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La libera circolazione porta alla Svizzera luci e ombre

Molti degli abusi riscontrati nell'ambito della libera circolazione avvengono sui cantieri edili. Keystone

Un contributo essenziale alla crescita economica o una minaccia alla stabilità sociale? A dieci anni dall'entrata in vigore dell'accordo sulla libera circolazione delle persone tra la Svizzera e l'Unione Europea, il bilancio di favorevoli e contrari resta contraddittorio.

Era il 1° giugno del 2002. Il primo pacchetto di accordi bilaterali entrava in vigore, garantendo ai cittadini svizzeri il diritto di risiedere e lavorare liberamente nei paesi dell’Unione europea e ai cittadini di quest’ultima di fare altrettanto in Svizzera.

A dieci anni di distanza, la Segreteria di Stato dell’economia (SECO) ha dichiarato che la libera circolazione delle persone ha aumentato in modo significativo il potenziale di crescita economica e ha permesso alla Svizzera di progredire finanziariamente.

Argomenti messi in dubbio però dagli oppositori alla libera circolazione. L’Unione democratica di centro (Udc, destra conservatrice) ha lanciato un’iniziativa popolare “Contro l’immigrazione di massa”, che chiede di introdurre limiti annuali e contingenti per le autorizzazioni di soggiorno in Svizzera. Anche i partiti di sinistra e i sindacati si sono fatti sentire, criticando in particolare l’efficacia delle cosiddette misure di accompagnamento, volte a ridurre i rischi di dumping sociale e salariale.

Esperienze controverse

Il bilancio positivo tracciato dalla SECO è condiviso anche dall’Unione svizzera degli imprenditori. Il suo direttore, Thomas Daum, sottolinea come questo rapporto respinge di fatto tutti gli argomenti  avanzati da coloro che, per principio, si sono opposti alla libera circolazione delle persone.

I sindacati però la pensano diversamente: le misure di accompagnamento, secondo loro, non sono sufficienti a garantire una parità di trattamento tra lavoratori svizzeri e stranieri. Gli abusi salariali restano d’attualità, mentre i controlli e le sanzioni alle imprese sono carenti, denunciano le organizzazioni di categoria.

Numeri contro numeri

Sulla base di dati statistici, George Sheldon – professore di economia industriale e del lavoro all’università di Basilea – è giunto alla conclusione che la libera circolazione delle persone non è la causa scatenante del costante aumento dell’immigrazione in Svizzera registrato negli ultimi anni. «Ha unicamente alimentato una situazione precedente, ossia quando dalla metà degli anni Novanta è iniziata una tendenza all’immigrazione dai paesi del Nord Europa, in particolare dalla Germania».

Di tutt’altro parere Oskar Freysinger, deputato alle camere e vicepresidente dell’UDC. «Da quando la libera circolazione è diventata effettiva, ossia da quattro o cinque anni, le statistiche federali mostrano un evidente aumento dell’immigrazione. Ora porte e portoni sono aperti, anche per i presunti candidati a un posto di lavoro o gli pseudo liberi professionisti».

Anche a livello salariale, secondo George Sheldon, le statistiche parlano chiaro. Non si può dimostrare che il flusso di stranieri immigrati dai primi 17 Stati membri, dopo l’entrata in vigore dell’accordo, abbia portato a un declino generalizzato dei salari. Questo conferma dunque le conclusioni della SECO, afferma il professore: «i salari degli svizzeri sono per lo meno stati risparmiati».

Quanto alle remunerazioni dei lavoratori altamente qualificati, stranieri o svizzeri, sono aumentati mediamente del sei per cento tra il 2002 e il 2009, e questo malgrado un crescente afflusso migratorio.

Concorrenza tra stranieri

Per Sheldon, inoltre, non esiste concorrenza sul mercato del lavoro svizzero tra cittadini residenti e immigrati, ma complementarietà. La competizione si gioca più che altro tra gli stessi stranieri con permesso di lavoro: I lavoratori poco qualificati, domiciliati in Svizzera già da tempo e provenienti soprattutto da paesi extraeuropei, sarebbero stati confrontati talvolta a perdite salariali.

Un’affermazione contestata, una volta di più, da Oskar Freysinger. «Non vorrei citare gli esponenti del partito socialista, ma perfino loro riconoscono il problema fondamentale dei lavoratori in nero e dei presunti liberi professionisti». I controlli sono semplicemente carenti, sottolinea l’esponente dell’Udc, puntando anch’egli il dito contro le misure di accompagnamento.

