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«Rendere i paesi del Sud parte della soluzione»

In Somalia, la Svizzera è presente con progetti propri, ma collabora anche con alcune organizzazioni internazionali. Reuters

Fame, guerre, catastrofi: a 50 anni dalla sua creazione, la Direzione dello sviluppo e della cooperazione è ancora confrontata con enormi sfide. Il direttore Martin Dahinden, oltre a guardare al passato e al presente, getta uno sguardo anche al futuro.

swissinfo.ch: Quali sentimenti provocano in lei le immagini della crisi alimentare in Somalia?
 

Martin Dahinden: Le fotografie e i racconti del Corno d’Africa mi sconvolgono. Quando vengo a sapere che persone perdono la vita mentre tentano di raggiungere i centri di assistenza, mi rendo conto com’è spesso difficile prestare anche un minimo aiuto sul posto.

swissinfo.ch: Come affronta la DSC questo problema?

M. D.: Individuare soluzioni è un aspetto. L’altro è invece realizzarle. La Svizzera rimane fedele alla sua tradizione umanitaria. I nostri mezzi tuttavia non bastano per soddisfare il gigantesco bisogno nella regione.

Dobbiamo guardare anche oltre all’aiuto immediato. Dobbiamo trovare delle soluzioni per eliminare le cause di questa situazione drammatica; soprattutto i conflitti. Dobbiamo fare in modo che le persone ritrovino un lavoro e un reddito affinché possano superare la crisi.

swissinfo.ch: Cosa fa la Svizzera in Somalia?

 

M. D.: Da una parte, la Svizzera è presente con progetti propri. Dall’altra sostiene organizzazioni internazionali, una su tutte il Comitato internazionale della Croce rossa, ma anche il Programma alimentare mondiale e l’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati. Malgrado le condizioni estremamente difficili, tentano di proteggere le persone e di fare un lavoro sensato.

swissinfo.ch: In futuro, la DSC intende collaborare maggiormente con imprese multinazionali. Con quali?

M. D.: Viviamo in un mondo globalizzato che cambia costantemente. Così, anche nello sviluppo e nella cooperazione ci si trova di fronte a nuove sfide che vanno affrontate collaborando.

Ciò riguarda Stati come India e Cina che hanno un ruolo sempre più importante a livello mondiale per quanto riguarda lo sviluppo e la cooperazione. Anche i settori privati sono interessati a questa evoluzione. Collaboriamo quindi con ditte svizzere attive internazionalmente come Novartis, Nestlé o Zurich Financial Services.

swissinfo.ch: Quali vantaggi trae la DSC da questa collaborazione?

 

M. D.: L’aspetto centrale è un interesse comune. Di solito, le aziende multinazionali hanno a disposizione capacità e conoscenze interessanti per noi e a cui noi altrimenti non potremmo far capo, come nel settore assicurativo.

Di regola, il nostro contributo consiste nella precisa conoscenza della situazione sul posto e delle persone, che vivono in condizioni di povertà. Nascono così delle collaborazioni.

swissinfo.ch: Può illustrarci una di queste collaborazioni.

 

M. D.: Attività economiche rimunerative spesso non vengono realizzate perché giudicate azzardate. Prendiamo, come esempio, il rischio di perdere tutto per un mancato raccolto. Per lungo tempo, nei paesi del Sud non c’era la possibilità di stipulare un’assicurazione.

In questo settore, abbiamo stretto una collaborazione con Zurich Financial Services. Tentiamo di sviluppare soluzioni per affrontare questi rischi che siano sostenibili anche per le persone. Per questo serve un approccio diverso da quello utilizzato per i grandi mercati delle assicurazioni. Non si tratta, infatti, di vendere soluzioni esistenti.

Vogliamo fare in modo che la gente possa lavorare e guadagnare.

swissinfo.ch: Ma non dovrebbe essere redditizio anche per l’assicurazione?

 

M. D.: Certo, indubbiamente. Dobbiamo cercare soluzioni sostenibili con le compagnie assicurative che ci diano la possibilità di tirarci indietro. Comunque, l’idea non è nuova. Approcci simili sono stati tentati già nel Medioevo, quando sono state create le prime assicurazioni. Allora, per esempio, i rischi per un armatore con una sola nave erano troppo grandi. Così, vennero create delle forme di assicurazione per fronteggiare possibili danni.

