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2009 – La fine del segreto bancario?

Le pressioni internazionali fanno vacillare uno dei pilastri della piazza finanziaria svizzera. imagepoint

L’anno che si conclude ha segnato una svolta per il segreto bancario svizzero, ancorato nella legge dagli anni trenta. Ridotto a brandelli oppure estinto, il segreto bancario svizzero può dirsi sopravvissuto al 2009? Tentativo di risposta a due voci.

Il segreto bancario garantisce ai clienti delle banche svizzere la completa confidenzialità sulle informazioni che li riguardano, che non vengono trasmesse né a privati, né ad amministrazioni pubbliche come il fisco. Questa prassi però, che viene superata in caso di azione penale, ha subito sensibili cambiamenti nel corso degli ultimi anni.

Il 2009 ha segnato un nuovo capitalo nella saga del segreto bancario. Quest’anno la più grande banca del paese (UBS) ha fornito alle autorità americani i nomi di numerosi clienti sospettati di reati fiscali. E soprattutto il governo ha abbandonato sul piano internazionale la distinzione tra evasione e frode fiscale, passando da un sistema di scambio di informazioni a una richiesta a beneficio delle autorità fiscali straniere (standard dell’OCSE).

Per mettere in atto questa riforma, la Confederazione ha rinegoziato le convenzioni di doppia imposizione con tutta una serie di paesi, sui quali le due camere del Parlamento dovrebbero pronunciarsi entro l’estate. E se l’arma del referendum sarà impugnata, la popolazione potrebbe essere chiamata alle urne per esprimersi su uno o l’altro accordo.

Di sicuro, però, le obiezione non arriveranno dagli ambienti bancari. Un «sì» metterebbe infatti in gioco la credibilità della Svizzera, mentre un «no» farebbe pensare che gli sforzi dei negoziatori elvetici a difesa del segreto bancario non sono legittimati dal popolo, spiega Pihilippe Kenel, avvocato fiscalista in Svizzera e a Bruxelles.

Svolta

Ciò detto, sul piano fiscale il segreto bancario svizzero ha subito una svolta radicale nel 2009, secondo Henri Torrione, professore all’università di Friburgo. Per i residenti in Svizzera non è cambiato nulla: le amministrazioni fiscali possono rivolgersi alle banche unicamente in caso di frode. Per i non residenti invece, i dati dovranno essere comunicati alle autorità fiscali competenti anche in caso di semplice sottrazione (non dichiarazione di un reddito), spiega il professore di diritto fiscale. Valutare il contesto del segreto bancario dipende in definitiva dall’interpretazione delle convenzioni riviste di doppia imposizione.

«La strategia del governo è di dire che in assenza del nome di un cliente e della sua banca, si ha a che fare con il cosiddetto fishing expedition (“si butta l’amo con le esche, e si vedrà quel che abbocca”), che non dà diritto all’ottenimento di informazioni. Se questa strategia si dimostra vincente, viene di fatto rispettato il segreto bancario di fronte alle autorità fiscali straniere. Ma personalmente non ci credo per niente».

Secondo Henri Torrione, «il cambiamento di politica deciso dal Consiglio federale per adeguarsi agli standard dell’OCSE implica un abbandono totale del segreto bancario». Il professore invita quindi i ministri a non «raccontar favole al popolo e ai clienti delle banche svizzere».

Sfumature

Nella convenzione di doppia imposizione con la Francia, la Svizzera ha accettato suo malgrado di non esigere da parte delle autorità l’obbligo di indicare il nome della banca in cui i rispettivi fondi vengono gestiti. L’istituto bancario viene così precisato solo «se possibile», ricorda Henri Torrione. In altre parole, ciò significa che la «Svizzera sarà tenuta a trasmettere informazioni sui clienti sospettati di frode o evasione anche quando il nome della banca non è noto. Anche se questa non è l’interpretazione data dal Consiglio federale, è quella del senso comune, che senza dubbio prevarrà».

Quanto all’accordo di doppia imposizione con gli Stati Uniti, prevede che il cliente sia identificato «in modo particolare» attraverso il nome fornito dal fisco americano. Quindi non obbligatoriamente, secondo il giurista. Nel caso UBS, tuttavia, la Svizzera ha acconsentito di dare delle informazioni per dei casi di evasione, senza prima aver ricevuto i nomi di questi clienti. «Pensare che gli americani abbiano concluso un accordo con la Confederazione che impedirà loro di ottenere meno informazioni rispetto al passato non è realistico», giudica il professore friburghese.

