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“Roma è una città mafiosa”

Otello Lupacchini, magistrato ed esperto di criminalità organizzata, ribadisce quello che va ripetendo da anni: "Roma è una città in cui le mafie possono farla da padrone"

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Con il maxi processo “Mafia Capitale” e dopo il clamore suscitato dal funerale in stile “padrino” di Vittorio Casamonica e lo scioglimento del municipio di Ostia, Otello Lupacchini, magistrato ed esperto di criminalità organizzata, ribadisce davanti alle nostre telecamere quello che va ripetendo da anni: “Roma è una città in cui le mafie possono farla, almeno in certi settori e in certi ambienti, da padrone”.

Eppure fino al 2013 l’ex prefetto Giuseppe Pecoraro dichiarava: “A Roma la mafia non esiste”, nonostante l’inchiesta già aperta dagli uffici di piazzale Clodio su Mafia Capitale. Indagini avviate nel 2010 e rimaste ferme per quasi cinque anni, con soggetti che hanno continuato a delinquere. Come è stato possibile? “Le inchieste richiedono dei tempi soprattutto se sono serie e gravi le vicende sulle quali si concentra l’attenzione investigativa… Per arrivare ai processi occorre aver acquisito delle prove”.

Le stesse che Otello Lupacchini cercò nel 1993 quando si occupò della Banda della Magliana. All’epoca riuscì a contestare l’associazione mafiosa “in tutti i giudizi di merito e in gran parte dei giudizi di Cassazione, sennonché poi, per alcuni personaggi, forse i più importanti dell’organizzazione, intervenne una sentenza che negò l’associazione”.

L’ex boss Maurizio Abbatino che in passato accusò più volte Massimo Carminati oggi è fuori dal programma di protezione dei pentiti. Secondo i giudici la vita di uno degli ultimi capi storici della Banda della Magliana non sarebbe più in pericolo… Lo crede anche lei?

“Maurizio Abbatino oltre a dichiarazioni su fatti e misfatti della Banda disse tutta una serie di cose che andarono al di là di quell’associazione… che riguardavano vicende che avevano sfiorato il criminale ma con carattere chiaramente politico, e mi riferisco a quanto rivelò in riferimento alla ricerca del covo delle brigate rosse dov’era tenuto prigioniero Aldo Moro… Fece anche dichiarazioni su quelli che erano i rapporti che intesseva la Banda della Magliana con altre organizzazioni criminali quali i Nar”.

Una risposta diplomatica per dire che la decisione della Commissione centrale di non prorogare il programma di protezione potrebbe comportare seri e concreti rischi per la vita del pentito. Perché Maurizio Abbatino, “il Freddo”, o meglio “il Crispino”, per la capigliatura folta e riccia, di nemici ne ha una schiera. Oltre a Massimo Carminati, in carcere per Mafia capitale, ci sono i circa 40 affiliati alla Banda della Magliana arrestati nel 1993, nel corso dell’operazione “Colosseo”, proprio grazie alle dichiarazioni che Abbatino fece ad Otello Lupacchini. Molti di loro, dopo aver scontato la pena, sono tornati in libertà. Poi bisogna considerare le testimonianze rese da “Crispino” nei processi Calvi e Pecorelli, in quest’ultimo, tra gli imputati, oltre a Giulio Andreotti e Claudio Vitalone, c’era ancora Carminati, oltre ad alcuni funzionari del Sisde poi assolti. Ci sono infine le dichiarazioni sulla strage di Bologna.

E ancora su Carminati: “Secondo il racconto di Abbatino, Massimo Carminati in quanto appartenente ai Nar e legatissimo ad Abbruciati, avrebbe avuto libero accesso al deposito rinvenuto negli scantinati del ministero della Sanità”, ricorda Otello Lupacchini. “Sarebbe stato Carminati a prendere il mitra Mab mai più ritrovato in quel deposito per usarlo, sempre secondo le dichiarazioni di Abbatino, nelle depistaggio sulla strage di Bologna… Da quel deposito attingevano personaggi della destra eversiva ma anche della sinistra: i fumogeni usati dai brigatisti rossi per coprirsi la fuga dopo l’omicidio del colonnello dei Carabinieri Antonio Varisco proveniva proprio dagli scantinati del ministero della sanità”. Un deposito aperto a tutti e scoperto grazie alle rivelazioni di Abbatino. Uno stoccaggio di armi ed esplosivi in un luogo quantomeno insolito che sarebbe stato possibile, secondo le indagini, grazie alla sola collaborazione di un impiegato e di un centralinista del ministero.

Massimo Carminati da lì prese – stando ad Abbatino – un mitra Mab, con numero di matricola abraso e calcio rifatto artigianalmente. Lo stesso mitra che fu ritrovato nel gennaio del 1981, pochi mesi dopo la strage di Bologna, in una valigetta sul treno Taranto-Milano. “Il contenuto di quella valigetta serviva per depistare le indagini sulla strage, per portarle su una pista straniera.

Durante il processo Sergio Calore, ex terrorista di destra poi collaboratore di giustizia, introdusse un dubbio che portò all’assoluzione di Carminati”. Disse che non era quello il mitra fornito da Massimiliano Fachini, altro estremista nero, esperto di timer e inneschi, un nome simbolo delle stragi di piazza Fontana e Bologna. “Sull’omicidio di Sergio Calore non sono stato io ad indagare – conclude Lupacchini – certo sono singolari le modalità della sua morte, a picconate… come una sorta di novello Trotsky”. Sergio Calore fu ritrovato cadavere nella campagne di Guidonia nell’ottobre del 2010. Con la gola tagliata e il capo devastato a picconate. Il suo omicidio è rimasto irrisolto.

di Raffaella Fanelli

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