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“La semplicità in cucina è la nuova tendenza”

A dirlo è lo chef elvetico Carlo Crisci. Incontro con questo artista dei fornelli, che ha quasi 50 anni di carriera alle spalle.

Lo chef bistellato Carlo Crisci ha deciso, lo scorso dicembre, di voltare pagina: dopo aver ottenuto numerosi riconoscimenti internazionali, tra i quali due stelle Michelin, con il suo ristorante Le Cerf di Cossonay (VD), ha passato il testimone a Romain Dercile e François Gautier, che hanno aperto La Fleur de SelCollegamento esterno. Il ristorante, porta la firma di Carlo Crisci, anche se lo chef non è più dietro ai fornelli: “Sono presente circa una volta alla settimana per provare i piatti e dare dei consigli”. La sua è anche una responsabilità finanziaria – è lui il proprietario – finché Dercile e Gautier “non decollano come si deve”.

Autore di libri di ricette, consulente in cucina, Crisci collabora da qualche mese anche con Vacherin Fribourgeois  SA: con quello che è uno dei più famosi formaggi elvetici sta creando una linea di prodotti che lo contengono. Un’immersione dolce nella pensione, la sua: “In totale lavoro una decina di giorni al mese e cerco di farlo nella prima metà, lasciandomi la seconda libera”.

Nato in Svizzera, da genitori italiani (entrambi di RoscignoCollegamento esterno, nel Cilento, per la precisione), la sua cucina è più mediterranea di quella del papà, arrivato nella Confederazione all’età di 18 anni. Contadino prima, calzolaio poi, ha imparato a cucinare lavorando in hotel e ristoranti, per poi diventare lui stesso ristoratore. Come ci racconta lo chef, però, la sua cucina era più locale: “Non si è portato il mestiere da casa, ma lo ha imparato in Svizzera. Ha quindi sempre preparato i piatti della tradizione. Io, per esempio, uso molto più olio di oliva di quanto non lo facesse lui”. 

Il primo incontro con la cucina non è stato un colpo di fulmine: “Lo vedevo come un mestiere molto, troppo duro e per niente sexy. Io volevo fare il grafico”. Poi, però, un suo professore a scuola gli ha suggerito un apprendistato in cucina, per avere un mestiere ‘cuscinetto’ nel caso in cui il design non funzionasse. Apprendistato che ha finito in quello che considera il momento giusto: nel 1975, agli inizi della Nouvelle Cuisine, che gli ha permesso di sperimentare, di giocare con i prodotti e non seguire le ricette. 

Il piatto che mi descrive meglio? Io dico sempre che è il prossimo. La mia è una cucina viva, in costante evoluzione, ma che in realtà con gli anni è fondamentalmente cambiata poco. Non uso mai ricette, e questo è forse l’aspetto più difficile del lavorare con me.

Carlo Crisci, chef

La gastronomia è una storia di famiglia: il figlio di Carlo Crisci cucina molto bene, anche se non è il suo mestiere, il papà era ristoratore, ma la cosa migliore che lo chef dice di aver mai mangiato, è un capretto preparato dal nonno, quando lui aveva 18 anni: “L’ho visto disossare questo animale alla perfezione con un coltellino tascabile. Lo ha poi fatto cuocere accanto al fuoco per diverse ore. Non avevo mai mangiato nulla di simile”. È stato il suo primo incontro con la cottura lenta, che ha poi spesso applicato anche lui per le sue preparazioni.

Dal nonno e dal papà ha anche ereditato l’amore per i prodotti: il papà, “grande lavoratore, è sempre stato un giardiniere nell’anima e faceva la spola tra l’orto e la cucina”, lavorando unicamente con prodotti freschi e di stagione.

Le sue radici, un lavoro trasformato in passione, l’amore per le materie prime: tutti questi elementi hanno contribuito a fare del nome Carlo Crisci una garanzia negli ambienti dell’alta gastronomia elvetica. Nei suoi quasi 50 anni di carriera si è fatto notare dalle prestigiose Gault et Millau e Michelin, ha scritto libri, è stato invitato a innumerevoli eventi e fa parte degli intramontabili astri della gastronomia elvetica. Un successo che, dopo anni, era però diventato difficile da gestire: “Essere citati nella guida [Michelin] è già una bella cosa. Avere una stella è bello. Se sono due è ancora meglio. Certo, piacerebbe a tutti averne tre. Per la terza, però, ci si rende conto in fretta che serve un certo tipo di lusso, non tanto nel piatto, quanto nel ristorante stesso. Il vero lusso è nella manodopera: nei ristoranti con tre stelle c’è un impiegato per cliente”. La ricerca della terza stella lo ha portato a esplorare una cucina sempre più complessa e sofisticata, che però è presto diventata per lui troppo pesante. È così che a dicembre del 2021 è giunto alla decisione di chiudere il capitolo de Le Cerf e aprirne uno nuovo, diverso con La Fleur de sel. . Un cambio di rotta che ha permesso di abbassare i prezzi e ha portato al ristorante una clientela più regionale. E che è anche una riflessione delle tendenze del momento: la semplificazione dei piatti senza rinunciare ai sapori. Ne è un’illustrazione anche il suo ultimo libro di ricette Carlo Crisci sans chichis: un gioco di parole in francese che, tradotto, significa Carlo Crisci senza fronzoli

Uno chef, un imprenditore, un artista, che, in conclusione di questa intervista, ci tiene a omaggiare la moglie: senza di lei, che ha tenuto il timone della loro vita dietro le quinte, quando lui cercava ancora di trovare un suo posto nel mondo della gastronomia (il successo, infatti, non è stato immediato), non sarebbe mai arrivato dove è oggi: “Liberandomi delle preoccupazioni del quotidiano, Christine mi ha permesso di continuare a essere generoso”. Perché l’obiettivo di un cuoco, spiega, è sempre quello di far piacere, sorprendere e far brillare gli occhi di un cliente. “È così che è felice”.

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