Prospettive svizzere in 10 lingue

“Non si dovrebbe richiedere una prova di integrazione a chi cresce nel nostro Paese”

Perparim Avdili auf einem Stuhl.
. "Da piccoli non si capisce subito di essere relegati a bordo campo. Si è convinti di essere come tutti gli altri." Përparim Avdili è arrivato in Svizzera dall'ex Jugoslavia con i suoi genitori. © Thomas Kern/swissinfo.ch
Serie Inclusione, Episodio 3:

In occasione della giornata internazionale della democrazia presentiamo due persone che in Svizzera s’impegnano in prima linea per la partecipazione politica: il liberale Përparim Avdili crede nelle prestazioni individuali – proprio per questo s’impegna per facilitare la naturalizzazione e introdurre il diritto di voto per le persone straniere.

Gli altri avventori e le altre avventrici parlano di consapevolezza e realizzazione personale nel tempo libero. Conversazioni che ben si abbinano all’ambiente antistante questo bar, aperto negli spazi di un edificio industriale in disuso. In un simile contesto, Përparim Avdili si esprime in termini che in Svizzera la classe politica riserva ai discorsi del 1° agosto.

“La Svizzera è una nazione fondata sul consenso. Noi non ci definiamo attraverso un’etnia o una lingua, bensì tramite la volontà di unirci per la libertà e la democrazia”, afferma. Nella città di Zurigo un terzo degli abitanti non possiede un passaporto rossocrociato. Nella media svizzera sono più del 25%, ossia 2,24 milioni di persone. “E fra queste, molte non hanno mai vissuto altrove se non in Svizzera”, prosegue Avdili. Secondo lui, il Paese in cui risiedono dovrebbe avvicinarli e chiedere: “Vuoi diventare svizzero/a?”

La Svizzera, un Paese di immigrati

Avdili ha circa trent’anni. È attivo sulla scena politica locale, fa l’impiegato di banca e presiede il partito liberale radicale della città di Zurigo. Crede nella libertà, nella proprietà e nelle prestazioni individuali. Sono i valori del partito in cui milita, che tra l’altro gli sono stati trasmessi anche a casa. Proprio per questo si impegna così tanto nelle questioni di politica migratoria. Avdili è convinto che la meritocrazia posso esistere soltanto se tutte le persone hanno le stesse opportunità.

La Svizzera è un Paese di immigrazione. “Chi dice il contrario non è in grado di interpretare i fatti”. La Svizzera ha un interesse economico nell’immigrazione perché ha una carenza cronica e crescente di forza lavoro qualificata. Ma come nazione nata dal consenso, ha anche un interesse idealistico a integrare le persone. Perché questo di fatto impedisce la formazione di società parallele e rende possibile l’identificazione con lo Stato e i valori condivisi.

Perparim Avdili lacht mit Hand am Bart
“Më voto”, vota per me, in albanese. Con questo slogan Përparim Avdili si è rivolto agli svizzeri e alle svizzere di lingua albanese. © Thomas Kern/swissinfo.ch

“Da piccoli si pensa di essere come gli altri”

Da piccolo Avdili giocava già nel capannone abbandonato poi trasformato nel bar in cui ci siamo dati appuntamento. Si trova in un quartiere periferico della città, dove è cresciuto e tuttora vive. I genitori di Avdili sono immigrati negli anni 1980 dalla Jugoslavia socialista. “Da piccoli non si capisce subito di essere relegati a bordo campo. Si è convinti di essere come tutti gli altri.” Avdili si riferisce al documento che attesta l’appartenenza alla Svizzera: il passaporto. Quando si trattava di cercare un posto da tirocinante, a scuola correvano voci che con la cittadinanza svizzera era molto più facile sistemarsi.

“Mi ricordo che all’epoca mi sembrava una cosa strana”, racconta. Comunque, non si fece intimorire: a 16 anni avviò le pratiche di naturalizzazione; poco dopo iniziò a impegnarsi in politica. “La politica mi è sempre interessata parecchio”, aggiunge Avdili. Ora, da adulto, e come svizzero afferma: “La società dovrebbe fare una proposta a coloro che sono cresciuti qui”.

Campagna elettorale in albanese

Il politico Përparim Avdili ha attirato l’attenzione anche prima di ricoprire una carica. Sette anni fa si è lanciato per la prima volta in una campagna elettorale con volantini, un filmato e un evento rivolti alla comunità di lingua albanese: “Më voto”, votatemi. Un gesto che ha suscitato scalpore e critiche. Chi può votare ed eleggere ha la cittadinanza. E chi ha questo diritto si spera sappia parlare la lingua nazionale.

La democrazia sta vivendo la più grossa crisi dalla Seconda guerra mondiale e dalla Guerra fredda.

Sul lungo periodo, a causa della tendenza all’autoritarismo e all’autocrazia che perdura da circa 15 anni.

Sul breve periodo, a causa della pandemia di COVID-19 e della guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina.

