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Marcel Dettling: “Le svizzere e gli svizzeri adorano la carne”

Marcel Dettling
L'Iniziativa sull'allevamento intensivo colpirebbe soprattutto le piccole aziende agricole, afferma Marcel Dettling. © Keystone / Gaetan Bally

Marcel Dettling, deputato dell'Unione democratica di centro, afferma che l’Iniziativa sull’allevamento intensivo provocherebbe l’aumento del prezzo dei prodotti di origine animale e avrebbe come conseguenza un incremento delle importazioni. Come se non bastasse, minerebbe l’agricoltura svizzera. Intervista.

Il 25 settembre l’elettorato svizzero è chiamato a esprimersi in merito all’iniziativa popolare sull’allevamento intensivo, che si oppone alla produzione zootecnica industriale in Svizzera e chiede che gli animali vengano trattati meglio. Prevede inoltre l’introduzione di prescrizioni sull’importazione di prodotti di origine animale.

Il consigliere nazionale dell’Unione democratica di centro Marcel Dettling è agricoltore e fa parte del comitato direttivo di diverse associazioni di agricoltori e di altre organizzazioni del settore.

swissinfo.ch: Siamo chiamati a esprimerci in merito all’Iniziativa sull’allevamento intensivo. Le persone che si oppongono, però, affermano che in Svizzera in realtà l’allevamento intensivo non esiste proprio. Qual è la verità?

Marcel Dettling: In Svizzera l’allevamento intensivo non esiste. Nel nostro Paese c’è un tetto massimo per i vitelli: ogni azienda può allevarne fino a 300. Anche per i suini è imposto un limite che prevede non si possano superare le 1’500 unità. Lo stesso vale per i polli: ogni azienda può allevare fino a 18’000 galline ovaiole al massimo.

Giusto per avere un metro di paragone guardiamo alla Germania: per le galline ovaiole si parla di 600’000 capi per azienda. I suini invece sono più di centinaia di migliaia, e così via. Diciamo quindi chiaramente le cose come stanno: no, in Svizzera l’allevamento intensivo non esiste.

In ogni caso, però, in Svizzera il numero di fattorie è sempre più esiguo, a fronte di un numero sempre maggiore di animali allevati. La protezione degli animali è ancora adatta nella sua veste odierna oppure occorrono modifiche?

Facciamo un piccolo passo indietro. Sono anni che la politica non smette di dire agli agricoltori e alle agricoltrici che devono ingrandirsi e lavorare in modo più economico. Che devono comprare altre aziende, espandersi, sfruttare altre aree. Che sono troppo piccoli per la Svizzera.

Ora però arriva un’iniziativa che rimprovera agli stessi agricoltori e agricoltrici di essere troppo grandi, e chiede loro di ridimensionarsi. In Svizzera non sanno più che cosa ci si aspetta da loro e, in generale, dall’agricoltura del nostro Paese.

Stando ai promotori dell’iniziativa, quest’ultima prende di mira soprattutto le grandi aziende industriali. Non rappresenterebbe quindi un’opportunità per le aziende agricole di piccole dimensioni?

No, al contrario. Finiremo per adottare le prescrizioni dettate dalla certificazione biologica, è questo il nocciolo dell’iniziativa. Si intende introdurre in tutta la Svizzera le direttive BioSuisse del 2018, che dovranno valere per ogni azienda, a prescindere dalle dimensioni. Sotto questo profilo non vi sarebbe più alcun margine di manovra.

In Svizzera abbiamo il Programma URACollegamento esterno, che prevede che agli animali siano garantite uscite periodiche al pascolo. Attualmente la partecipazione al programma è facoltativa ed è finanziata tramite incentivi della Confederazione. Se l’adesione al programma dovesse diventare obbligatoria, non vi sarebbero più soldi per gli agricoltori e le agricoltrici – e stiamo pur sempre parlando di 300 milioni di franchi e, per l’appunto, tutto questo colpisce principalmente le piccole aziende. Nelle regioni di montagna la partecipazione al programma sfiora il 90 %. A pagarne le spese sarebbero coloro che lavorano in modo esemplare, che fanno pascolare gli animali e che li allevano in maniera rispettosa. Verrebbero puniti proprio loro, in quanto non riceverebbero più alcun incentivo finanziario.

Sicuramente i prodotti di origine animale verrebbero a costare di più, lo afferma persino lo stesso comitato promotore dell’iniziativa. Considerato il cambiamento climatico, non sarebbe auspicabile una riduzione del consumo di tali prodotti?

È auspicabile soprattutto che in Svizzera produciamo il più possibile ciò che possiamo produrre in Svizzera. Questa iniziativa è una mera iniziativa per l’importazione, e comporterebbe un incremento dei prodotti stranieri.

Dobbiamo partire dai consumatori e dalla consumatrici: nei limiti del possibile, dovremmo produrre in Svizzera ciò che chiedono e non semplicemente importarlo dall’estero. Alcune indagini mostrano che, per quanto riguarda il pollo, il grado di autoapprovvigionamento passerebbe dall’attuale 58 % al 5 %. Per la carne suina si passerebbe dall’odierno 92 % a un 50 % scarso. Dovremmo colmare la differenza andando ad attingere all’estero. Di sicuro questa iniziativa non va nella buona direzione.

Secondo alcune stime, in Svizzera un terzo di tutti i generi alimentari finisce nella spazzatura. I prezzi più alti non sarebbero un incentivo a ridurre lo spreco di cibo?

Lo spreco di cibo è un problema enorme, non solo per quanto riguarda la carne ma anche per tutti gli altri prodotti. La domanda è: cosa possiamo esigere dalla popolazione? Aumenta il prezzo dell’energia, degli affitti, della benzina – in qualche modo la gente deve poter pagare tutto ciò. Per la carne, appunto, dobbiamo fronteggiare il serio problema del turismo degli acquisti: se in Svizzera i prezzi continueranno ad aumentare la gente andrà più spesso oltre confine per comprare carne a più buon mercato, come abbiamo visto negli scorsi anni. In questo modo, alla fine della fiera non facciamo altro che punire l’agricoltura elvetica.

Dagli anni Ottanta il consumo di carne non fa che diminuire. L’agricoltura tiene conto abbastanza di questa tendenza?

Nel 2021 in Svizzera il consumo di carne è aumentato, non solo complessivamente – si potrebbe infatti pensare che a causa dell’immigrazione un numero crescente di persone ha bisogno di quantità di carne sempre maggiori – ma anche pro capite.

I media cercano di diffondere l’idea che le persone mangino solo vegano o vegetariano. Invece è vero il contrario. La carne continua a essere amata, come è anche logico: in Svizzera il 70 % della superficie è costituito da pascoli. Ci servono ruminanti, che trasformano l’erba in carne e in latte e mettono cibo sulle tavole dei cittadini e delle cittadine. Per il nostro Pase questa è la perfetta quadratura del cerchio, qualcosa di meraviglioso: le svizzere e gli svizzeri adorano la carne.

Traduzione dal tedesco di Stefano Zeni

Meret Schneider, consigliera nazionale dei Verdi, ci spiega perché è a favore dell’Iniziativa sull’allevamento intensivo:

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