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«Non vedo alcun segno di Primavera araba»

I sostenitori di Ennahda festeggiano la vittoria elettorale in Tunisia Keystone

Secondo l'intellettuale musulmano Tariq Ramadan, autore del libro "L'islam e il risveglio arabo", la polarizzazione tra laici e islamici radicali maschera in realtà i veri problemi del mondo arabo.

Tariq Ramadan, intellettuale svizzero di origine egiziana, ha presentato lo scorso 16 novembre a Ginevra il suo punto di vista critico in merito ai sollevamenti popolari in Africa settentrionale e Medio Oriente. Secondo Ramadan – professore di studi islamici all’Università di Oxford – è meglio non parlare di vere e proprie rivoluzioni, almeno finché non vi saranno reali alternative ai regimi rovesciati in Tunisia, Egitto e Libia.

«Preferisco utilizzare il termine insurrezione invece di rivoluzione. Inoltre, non vedo alcun segno di una Primavera araba», ha affermato al Club svizzero della stampa. Queste dichiarazioni coincidono con la pubblicazione – da parte della commissione elettorale tunisina – dei risultati finali delle elezioni di ottobre, che confermano la vittoria del partito islamico Ennahda.

Ennahda, messo al bando durante la dittatura di Ben Ali, ha conquistato 89 dei 217 seggi del neocostituito parlamento a cui spetta il compito di redigere la nuova costituzione e di nominare un governo provvisorio prima delle elezioni previste nel 2012.

Dal canto loro, i rappresentanti dei partiti laici tunisini hanno espresso inquietudine per il risultato; inoltre, le recenti dichiarazioni del potenziale futuro primo ministro Hamadi Jebali in merito alla possibile istituzione di un califfato hanno ulteriormente complicato le trattative per la creazione di un nuovo esecutivo.

Un dualismo superato

Di fronte a queste tensioni, Tariq Ramadan sottolinea l’importanza di porre fine alla polarizzazione superficiale tra laici e islamici radicali: si tratta, a suo parere, «di una delle più grandi trappole per il mondo arabo contemporaneo».

Infatti – ha spiegato il professore – i laici si presentano come i difensori della democrazia con una visione liberale della religione, ma molti di loro provengono da un’élite facoltosa, distante dalla realtà e sovente legata ai dittatori. Sul fronte opposto, i movimenti islamici pretendono – non sempre a ragione – di avere una legittimità basata sul contatto diretto con la popolazione.

«Mi disturba il fatto che questa contrapposizione legittima ciascuna delle due parti, senza che vi sia la benché minima autocritica», ha evidenziato Ramadan. A suo parere, i nuovi regimi dovranno essere giudicati sulla base dei programmi economici e sociali che saranno in grado di attuare.

«Per ora, Ennahda acconsente a tutto: al suffragio femminile, allo Stato di diritto, alla collaborazione con il Fondo monetario internazionale. Ed è proprio questo che lascia perplesso l’Occidente: dobbiamo restare vigili», ha detto Ramadan.

L’Egitto presto alle urne

Le azioni di Ennahda sono seguite attentamente in Egitto e Libia, dove i movimenti islamici – finora esclusi dalla vita politica – stanno guadagnando consensi in seguito alle rivolte che hanno condotto alla caduta dei dittatori.

Le elezioni parlamentari egiziane sono previste il 28 novembre: Tariq Ramadan teme che il processo elettorale possa essere falsato dai militari. «L’Egitto è sempre sotto il controllo dell’esercito. I bloggers vengono imprigionati, i tribunali militari restano attivi e i tentativi di processare i vecchi membri del regime non hanno successo», rileva l’intellettuale, aggiungendo che gli è stato consigliato di non recarsi sul posto.

La fine del regime siriano?

Se la Libia – con le sue riserve di petrolio e la sua posizione strategica in Africa settentrionale – costituisce un caso a parte, ben diversa è la situazione della Siria. Qui «la posta in gioco concerne la divisione tra sciiti e sunniti, le relazioni con l’Iran e l’antagonismo tra i blocchi Russia/Cina e Unione europea/Stati Uniti», commenta Ramadan.

Di recente, la Turchia e i membri della Lega araba hanno rivolto un appello affinché siano adottate misure urgenti per tutelare i civili siriani dalla brutale repressione del regime. In questo contesto di tensione, si segnala anche l’attacco di una base militare nei pressi di Damasco da parte di disertori dell’esercito.

In merito al futuro della Siria, Ramadan esprime scetticismo: «La fine del regime di Bachar el-Assad è possibile, ma ciò non significherebbe necessariamente l’inizio di un processo democratico. Credo che Assad cadrà, ma chi prenderà il suo posto? Nessuno ha fiducia nell’attuale opposizione siriana».

Influenze esterne

Nel volume presentato a Ginevra, Tariq Ramadan analizza anche la nascita dei movimenti di protesta nel mondo arabo e il ruolo delle grandi potenze in questo processo. Secondo il professore, a partire dal 2004 molti attivisti e bloggers sono stati istruiti e finanziati per svolgere attività non violente dal Dipartimento di Stato americano.

Per esempio, «nel mese di gennaio – quando l’Egitto ha deciso di bloccare Internet – Google ha sostenuto i bloggers grazie ai satelliti, mentre in Siria ha deciso di non farlo». Ramadan ritiene che gli Stati Uniti e l’Europa sono stati costetti a modificare la propria strategia nei confronti dei vecchi regimi dittatoriali, i quali si stavano rivolgendo sempre di più verso paesi come la Cina, l’India, il Sudafrica, la Russia e la Turchia.

La conclusione dell’intellettuale è perentoria: «Non dobbiamo essere ingenui. Rifiuto categoricamente l’interpretazione idealista secondo cui si tratterebbe di un movimento nato dalla semplice volontà di rivolta di un gruppo di giovani».

Tariq Ramadan è nato nel 1962 a Ginevra, dove la famiglia si era rifugiata in seguito alla fuga dall’Egitto laico e nazionalista di Nasser. Ramadan è nipote di Hassan al Banna, fondatore nel 1928 del movimento Fratelli musulmani.

Ramadan ha conseguito una laurea in letteratura francese e filosofia a Ginevra, seguita da un dottorato in islamologia e arabo. Ha insegnato filosofia in un liceo ginevrino, islamologia all’Università di Friburgo e attualmente è professore di studi islamici contemporanei a Oxford.

Ricopre inoltre incarichi di ricerca e insegnamento presso vari altri atenei ed è membro di molteplici gruppi di riflessione sull’islam a livello internazionale.

Personaggio controverso e spesso accusato di intrattenere legami con l’islamismo radicale, Ramadan è uno degli intellettuali e scrittori più noti del mondo arabo contemporaneo.

Le sue posizioni sulla rivalsa sociale del mondo musulmano, su Israele e la politica americana gli sono costate a due riprese la proibizione di insegnare all’estero (Francia e Stati Uniti).

In entrambi casi i divieti sono poi stati revocati senza alcuna sanzione nei suoi confronti.

traduzione e adattamento: Andrea Clementi

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