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“Stare a sentire uno svizzero che si lamenta diventa quasi insopportabile”

Da otto anni Ariane Lüthi, professionista della mountain bike, vive in Sudafrica. Come donna la 35enne ha dovuto lottare molto più di quello che era abituata a fare in Svizzera. Originaria dell’Oberland bernese e con in tasca un diploma universitario in sport, scienze della comunicazione e storia, è fermamente convinta che molti suoi compatrioti non sappiano apprezzare abbastanza le conquiste sociali del loro Paese.

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swissinfo.ch: Quando e perché ha lasciato la Svizzera?

Ariane Lüthi: Sono emigrata in Sudafrica a fine 2010. Due mesi prima avevo disputato una gara a tappe e conosciuto il mio ex marito. Lui era professionista e manager di una squadra di mountain bike e mi ha proposto un contratto da professionista nel suo nuovo team. Sono quindi partita per amore e ovviamente anche per vivere appieno la mia passione.


Le opinioni espresse in questo articolo, tra cui quelle riguardanti il paese ospitante e la sua politica, rispecchiano la visione della persona intervistata e non corrispondono necessariamente alla posizione di swissinfo.ch.

swissinfo.ch: Si è trattato di un viaggio di sola andata o pensa di rientrare in Svizzera un giorno?

A. L.: Quando sono partita e poco dopo mi sono sposata pensavo di rimanere in Sudafrica per sempre. Nel frattempo ho divorziato e a volte rifletto sull’eventualità di trasferire le mie carte in Svizzera.

Con le gare di mountain bike sono sempre in giro e non resto mai a lungo nello stesso posto. Sull’arco di un anno passo quasi lo stesso tempo in Svizzera che in Sudafrica.

swissinfo.ch: Qual è il suo rapporto con la Svizzera?

A. L.: Il legame è molto forte perché in Svizzera ho la mia famiglia e molti amici con cui ho contatti regolari. Visto che però in Sudafrica volevo integrarmi ho dedicato molto tempo a capire le differenze tra i due Paesi e spesso ho cercato di spiegarmi fino a che punto ero diversa a causa della mia origine.

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Spesso quando mi stizzivo per qualcosa la mia prima reazione era: “Ecco, tipico del Sudafrica, in Svizzera sicuramente non sarebbe successo…”. Ma poi riflettendoci meglio ho dovuto ammettere che la diversa interpretazione ad esempio di concetti come l’affidabilità e la puntualità può essere giustificata con il background culturale, esattamente come la mia reazione di petto.

swissinfo.ch: Cosa definirebbe tipicamente svizzero?

A. L.: Spesso noi svizzeri manifestiamo un senso di superiorità nei confronti dei Paesi in via di sviluppo o, come nel mio caso, di nuova industrializzazione. Ma anche se in Svizzera il livello di prosperità generale è maggiore che in Sudafrica, non significa affatto che facciamo tutto meglio degli altri.

La Svizzera rimane la mia patria e un luogo in cui mi trattengo spesso, ecco perché mi interessa sempre molto seguire l’attualità e la vita politica.

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swissinfo.ch: Che lavoro fa? Come stanno andando le cose?

A. L.: Grazie al mio ex marito sono diventata professionista della mountain bike e corro per la squadra sudafricana Team SpurCollegamento esterno. Nel mio palmares vanto diversi successi tra cui cinque vittorie nella leggendaria gara a tappe Cape Epic [una delle gare a tappe di mountain bike più dure al mondo, ndr].

Dubito di diventare mai ricca in termini monetari, ma amo il mio lavoro e la mia vita è ricca di ricordi bellissimi e molto intensi che mi rendono felice.

swissinfo.ch: Dove vive attualmente? E come sono la vita e la cucina del posto?

A. L.: Ho affittato un appartamentino a StellenboschCollegamento esterno, dove rimango da settembre ad aprile. È una cittadina poco distante da Città del Capo, nota per i suoi vigneti e i vini che vi si producono.

Stellenbosch è molto apprezzata da diversi sportivi di punta a livello internazionale, che la scelgono per allenarsi nel triathlon, nell’atletica leggera, nel nuoto e ovviamente nella mountain bike. Ora che vi si disputa anche una gara di coppa del mondo, e non soltanto la Cape Epic, è diventata un polo d’attrazione per molti professionisti della due ruote.

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Da gennaio a marzo Stellenbosch è inondata non solo di studenti, ma anche di atleti professionisti. Grazie al clima caldo e secco, ai variegati trail, allo stile di vita rilassato e alla buona cucina, Stellenbosch è diventata la destinazione di allenamento numero uno.

