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Scorte d’emergenza, il tesoretto di ogni casa svizzera

Primo piano di una conserva di latta aperta (senza etichetta); all interno, ravioli al sugo
I ravioli in scatola sono un 'cliché' delle scorte d'emergenza; a lungo hanno fatto parte, tra l'altro, dei prodotti di sussistenza dell'Esercito svizzero. © Keystone / Gaetan Bally

L'abitudine delle famiglie svizzere di tenere in casa una riserva di generi alimentari e beni di uso comune, ben diffusa almeno fino agli anni della Guerra fredda, si è un po' persa, indica una recente indagine. Nondimeno, le autorità federali continuano a raccomandare la costituzione di scorte per sopravvivere una settimana. Ecco perché.

A metà aprile, il Consiglio federale ha annunciato l’intenzione di sopprimere l’obbligo di costituire scorte di caffè. Secondo i criteri attuali, spiega una notaCollegamento esterno, il caffè non può essere considerato un bene d’importanza vitale poiché è praticamente privo di calorie. Inoltre, il rischio di interruzioni nelle forniture è minimo poiché le piantagioni sono distribuite su tre continenti.

L’obbligo cui si riferisce il governo è sancito dalla LeggeCollegamento esterno sull’approvvigionamento e da un’OrdinanzaCollegamento esterno che contempla anche lo zucchero, il riso, oli e grassi alimentari (comprese le materie prime) e i cereali (anche da foraggio). A farne provvista sono gli importatori, su incaricoCollegamento esterno dell’Ufficio federale per l’approvvigionamento economico del Paese UFAECollegamento esterno, con il coordinamento della cooperativa réservesuisseCollegamento esterno.

La Confederazione collabora dunque con le imprese, per far sì che in caso di crisi i beni vitali non manchino e siano equamente distribuiti. 

Dacché tali aziende trasferiscono i costi sui prezzi di vendita, ogni consumatore svizzero paga in mediaCollegamento esterno 13 franchi l’anno per la costituzione di scorte. Ma il suo compito non si esaurisce qui: ogni cittadino dovrebbe essere autosufficiente per una settimana.

Una buona (vecchia) abitudine

“Scorte d’emergenza – per ogni evenienza” (o anche “saggia previdenza”) è uno slogan che ha oltre mezzo secolo. Fino ai primi anni Novanta, ricorda il Dizionario storico della SvizzeraCollegamento esterno, una campagna nazionale informava ogni due anni la popolazione sulla necessità di premunirsi di provviste contro periodi di crisi. Nel 1983, furono distribuiti 1,5 milioni di opuscoli.
 

Primo piano di un sacco di caffé, si distingue la provenienza (India)
“Non può essere considerato un bene d’importanza vitale, e il rischio d’interruzione nelle forniture è minimo”. © Keystone / Christian Beutler

In realtà, l’uso di costituire riserve alimentari -con metodi di conservazione approntati in casa- risale almeno al XIX secolo. Diffuso nelle famiglie di un certo agio, si perse un po’ con lo sviluppo dell’industria delle conserve. Tornato utile durante le guerre, riprese ad attenuarsi nel secondo Novecento con l’abitudine degli acquisti frequenti.

Ma la Protezione civileCollegamento esterno, istituita nel 1954, raccomandò da subito agli svizzeri di fare provviste di conserve di carne e pesce, biscotti, cioccolato e altri alimenti consumabili senza cottura. Sarebbero servite nei rifugiCollegamento esterno in caso di conflitto, catastrofe o altra situazione d’emergenza.

Dalle grandi crisi alle brevi interruzioni

Il compito di informare la popolazione passò in seguito all’UFAE, che nel 2019 prescrive ancora scorte d’emergenza private per sopravvivere una settimana. Lo stesso fa l’Ufficio federale della protezione della popolazione UFFPCollegamento esterno. Perché?

“Le scorte d’emergenza sono più che mai importanti in questo mercato globale”, chiarisce Viola Cassina del settore alimentazione dell’UFAE, “che proprio per la sua natura globale e interdipendente è sempre più vulnerabile”. Una crisi all’estero può subito avere ripercussioni sull’approvvigionamento della Svizzera.

Ma non è solo una questione di dipendenza dalle importazioni. “Un disturbo nei sistemi di comunicazione o nell’erogazione di energia elettrica comporta un’immediata perturbazione della catena di rifornimenti alimentare”. Ormai persino la mungitura, osserva Cassina, dipende dall’elettricità e da sistemi di controllo elettronico.

Sistemi che governano anche la lavorazione e la distribuzione, sempre più centralizzate. “Disturbi nel rifornimento di un attore hanno conseguenze più forti di prima perché sono di più i clienti interessati”.
 

