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“Sarà uno dei mondiali di ciclismo più belli”

Il giornalista Antonio Ferretti sa il fatto suo quando parla di ciclismo: corridore professionista per tanti anni, conosce a fondo l'universo internazionale della bicicletta. Una storia di passioni e di fatiche, a tratti però oscurata dal doping.

Antonio Ferretti lo staresti ad ascoltare per ore. Nel suo racconto ti porta su e giù per i tornanti, con agilità, precisione. Senza fatica, senza sforzo, come se la volata finale in realtà non finisse mai. Perché dietro la linea del traguardo il viaggio si spegne, mentre un altro colpo di pedali porta con sé altri ricordi.

Giornalista ed ex corridore, lo abbiamo intervistato alla vigilia del mondiali di ciclismo su strada a Mendrisio, dal 23 al 27 settembre, in un cantone dove la bicicletta gode di straordinaria popolarità, che ogni anno vive il “Gianetti Day” (gara ciclistica popolare) e che ogni giorno viene percorso dagli amanti del pedale.

swissinfo.ch: In Ticino tutti pazzi per il ciclismo: da dove nasce questa passione?

Antonio Ferretti: E’ una passione secolare. In Ticino ci sono Velo Club e società ciclistiche che hanno tra i 70 e i 100 anni di vita, segno tangibile di una vera passione che risale all’inizio del Novecento e che continua ancora oggi.

Ma penso che il picco di esaltazione massima per il ciclismo sia stato raggiunto nel Dopoguerra o negli ultimi anni della Seconda Guerra mondiale, quando era molto accesa la rivalità tra Svizzera e Italia. L’Italia usciva dalla macerie della guerra e si aggrappava a Gino Bartali e Fausto Coppi come campioni invincibili che potevano dimostrare anche all’estero che gli italiani c’erano, che non erano degli sconfitti ma anche loro dei vincenti.

Nello stesso tempo in Svizzera c’erano altri due campioni Hugo Koblet e Ferdi Kübler, e in Ticino erano entrati tutti i fuoriusciti italiani dopo l’armistizio. Credo che siano stati proprio questi gli anni in cui la passione per il ciclismo abbia messo radici profonde nel territorio ticinese.

swissinfo.ch: Quindi la passione nasce anche da una rivalità tra Svizzera e Italia?

A.F.: Tra gli italiani rifugiatisi in Ticino e gli svizzeri, che pure loro si aggrappavano a Koblet e Kübler, era nata una fortissima rivalità. Basti pensare che proprio in quegli anni, e per la precisione nel 1950, Koblet vince come primo straniero – infrangendo così un tabù – il Giro d’Italia, quando Bartali e Coppi erano all’apice della loro carriera.

Kübler vince il Tour de France mentre Bartali, sentendosi minacciato, si ritira. La rivalità continua ai Mondiali di Varese, vinti ancora da Kübler. Mentre due anni dopo a Lugano, si impone Fausto Coppi. La rivalità di quegli anni era più forte delle passioni che scatena oggi il calcio.

In quel periodo, infine, il Ticino è trascinato dall’entusiasmo per colui che secondo me è il più grande campione della storia del ciclismo ticinese, Attilio Moresi. Uno sportivo che per una decina di anni vince il Giro della Svizzera, partecipa ai mondiali e diventa campione. Da quel momento la passione non è più scemata.

swissinfo.ch: Il Ticino, in particolare il Sottoceneri, è anche terra di mondiali. Un territorio che si adatta bene?

A. F.: Siamo nelle Prealpi, per cui si tratta soprattutto di una questione di territorio: le piccole salite di due, tre chilometri sono l’ ideale per il circuito di un mondiale. La conformazione territoriale del Sottoceneri consente di tracciare dei percorsi all’altezza delle grandi corse.

La vicinanza con Lombardia e Piemonte, inoltre, rappresenta sicuramente un vantaggio. La Federazione internazionale che deve assegnare le grandi corse, sa che un mondiale in Ticino riscuoterà sicuramente successo: arrivano i corridori dal Nord Europa ma anche l’ondata dei tifosi italiani.

swissinfo.ch: Che cosa aspettarci dai mondiali sul piano agonistico?

A.F.: Molto, perché si annuncia come uno dei mondiali più belli del Dopoguerra. Ne è convinto anche il selezionatore italiano Franco Ballerini. Tecnicamente è un percorso stupendo: in meno di 14 chilometri ci sono due salite impegnative divise soltanto da 4 chilometri, i tempi di recupero sono cortissimi, i giri da percorrere sono 19 per cui la somma complessiva delle salite è notevole.

swissinfo.ch: Il campione svizzero Fabian Cancellara è il gran favorito della cronometro. Pensa che avrà delle possibilità anche nella gara in linea?

A.F.: A mio avviso è un percorso troppo duro per Cancellara, per i chilometri in salita e i metri di dislivello. Cancellara è un peso massimo del ciclismo, è un passista dotato di una grossa muscolatura e non è adatto al moltiplicarsi della salite.