La cucina è piuttosto europea visto che i Sudafricani bianchi hanno tale origine, soprattutto inglese e olandese. Ma siccome Città del Capo era una “tappa obbligata” sulla rotta commerciale dall‘Asia all’Europa, vi si trovano anche influssi asiatici. Il bobotie ne è un classico esempio: un pasticcio piccante di carne insaporito con curry e addolcito con del chutney.

swissinfo.ch: Cosa le piace di più del Sudafrica rispetto alla Svizzera?

A. L.: Senza dubbio la meteo. Per una come me potersi allenare in un clima caldo e secco comporta enormi vantaggi, specialmente in vista delle gare di lunga distanza. Qui posso rimanere per ore in sella alla mia mountain bike senza paura di prendermi un raffreddore.

La maggior differenza è però di ordine culturale: non per nulla il Sudafrica è chiamato anche il Paese dell’arcobaleno.

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swissinfo.ch: Che cosa pensa della Svizzera, osservandola da lontano?

A. L.: Gli Svizzeri stanno alla grande. Ma siccome in Svizzera vive pochissima gente povera, gli altri non sanno apprezzare nella giusta misura quello che hanno. Avendo visto in prima persona quanto poco basti ad altri per essere felici, stare a sentire uno svizzero che si lamenta diventa quasi insopportabile.

Considerato l‘elevato tenore di vita in Svizzera penso che il nostro Paese dovrebbe impegnarsi di più per lenire la sofferenza nel mondo. In Sudafrica l‘apartheid è stata superata, ma la strada verso un mondo equo, dove non vi siano prevaricazioni da parte di un gruppo di persone su altre, è ancora lunga. Non abbiamo mai pensato che forse in Svizzera stiamo così bene proprio perché dall’altra parte del mondo altri vengono ancora trattati come schiavi?

swissinfo.ch: A volte si sente ancora fuori posto o si è integrata bene?

A. L.: I sudafricani sono molto aperti e mi considerano una di loro. Ci sono però anche occasioni in cui mi rendo conto di avere altre radici. Magari non capisco una battuta o faccio un passo falso a causa dei miei modi un po’ goffi.

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swissinfo.ch: Quali sono le differenze culturali che le danno più filo da torcere?

A. L.: Quello che mi disturba di più è l’inaffidabilità da manuale dei sudafricani. La parola data, per intenderci, non è sempre la parola data, e questo per me si è rivelato molto deludente specialmente nell’ambito della negoziazione dei miei contratti di sponsoring. Con gli anni ho imparato la lezione e oggi ho il sostegno di sponsor affidabili e integerrimi. Non si può quindi fare di ogni erba un fascio.

Faccio inoltre fatica a sopportare la pressione che sento come donna per corrispondere a un certo ideale di bellezza. In questo senso i sudafricani sono forse più superficiali degli svizzeri che conosco. Con questo non voglio dire che in Svizzera non ci siano persone superficiali! In Sudafrica ho pure avuto l’impressione di dover lottare per essere rispettata come donna. Tra gli afrikaner di pelle bianca originari dei Paesi Bassi la ripartizione dei ruoli tra i sessi è piuttosto tradizionalista e ne ho fatto le spese durante il mio matrimonio. Mi mancavano le donne “con i pantaloni”, come quelle che conoscevo in Svizzera.

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swissinfo.ch: Cosa apprezza di più della sua vita all’estero?

A. L.: Il modo di fare positivo e spensierato della gente di colore che svolge lavori mal pagati, come ad esempio quelli che sui cantieri stradali devono sventolare tutto il giorno una bandierina per segnalare il pericolo e che ciononostante ti salutano cordialmente con un passo di danza – l’ho visto con i miei occhi!

swissinfo.ch: Partecipa alla elezioni e votazioni in Svizzera?

A. L.: Mi piacerebbe poter prender parte alle votazioni, ma la maggior parte delle volte ricevo la documentazione troppo tardi perché la posta è un po’ lenta. Sarei molto contenta se introducessero la possibilità di votare per via elettronica!

swissinfo.ch: Cosa le manca di più della Svizzera?

A. L.: Già che siamo in tema, mi manca proprio un sistema postale più veloce e affidabile, che mi permetterebbe appunto di votare. Un’acqua di rubinetto di migliore qualità e i miscelatori sono aspetti pratici cui ero abituata in Svizzera. Ma a mancarmi sono soprattutto gli amici svizzeri, la famiglia, il poter parlare il diletto bernese e la bellezza delle Alpi.

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