Eredità del passato

Sul fronte della disoccupazione, altro argomento sovente citato nel dibattito sugli accordi bilaterali, Sheldon è categorico: «L’alto tasso di disimpiego tra gli stranieri non ha nulla a che vedere con la libera circolazione delle persone».

«Se si osservano da vicino queste cifre, si nota che la maggior parte degli stranieri disoccupati fa parte della manodopera poco qualificata, immigrata prima degli anni Novanta e di cui l’economia locale ora non ha più bisogno». Non bisogna dunque confondere il retaggio di una politica estera precedente con le conseguenze della libera circolazione delle persone, conclude il professore.

Progressi economici?

Che l’immigrazione di lavoratori stranieri partecipi all’aumento della produttività del lavoro, è un fatto comprovato, osserva Sheldon: «Grazie a questo “rendimento della formazione”, la Svizzera ha potuto trarre benefici economici da questa nuova generazione di migranti. «Inoltre quando l’offerta di personale altamente qualificato è più alta, il divario salariale tra i lavoratori delle diverse fasce tende a diminuire. E questa tendenza è auspicabile».

Senza contare che gli stranieri altamente qualificati pagano anche più imposte e contributi sociali in Svizzera, grazie ai loro salari elevati, sottolinea ancora Sheldon. Sul piatto della bilancia, queste persone contribuiscono dunque al funzionamento del sistema più che approfittarne, prosegue il professore, «contrariamente ai cliché veicolati sugli stranieri che abusano del sistema sociale».

«Forse sarà anche vero, risponde Freysinger, ma sicuramente corrisponde soltanto a una piccola parte della popolazione straniera. Prendiamo ad esempio i medici. La Svizzera mette barriere artificiali alla formazione di nuovi medici e allo stesso tempo importa un gran numero di personale dalla Germania. Sono meno costosi, certo, ma il loro livello di istruzione non può essere paragonato».

Il 25 settembre, la Camera alta del Parlamento ha accolto una serie di nuove misure per lottare contro il dumping salariale nel settore della costruzione.

Per 22 voti contro 18, i senatori hanno sostenuto il principio della catena della responsabilità. In altre parole, l’impresa principale svizzera sarebbe corresponsabile dei salari e delle condizioni di lavoro praticate da tutti i loro subappaltatori europei.

Attualmente, l’azienda principale può accontentarsi di far firmare ai subappaltatori un contratto che li obbliga a rispettare le condizioni di lavoro praticate in Svizzera.

La Camera bassa deve ancora pronunciarsi in merito.

Quello sulla libera circolazione delle persone, in vigore dal giugno 2002, è uno dei sette accordi bilaterali che la Svizzera ha sottoscritto nel 1999 con l’Unione europea (che allora contava 15 Stati membri).
 
Il pacchetto di accordi bilaterali è stato accettato in votazione popolare (67,2% di favorevoli) nel 2000.
 
Nel 2005, il 56% dei votanti ha accettato l’estensione della libera circolazione delle persone ai dieci nuovi stati membri dell’Ue.
 
Nel 2009, sempre attraverso le urne, il popolo svizzero ha approvato (59,6%) la prosecuzione dell’accordo sulla libera circolazione e la sua estensione a Bulgaria e Romania.
 
Parallelamente all’introduzione della libera circolazione sono entrate in vigore le misure di accompagnamento. Queste intendono evitare il dumping salariale e sociale.

L’Unione democratica di centro (Udc, destra conservatrice) ha lanciato un’iniziativa popolare denominata ” Contro l’immigrazione di massa”.

Il testo vuole che la Svizzera possa “gestire in modo autonomo l’immigrazione degli stranieri”, introducendo limiti annuali e contingenti.

Tutte le categorie sarebbero prese in considerazione: frontalieri, rifugiati, emigranti,…

L’iniziativa precisa che i trattati attualmente in vigore che aprono le frontiere senza limitazione devono essere “rinegoziati e adattati”.

L’Udc ha tempo fino al gennaio 2013 per raccogliere le 100’000 firme necessarie affinché un’iniziativa possa essere sottoposta a voto popolare.

(Traduzione dal tedesco, Stefania Summermatter)

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