Lui è convinto di andare fortissimo e si sta preparando come non mai. Del resto Cancellara ha una forza mentale straordinaria: quando si pone un obiettivo, raramente lo manca. Dobbiamo pertanto aspettarci da parte sua una grandissima corsa.

Su questo percorso vedo meglio un altro corridore svizzero, Michael Albasini. Nessuno ne parla, ma ha le caratteristiche giuste per queste salitelle.

swissinfo.ch: Su quali campioni internazionali scommettere?

A.F.: Difficile dirlo, perché il ciclismo sta vivendo un brutto momento. I corridori che sulla carta avevano le caratteristiche ideali, sono stati squalificati per doping: penso a Davide Rebellin, Danilo Di Luca e molti altri.

Uno dei grandi favoriti, inoltre, è un ciclista che potrebbe essere squalificato o prima o dopo il mondiale: si tratta di Alejandro Valverde, squalificato sul territorio italiano ma non in altri paesi. Siccome il quartiere generale della Spagna è in Italia, potremmo assistere ad un giallo… A causa di questo ciclismo viziato dalla chimica, anche Alberto Contador ha chiuso la stagione anzi tempo.

Gli Italiani potrebbero scommettere su Damiano Cunego mentre due dei grandi favoriti, poco conosciuti, sono il norvegese Boasson Hagen – attuale astro emergente – e il belga Philippe Gilbert.

swissinfo: Il doping, una brutta bestia…

A.F.: Si, purtoppo, è una pratica che permane: vincere una corsa come il mondiale o una gara a tappe o soltanto una tappa, fa guadagnare tantissimo rispetto a vent’anni fa. Insomma con il ciclismo oggi si diventa ricchi. E oggi si è disposti a tutto, soprattutto perché ci sono alcuni medici che sanno veramente fare la differenza. Oggi chi ha il medico giusto vince, specialmente un gara come il Tour de France o il Giro d’Italia.

I medici a cui penso sono specialisti nell’alterazione dei valori del sangue senza farsi prendere con le mani nel sacco al controllo anti-doping. Questi medici, naturalmente, guadagnano un sacco di soldi.

swissinfo.ch: Che cosa ci trova nel ciclismo, uno sport così faticoso e spesso solitario?

A.F.: E’ stata la mia prima espressione di libertà e in sella ad una bicicletta ho scoperto tutto il Ticino. Il ciclismo ti mette a confronto con te stesso, con i tuoi limiti. E poi è come un romanzo di viaggio, è uno sport che ti mette in relazione con il paesaggio e con lo spazio.

Françoise Gehring, Lugano, swissinfo.ch

Antonio Ferretti, classe 1957, è stato ciclista professionista per 7 anni, dal 1982 al 1988, colmando un vuoto di quasi vent’anni per quanto riguarda il ciclismo ticinese, rimasto fermo nel professionismo ad alti livelli ad Attilio Moresi (metà anni ’60). All’epoca studiava letteratura italiana all’Universtà di Friborgo.

Come ciclista è entrato nel circuito professionista grazie all’ingaggio della Cilo-Aufina, una sorta di nazionale svizzera. Ha disputato tre Tours de France (’82,’83,’84), portandoli a termine tutti; miglior piazzamento: 31esimo nell’83.

Ha corso anche tre Giri d’Italia, sette di Giri della Svizzera e un mondiale, che guarda caso si correva in Svizzera ad Altenrhein (vinse l’americano Greg LeMond).

Chiuso il capitolo del ciclismo agonistico, ha iniziato l’attività giornalistica (prima al quotidiano “laRegioneTicino” poi alla Radiotelevisione della Svizzera italiana) e nel frattempo ha concluso gli studi universitari, con una tesi di laurea sulla retorica del messaggio sportivo.

Come commentatore TV ha seguito e commentato 15 Tours de France e una ventina di mondiali.

Fausto Coppi e Eddie Merckx sono le pietre miliari del ciclismo. Non solo perché, come sottolinea Antonio Ferretti, hanno vinto più di tutti e tutto, ma perché nella loro epoca hanno rivoluzionato il ciclismo.

Coppi è stato il primo ad affidarsi alla medicina (lo seguiva un medico della mutua) e lo stesso ha fatto Merckx. Coppi è stato il primo a costruire una squadra con leader e gregari, Merckx ha dato un forte impulso nelle modalità di preparazione atletica, unendo il talento naturale alla ferrea disciplina dell’allenamento.

Antonio Ferretti ha eletto a campione del cuore Luis Ocaña, corridore spagnolo degli anni Settanta, tormentato, sfortunato ma generoso, morto suicida. E’ l’unico ad essere riuscito a mettere veramente in difficoltà Eddie Merckx, nel Tour de France del 1971. Campione del pedale il belga Roger De Vlaeminck, per la sua grandissima classe ed eleganza.

Costante Girardengo (1893-1978) cantato da Francesco De Gregori in Il bandito e il campione e Gino Bartali (1914-2000) ricordato da Paolo Conte in Bartali: se il ciclismo è entrato nella musica, sostiene Antonio Ferretti, è per la sua straordinaria popolarità.

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