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«To be or not to be»… il bosone di Higgs

I rilevatori dell'LHC sono alti più di 20 metri. Keystone

«Viviamo un’epoca davvero emozionante», ha detto il direttore del CERN a proposito dei primi risultati del LHC. Il più grande acceleratore di particelle del mondo, in funzione dal 2008, ha già fornito importanti informazioni. Riuscirà a trovare il famoso bosone di Higgs?

Il meglio della fisica delle particelle (tra cui due premi Nobel) è attualmente riunito a Grenoble, in Francia. Circa 700 fisici da tutto il mondo partecipano, dal 21 al 27 luglio, alla “Europhysics Conference on High Energy Physics” 2011, un appuntamento che il CERN ha scelto per presentare e discutere i primi risultati dell’LHC.

L’inaugurazione dell’acceleratore da 6 miliardi di franchi, nel settembre 2008, non era stata delle più riuscite. Pochi giorni dopo la sua messa in funzione, la macchina era stata spenta a causa di un problema al sistema di raffreddamento. Siccome l’acceleratore deve lavorare a una temperatura vicina allo zero assoluto, c’era voluto più di un anno per riparare e, soprattutto, raffreddare nuovamente la parte del tubo a vuoto in questione.

Per registrare le prime collisioni di fasci di particelle si è così dovuto attendere fino al novembre 2009. Da allora, il doppio anello funziona a pieno regime.

Miracolo

Il grande collisore di adroni (Large Hadron Collider) sembra inoltre in grado di recuperare il tempo perso. «La quantità di dati raccolti finora equivale alle previsioni fatte per l’intero 2011», ha detto lunedì a Grenoble il direttore generale del CERN, il Centro europeo di ricerca nucleare.

La soddisfazione di Rolf-Dieter Heuer è doppiamente giustificata: i ricercatori hanno infatti potuto analizzare, prima della conferenza, tutte le informazioni raccolte. Una rapidità che per il fisico ha del miracoloso.

Un miracolo reso possibile grazie alla Griglia di calcolo planetaria elaborata per l’LHC, una rete che collega i centri di calcolo del mondo intero capace di realizzare – simultaneamente – fino a 200’000 operazioni di analisi fisica.

In un campo come quello delle particelle è in effetti necessario effettuare un elevatissimo numero di calcoli. Per riuscire a mettere in evidenza i rari processi, i ricercatori devono passare in rassegna quantità enormi di dati.

Shakespeariano

Ci vuole dunque pazienza. Per il momento, gli esperimenti condotti nell’LHC si concentrano sulla fisica già nota, in particolare sulle misure e sui limiti. In altre parole: prima di scoprire il famoso bosone di Higgs, che alcuni hanno soprannominato “la particella di Dio”, passerà ancora del tempo. Secondo la teoria, questa particella permetterebbe di spiegare il motivo per cui le componenti fondamentali della materia sono dotate di una massa.

La questione è di sapere se il bosone esiste o meno. «To be or not to be», ha riassunto Rolf-Dieter Heuer, per il quale la risposta giungerà entro la fine del 2012. Ci vorrà in effetti più di un anno per ottenere delle collisioni sufficientemente energetiche e disporre delle informazioni più rilevanti. Quando funzionerà al massimo delle sue capacità, l’LHC produrrà un numero di collisioni di particelle venti volte superiore al ritmo attuale.

Ben presto, al bosone di Higgs non rimarranno più molti posti dove nascondersi. Al momento ci sono buone ragioni di credere che la sua massa si situa tra i 115 e i 140 GeV (gigaelettronvolt). Una particella quindi estremamente piccola e difficile da scovare.

Materia o antimateria?

E se invece non esistesse? Per numerosi fisici, il mondo potrebbe allora diventare più interessante. L’inesistenza del bosone li obbligherebbe in effetti a rivedere il modello teorico standard.

Un modello che in ogni caso non spiega tutto. Ad esempio: perché la materia visibile sembra costituire meno del 5% della massa dell’universo? E cosa sono la materia e l’energia nera che compongono il resto? La prima è molto probabilmente formata da particelle ancora sconosciute, mentre la seconda sarebbe una forza antigravitazionale che, contrariamente a quanto dovrebbe fare, accelera invece di rallentare l’espansione dell’universo.

Per la materia nera, la risposta potrebbe giungere dallo spazio tramite lo spettrometro AMS-02, installato tre mesi fa sulla Stazione spaziale internazionale (ISS). I suoi dati saranno analizzati dal CERN, prima di essere paragonati a quelli ottenuti nei rilevatori dell’LHC.

C’è infine anche l’antimateria (rilevabile dall’AMS-02), presente in grandi quantità durante le fasi iniziali dell’Universo. Sebbene il CERN sia in grado di fabbricarla, i fisici continuano a chiedersi per quale motivo il mondo è fatto di materia, e non di antimateria. E se esiste davvero una simmetria tra le due. Interrogativi destinati ad alimentare i futuri congressi scientifici.

Il Grande collisore di adroni (LHC) è un anello con una circonferenza di 27 chilometri situato a 100 metri di profondità nei pressi di Ginevra.

Al suo interno, grazie a più di 9000 magneti conduttori, è possibile lanciare e accelerare fasci di particelle. I fisici sono interessati a studiare i prodotti dello scontro di fasci di protoni provenienti da direzioni diverse.

All’interno dell’LHC, i protoni possono raggiungere una velocità vicina a quella della luce.

Al momento dello scontro, l’energia accumulata dovrebbe trasformarsi in materia in virtù della teoria della relatività e della formula di Einstein E=mc2 (l’energia è uguale alla massa moltiplicata per la velocità della luce al quadrato).

La costruzione dell’LHC è costata più di 6 miliardi di franchi. Un guasto ha messo fuori uso l’acceleratore subito dopo l’inaugurazione nel settembre del 2008. Per ripararlo ci sono voluti un anno e altri 35 milioni.

L’LHC dovrebbe consentire di migliorare le conoscenze della natura dell’infinitamente piccolo e dell’infinitamente grande. Si tratta inoltre di una macchina del tempo che potrebbe aiutarci a capire i primi istanti dell’Universo.

Traduzione di Luigi Jorio

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