Secondo lui, questa interpretazione – «costruita sulla sabbia» – di uno scambio di informazioni su richiesta di un governo rende la Svizzera «particolarmente vulnerabile» nelle battaglie future sullo scambio automatico di informazioni di cui non vuol sentir parlare ma che l’Unione europea potrà presto esigere.

«Per evitare il rischio di uno scambio automatico d’informazioni, la Svizzera deve giocare apertamente il gioco dello scambio su richiesta. Deve adottare una posizione trasparente, logica, coerente e in linea con l’OCSE».

Prudenza

Philippe Kenel ritiene dal canto suo che per i clienti «prudenti» non sia cambiato nulla. Per contro, «chi porta con sé delle dichiarazioni bancarie o attraversa la frontiera con denaro o documenti, si assume dei rischi». In questo caso, il segreto bancario non dà più le medesime garanzie.

Anche l’avvocato sostiene che introdurre una clausola del «se possibile» nella convenzione di doppia imposizione con la Francia sia stato un «grave errore». Con gli altri paesi, però, «la situazione è più chiara, ci vuole il nome della banca». Naturalmente su riserva delle pretese che potrebbero ancora venire da Germania e Italia…

Per Kenel si tratta più che altro di capire se il segreto bancario continua ad esistere nella testa dei clienti. «È un fenomeno essenzialmente psicologico e saranno proprio i clienti a stabilire se dargli ancora fiducia o meno. La posta in gioco sta proprio qui».

Cosa significa quindi? «Viste le reazioni, si può senza dubbio ammettere che il segreto bancario è stato colpito», prosegue Kenel. «I clienti francesi, ad esempio, che lasciano la Francia per venire a vivere in Svizzera non hanno più fiducia nel sistema anche se continuano ad essere protetti come in passato». Per riconquistarne la fiducia, bisognerà ritrovare una certa stabilità.

A questo stadio, Philippe Kenel spiega ai suoi clienti che le pressioni sul segreto bancario proseguiranno. «Ma il governo svizzero non cederà mai sulla questione dello scambio automatico d’informazioni. E in caso di votazione popolare su una decisione imposta da uno Stato terzo, il popolo respingerà qualsiasi proposta in questo senso. La sicurezza del cliente, oggi come oggi, è dunque nelle mani del popolo svizzero».

Pierre-François Besson, swissinfo.ch
(Traduzione dal francese Stefania Summermatter)

Febbraio : Le autorità elvetiche autorizzano l’UBS a consegnare agli Stati Uniti i nomi di 255 clienti sospsettati di evasione fiscale. Una decisione presa senza attendere la sentenza sui ricorsi pendenti dei clienti svizzeri e quindi in violazione della legge sul segreto bancario.

Marzo: In seguito alle pressioni internazionali, il governo annuncia la decisione di allentare le norme relative al segreto bancario, secondo gli standard dell’OCSE.

Aprile: il G20 inserisce la Svizzera nella cosiddetta lista grigia dei paradisi fiscali.

Agosto: la Svizzera e gli Stati Uniti raggiungono un accordo sulla vertenza UBS. Gli americani abbandonano la richiesta di ottenere i nomi di 52’000 titolari di conti. Dal canto suo, la Confederazione si è impegnata a trattare entro un anno una domanda di assistenza amministrativa che riguarda circa 4450 conti.

Settembre: dopo aver sottoscritto dodici nuove convenzioni di doppia imposizione, la Svizzera viene tolta dalla lista grigia dell’OCSE.

Novembre: il governo propone al parlamento di sottoporre i nuovi accordi di doppia imposizione a referendum facoltativo.

L’Unione europea rinvia al 2010 un progetto di accordo sulla fiscalità al risparmio che implica lo scambio automatico di informazioni per i paesi membri. Le normative sul segreto bancario in Austria e nel Lussemburgo sono a rischio. A breve, le pressioni si riverseranno anche sulla Svizzera.

La Svizzera è decisa a respingere lo scambio automatico di informazioni.

L’assistenza amministrativa è accordata caso per caso, in risposta a richieste concrete e giustificate.

Il «fishing expeditions», correntemente utilizzata per indicare quelle richieste di informazioni non già su un singolo individuo nei confronti dei quali si nutrono seri sospetti o sono stati acquisiti già indizi di colpevolezza, ma su gruppi o categorie di individui, è vietato

Lo scambio di informazioni è limitato alle imposte che rientrano nelle convenzioni di doppia imposizione.

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