamentali per il futuro dell’Europa. Si tratterà ad esempio di stabilire quanti sacrifici sono disposte a fare la Germania e le altre nazioni “virtuose” per mantenere l’attuale grande zona euro. Bisognerà sapere se il contribuente tedesco è pronto a mettere sul piatto 500 miliardi di euro o ancora di più per aiutare le economie in difficoltà.

swissinfo.ch: In che misura la crisi del debito e le tendenze recessive all’interno dell’UE peseranno sull’evoluzione economica in Svizzera?

M.B.: L’economia svizzera, come prevede il KOF, dovrà probabilmente accontentarsi di una crescita molto lieve l’anno prossimo, ma non dovrebbe entrare in recessione. La Svizzera, in questi ultimi anni, ha già diversificato molto le sue esportazioni verso gli Stati Uniti, la Cina, il Giappone e altri paesi dell’Estremo Oriente – tutte nazioni con le quali ha una bilancia commerciale in attivo.

swissinfo.ch: Come mai la Svizzera se la sta cavando meglio di molti altri paesi?

M.B.: Da un lato proprio per questa capacità di diversificazione. Poi perché la piccola Svizzera riesce a reagire più rapidamente di altri paesi a difficoltà che sorgono improvvisamente. E, non da ultimo, perché le sue finanze pubbliche sono solidissime e permettono allo Stato di mantenere un basso livello d’imposizione fiscale. Non dimentichiamo, ad esempio, che l’Iva si situa in Svizzera sull’8%, contro il 20 – 24% dei paesi vicini.

swissinfo.ch: Il tasso di cambio dell’euro a 1,20 franchi, imposto dal settembre scorso dalla Banca nazionale svizzera, può bastare anche in futuro a sorreggere le esportazioni elvetiche?

M.B.: Credo di sì. Nonostante l’indebolimento dell’euro, nei primi 10 mesi di quest’anno le esportazioni svizzere sono aumentate del 10% in termini di volume. In termini di fatturato solo del 2%, ma anche questa cifra non è male tenendo conto del contesto attuale. Vi sono dei settori che continuano ad andare piuttosto bene: l’orologeria, ma anche le macchine di precisione, la farmaceutica, la chimica, i servizi bancari e assicurativi. L’euro a 1,20 franchi mi sembra attualmente il solito e giusto compromesso svizzero.

Crescita o diminuzione percentuale del Prodotto interno lordo (Pil) rispetto all’anno precedente.

Segreteria di Stato dell’economia: +1,8 nel 2011 / +0,5 nel 2012

Banca nazionale svizzera: +1,5-2,0 / +0,5

Credit Suisse: +1,9 / +0,5

UBS: +1,7 / +0,4

KOF ETH Zurigo: +1,8 /+0,2

BAK Basilea: +1,8 / +0,4

Créa Losanna: +0,7 / -0,4

Economiesuisse: +2,0 / +0,5

Fondo monetario internazionale: +2,1 / +1,4

Nato il 31 agosto 1944 a Bellinzona, Mauro Baranzini ha conseguito nel 1972 un dottorato in economia presso l’Università di Friburgo.

Dal 1976 al 1987 ha insegnato economia presso l’Università di Oxford.

Dal 1987 al 1997 è stato professore ordinario di economia politica all’Università di Verona.

Dal 1997 ad oggi è decano e professore di economia presso l’Università della Svizzera italiana a Lugano.

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