Anche oggi questo concetto ha un ruolo importante per le persone molto povere che rischiano molto di più se colpite dalla malasorte.

swissinfo.ch: Ci sono regole a cui le multinazionali si devono attenere?

 

M. D.: Sì. Non collaboriamo con imprese che non rispettano i diritti umani o i diritti del lavoro. Partecipiamo inoltre a iniziative internazionali che intendono fissare direttive per garantire lo sviluppo sostenibile, il comportamento socialmente responsabile e il rispetto dei diritti dell’uomo.

Il più importante è il Global Compact dell’Onu, nel quale sono attive molte imprese multinazionali. In questo modo sono soggette automaticamente a un certo controllo.

swissinfo.ch: Gettiamo uno sguardo al futuro dell’aiuto allo sviluppo. Cosa cambierà?

 

M. D.: Il mondo cambia e così anche la tematica della povertà. In futuro saremo chiamati ad operare in condizioni ancora più difficili, contraddistinte da tensioni e conflitti. In queste regioni, la lotta alla povertà, negli ultimi anni, si è rivelata quasi impossibile.

Ci dobbiamo occupare, inoltre, di nuovi temi globali: il cambiamento climatico, la migrazione su scala mondiale, la sicurezza alimentare, le risorse limitate – per esempio – l’acqua. Questi problemi non si possono risolvere con progetti singoli sul posto. Per questo motivo ci impegneremo anche in futuro nello sviluppo e nella cooperazione multilaterale.


Dobbiamo sviluppare un piano che dia la possibilità di coinvolgere i paesi del Sud, cosicché diventino parte della soluzione. A questo proposito lavoriamo intensamente con altri Stati, con organizzazioni internazionali, organizzazioni non governative, la ricerca.

Queste sfide cambieranno il volto dello sviluppo e della cooperazione. Ma non tutto muterà. La DSC era già dagli inizi un’istituzione innovativa e creativa che ha sempre lavorato in stretto contatto con la popolazione colpita, la quale conosceva l’origine dei propri problemi. È una filosofia a cui rimarremo fedeli anche in futuro.

L’ambasciatore Martin Dahinden, nato nel 1955, è direttore della Direzione dello sviluppo e della cooperazione dal 1° maggio 2008.

In precedenza, Martin Dahinden era direttore della Direzione delle risorse e della rete esterna del DFAE. Prima ancora ha diretto il Centro internazionale di sminamento umanitario di Ginevra.

Prima di accedere alla carriera diplomatica, Martin Dahinden ha studiato scienze economiche all’Università di Zurigo. Ha lavorato come assistente presso la stessa università, come pure per un istituto bancario e una casa editrice.

La DSC, l’ente statale incaricato della cooperazione allo sviluppo, festeggia quest’anno 50 anni. La Svizzera, tuttavia, ha una tradizione umanitaria che risale alla seconda metà del XIX secolo. Le prime iniziative erano private. Qualche data importante:

1863: Fondazione a Ginevra del Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR) da parte di Henry Dunant.

1918: L’associazione cattolica Caritas organizza dei soggiorni in Svizzera per bambini provenienti da paesi in guerra.

1936: Fondazione del Soccorso operaio svizzero.

1944-48: Importante colletta promossa dalla Confederazione per venire in aiuto delle vittime della guerra in Europa. Da questa iniziativa nascerà anche Swissaid.

1946: Fondazione dell’Aiuto delle Chiese evangeliche svizzere.

1950: Prima missione finanziata dalla Confederazione di quattro cooperanti svizzeri in Nepal.

1951: La Svizzera comincia a partecipare finanziariamente ai programmi di assistenza tecnica delle Nazioni Unite.

1955: Fondazione dell’Aiuto svizzero alle regioni extra-europee, che nel 1965 diventerà Helvetas.

1960: Fondazione di Terre des Hommes.

1961: Il governo nomina il primo delegato al Servizio d’assistenza tecnica, la futura DSC (denominazione adottata nel 1996).

1974: La Svizzera aderisce alla Convenzione europea dei diritti dell’Uomo.

1976: Legge sulla cooperazione allo sviluppo e all’aiuto umanitario internazionale.

2011: Il parlamento accetta di aumentare l’aiuto allo sviluppo, che dovrà essere pari allo 0,5% del prodotto interno lordo entro il 2015.

(traduzione dal tedesco, Luca Beti)

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