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«Mengele-Mörgele: la vicenda è strumentalizzata»

Spazi confidenziali: una caratteristica necessaria del sistema di concordanza. swissinfo.ch

Il presidente della Confederazione Pascal Couchepin ha intenzionalmente assimilato il medico nazista Joseph Mengele al consigliere nazionale Christoph Mörgeli, oppure si è trattato di un errore? La domanda divide l'opinione pubblica.

Secondo il sociologo Kurt Imhof, questo caso è un esempio di come i media si lasciano strumentalizzare dall’Unione democratica di centro (destra nazional-conservatrice).

A inizio febbraio, durante una discussione – in seno alla commissione parlamentare della scienza – concernente la ricerca sull’essere umano, il presidente della Confederazione Pascal Couchepin si sarebbe espresso in favore di una legislazione chiara, per non giungere a situazioni simili a quelle verificatisi nel periodo del Terzo Reich.

A quel punto il ministro radicale si sarebbe confuso, nominando il «dottor Mörgele» invece del criminale nazista Mengele. Il deputato dell’Unione democratica di centro (UDC) Christoph Mörgeli, docente di storia della medicina e membro della commissione, aveva già lasciato la riunione.

L’episodio era stato poi reso pubblico dal giornale «Die Südostschweiz», sulla base di affermazioni da parte di parlamentari democentristi e radicali (i verbali e le registrazioni delle sedute sono segreti). Il giorno stesso, Mörgeli – intervistato dalla televisione svizzera di lingua tedesca mentre si trovava in visita al campo di concentramento di Buchenwald – aveva duramente criticato la presunta esternazione, chiedendo le dimissioni di Couchepin.

Dal canto suo, il presidente della Confederazione si è difeso assicurando di non aver mai voluto offendere Mörgeli o strumentalizzare il dramma della Shoah. Secondo Couchepin, si è trattato di un vuoto di memoria.

Egli ha poi ricordato il proprio impegno nella lotta contro l’antisemitismo, aggiungendo di aver partecipato, lunedì 28 gennaio, a una cerimonia in onore dei Giusti che lo aveva profondamente segnato.

I media hanno seguito con grande interesse la vicenda: swissinfo ne ha discusso con il sociologo Kurt Imhof, attivo presso l’Università di Zurigo e specialista di questioni inerenti all’opinione pubblica e alla società.

swissinfo: I media sono a corto di temi, oppure vi è un’altra spiegazione?

Kurt Imhof: Non si tratta unicamente di un caso mediatico. Quello che sta succedendo mostra in primo luogo come sia facile manipolare i media. Questi ultimi, compreso anche il servizio pubblico, si lasciano infatti strumentalizzare a piacimento da Mörgeli e dall’UDC.

Secondariamente, risulta evidente che – con l’UDC all’opposizione – anche la riservatezza di una seduta di commissione, elemento caratteristico del sistema di concordanza, non è più garantita.

Ciò è preoccupante, poiché la politica deve potersi svolgere anche nell’ambito di riunioni i cui contenuti non devono essere divulgati. La democrazia basata sulla concordanza necessita di spazi confidenziali.

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swissinfo: A suo parere, Couchepin intendeva veramente lanciare una frecciata al suo avversario politico Mörgeli?

K.I.: Un politico dello spessore di Couchepin non può aver voluto paragonare il criminale nazista Mengele allo storico e consigliere nazionale Mörgeli. Queste due persone non hanno assolutamente nulla in comune.

Inoltre, va riconosciuto che a una persona di lingua madre francese possono capitare questi inciampi linguistici. La tesi della provocazione mirata è sostenuta dai media, dall’UDC e dall’ala destra dei radicali.

swissinfo: L’UDC riesce regolarmente a influenzare la scelta dei temi da parte dei media. I suoi metodi costituiscono una pure strategia di marketing, oppure esistono dei parallelismi con i partiti totalitari?

K.I.: Il partito non può più essere definito con gli aggettivi «borghese» e «liberale». Quest’ultima caratteristica è andata persa già nella maniera di trattare le opinioni divergenti in seno al partito stesso.

Inoltre, anche l’attributo «borghese» (inteso in senso democratico) non rispecchia più la realtà, dal momento che l’iniziativa per l’espulsione dei criminali stranieri mira e reintrodurre – sessant’anni dopo la fine della seconda guerra mondiale – un sistema punitivo basato sull’appartenenza etnica.

swissinfo: Couchepin si è scusato. Basterà per calmare la situazione?

K.I.: Si tratta di una mossa strategica. Evidentemente è stato costretto dal suo partito, che teme di perdere ulteriori elettori.

Le stesse persone che già non avevano gradito il paragone con il Duce, hanno obbligato Couchepin a scusarsi, per non offrire all’UDC un ulteriore argomento da strumentalizzare.

swissinfo: La polemica sta suscitando meno discussioni nella Svizzera francofona che in quella tedescofona. Perché?

K.I.: In Romandia la libertà d’espressione è profondamente radicata, così come l’esistenza di spazi politici protetti dalla riservatezza. Nelle regioni germanofone, invece, la cultura politica è stata danneggiata già da tempo.

swissinfo, Andreas Keiser
(traduzione e adattamento, Andrea Clementi)

Il 7 settembre 2007, poco prima delle elezioni federali di ottobre, Pascal Couchepin aveva criticato la campagna elettorale condotta dall’Unione democratica di centro e la teoria del complotto.

Riferendosi all’allora ministro della giustizia Christoph Blocher, in un’intervista alla Radio svizzera di lingua italiana Couchepin aveva dichiarato che non esisteva alcun piano per estrometterlo. A suo avviso, tuttavia, «nessuno, nemmeno il Duce, è indispensabile al bene del Paese».

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