Lista di controllo delle scorte d emergenza private, secondo le indicazioni dell UFAE
Kai Reusser / swissinfo.ch

Al contempo, l’ottimizzazione ha portato a una progressiva riduzione degli stoccaggi nel singolo anello della catena di rifornimento. “Si produce e importa su ordinazione e i negozi hanno sostituito magazzini capienti con forniture sempre più frequenti. Un disturbo lungo la catena porta a un immediato esaurimento delle scorte, e questo è subito percettibile dal consumatore”, spiega l’esperta.

Tuttavia, non si tratta più di sopravvivere a una crisi di lunga durata, o consentire un razionamento di guerra senza panico né speculazioni. Oggi le scorte domestiche servono ad “affrontare con serenità” (come dice un opuscoloCollegamento esterno) un breve momento di difficoltà, dando allo Stato qualche giorno di tempo (massimo sette) per intervenire.

L’emergenza può essere dovuta, oltre che a un disturbo nella catena di rifornimento, a un’interruzione delle vie di comunicazione causata da maltempo o frane, specie per chi abita in regioni discoste. Inoltre, le scorte sono utili anche in casi meno gravi, come una breve malattia.

Acqua e alimenti abituali

La quantità d’acqua consigliata (6 bottiglie da 1,5 l) corrisponde al fabbisogno di 3 giorni, periodo dopo il quale le autorità sono tenute a garantire una fornitura, anche minima. Per il resto, le scorte, spiega Viola Cassina, “non dovrebbero essere costituite da conserve o particolari alimenti di sopravvivenza stoccati in cantina e dimenticati per anni fino alla loro scadenza”.

Il consiglio è di tenere in cantina o in cucina delle provviste incluse nella dieta abituale che possano essere ricambiate “a rotazione continua”. È semplice: “una volta aperta, una confezione di cereali viene sostituita da una nuova, di scorta, senza aspettare di esaurirne il contenuto per comprare la prossima”.
 

Primo piano di una tavola apparecchiata, con sulla sx un fornellino da fondue e sulla dx piatto, posate, bbicchiere
Un accessorio che è quasi in tutte le case svizzere e può tornare utile in caso d’emergenza: il fornellino da fondue a gel combustibile (sulla sinistra). Keystone/anthony Anex

È importante che gli alimenti siano almeno in parte pronti al consumo (frutta secca o essiccata, fette biscottate o crackers, latte UHT, formaggi a pasta dura e salumi), poiché tra le possibili cause di penuria ci sono il blackout e la mancanza d’acqua corrente. Per il resto vanno bene pasta, riso, cibo in scatola o in busta. Consigliati anche olio, sale e zucchero.

Svizzeri sempre meno previdenti

Nel 2001, il Consiglio federale ha confermato l’utilità di scorte individuali, in relazione a possibili difficoltà di approvvigionamento o disastri naturali.

Un sondaggioCollegamento esterno di fine 2018 rivela tuttavia che la maggior parte delle persone che vivono in Svizzera non si preoccupa di una possibile crisi negli approvvigionamenti. Se tiene da parte scorte, lo fa per ragioni diverse (visite inaspettate, offerte speciali) e senza seguire le prescrizioni dell’UFAE. Pochi, peraltro, credono che in Svizzera possa davvero mancare il cibo.

Alle circa 1500 persone interrogate da AgroscopeCollegamento esterno in tutte le regioni linguistiche (al telefono o davanti ai supermercati) è stato chiesto di stimare per quanti giorni possono sopravvivere senza fare la spesa e rifornirsi d’acqua.

Solo il 28% dichiara di non poter arrivare a 7 giorni (il 23%, per contro, ha almeno il triplo delle scorte). Se però mancasse l’elettricità -e quindi la possibilità di cucinare o refrigerare- il 72% delle economie domestiche sarebbe in difficoltà prima di una settimana. Simile (69%) la quota di famiglie che non hanno acqua per tre giorni a testa.
 

Altri sviluppi

Il maggior numero delle famiglie non preparate vive in zone urbane. Al contrario di quel che si potrebbe ipotizzare, l’età non conta (i giovani non hanno cioè meno scorte degli altri). Non sono determinanti, oltre all’età, neppure la nazionalità o la dimensione della famiglia.

In un terzo delle case, infine, mancano una radio portatile e un fornello a gas o a gel. E pensare che, in situazioni d’emergenza, può rivelarsi utile un comune fornellino per la fondue. Purché si tenga da parte, appunto, una piccola scorta di gel combustibile.

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