La resilienza è un elemento chiave nelle discussioni volte a risolvere la crisi dalle mille sfaccettature: le democrazie devono rafforzare la loro resistenza e solidità “dall’interno verso l’esterno” per respingere meglio le minacce.

Nella nostra serie puntiamo l’attenzione su un principio della democrazia che finora è stato toccato solo marginalmente nel dibattito intorno alla resilienza: l’inclusione.

Vi presentiamo persone che si impegnano per la “deep inclusion”, ossia un’inclusione globale di tutte le principali minoranze. Anche i contrari di questa idea, che godono del sostegno della maggioranza politica, verranno sentiti.

In occasione del Forum globale 2022 sulla democrazia diretta modernaLink esternoCollegamento esterno, in programma a Lucerna dal 21 al 25 settembre, swissinfo.ch organizza un panel una tavola rotonda sull’inclusione.

Per inciso, anche gli Svizzeri all’estero sono stati esclusi per molto tempo: possono infatti usufruire dei diritti politici solo dal 1992.

Si trattava di racimolare voti tra l’elettorato svizzero di origini albanesi, ovvio. Ma Avdili voleva anche scuotere la comunità e incoraggiarla a esprimersi. “Sono sicuro di aver avvicinato molte persone alla politica”, commenta Avdili.

Al momento, in Svizzera, anche a livello locale i diritti politici sono legati alla cittadinanza praticamente ovunque, secondo il principio dell’esclusione, che mantiene alta l’asticella d’ingresso. Per acquisire la cittadinanza elvetica bisogna aver soggiornato almeno dieci anni nel Paese, cinque dei quali nello stesso comune, sborsare migliaia di franchi, superare degli esami e in alcuni Cantoni – per avere il nulla osta – presentarsi addirittura dinanzi all’assemblea comunale. Chi vi fa parte decide. O dentro o fuori.

Il diritto di voto per per le persone straniere come chiave per l’inclusione

Chi passa attraverso l’intera procedura spesso pensa che non vi sia ragione di facilitare le cose agli altri. Questo atteggiamento fa sì che molte persone neo-naturalizzate siano molto critiche nei confronti dell’abbassamento della soglia o addirittura del diritto di voto per straniere e stranieri, spiega Avdili. Il politico liberale radicale, invece, ribadisce che il diritto di voto a livello comunale è un modo per integrare le persone in Svizzera.

>>> Ecco perché la democrazia svizzera non è così inclusiva: 

“Chi vuole dire la sua sulla Costituzione federale dev’essere svizzero. Si tratta della forma mentis di un’intera nazione.” Le tematiche a livello comunale, invece, toccano la quotidianità di tutte le persone, a prescindere dal loro passaporto: un nuovo stadio, una nuova scuola o il limite di velocità a 30 chilometri all’ora.

Il diritto di voto per le persone straniere potrebbe essere letto come una specie di invito a partecipare al processo democratico, rivolto dalla Svizzera a tutta la cittadinanza. Gli stranieri e le straniere fanno già parte della società: “Hanno figli a scuola, si impegnano nelle associazioni. Ma contribuiscono anche sul piano finanziario attraverso le imposte.” Dopo cinque anni passati nello stesso comune, e Avdili vorrebbe far leva proprio su questo per aprire la partecipazione, molti di loro hanno già versato una discreta somma all’erario.

“Per come intendo io la democrazia, il processo politico funziona meglio se è supportato da un numero possibilmente elevato di persone”, sintetizza Avdili. Parla a ruota libera, poi si ferma, come se volesse riflettere ad alta voce. “In fondo dovrebbe essere l’atteggiamento comune di tutti i partiti.”

Sinistra o destra, la questione non si pone?

Lui stesso sostiene questa posizione “del tutto liberale” soprattutto nel suo partito. Ma anche personalità politiche di sinistra sarebbero chiamate all’azione, afferma. Socialisti/e e Verdi caldeggiano il diritto di voto per chi è straniero, perlomeno a livello di partito. Avdili è invece piuttosto scettico circa l’elettorato di sinistra. Quando quasi dieci anni fa il Canton Zurigo votò sull’introduzione del diritto di voto per stranieri e straniere a livello comunale, anche la città respinse la proposta. “E dire che normalmente vota rosso-verde.”

Perparim Avdili mit verträumtem Blick.
Përparim Avidli è cresciuto in un quartiere periferico della città di Zurigo dove risiede ancora oggi. © Thomas Kern/swissinfo.ch

Il Canton Neuchâtel contempla il diritto di voto per persone straniere a livello comunale dal 1849, la partecipazione è normale e antica quanto lo Stato federale. Avdili non si azzarda a fare previsioni per Zurigo e afferma: “Sono fiducioso che la gente saprà riflettere sulla questione se si imposta il dibattito sui valori.”

Ritiene comunque ancora più importante che la Svizzera sappia accogliere i propri figli le proprie figlie. “Mi aspetto una prova di integrazione da chi immigra in età adulta. Ma non da bambine e bambini che crescono nel nostro Paese.”

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